Cinzia TH Torrini è senza ombra di dubbio una regista stimata nel mondo della cinematografia e della televisione, tanto che di recente le sono stati conferiti in quel di Montecatini, per il Montecatini International Short Film Festival, dei prestigiosi premi tra cui il Premio regia al femminile Mujeres Toscana.
La Torrini è una regista che con spirito di avventura, di sperimentazione e di conoscenza si è misurata anche in settori della cinematografia senza mai risparmiarsi: dal fonico al missaggio. Accumulando così una competenza a 360° che fa di lei la regista che, attraverso la sua ampia visione sa dare voce ai sentimenti, ai drammi e alle svariate situazioni che la vita potrebbe presentare a ciascuno di noi.
Bentornata su La Gazzetta dello Spettacolo a Cinzia TH Torrini. Di recente sei stata insignita con diversi premi al Montecatini International Short film festival, tra cui Regia al femminile Mujeres Toscana. Cosa ha rappresentato questo prestigioso riconoscimento con cui sei stata omaggiata?
Intanto sono felice che delle donne abbiano premiato una donna perché, una cosa del genere non sempre è scontata.
Essere premiata come regista, per me significa tanto, ho iniziato molto giovane e adesso guardandomi indietro vedo quante fatiche ho fatto quasi al pari delle fatiche di Ercole! Pensa, quando ho iniziato come registe c’erano la Wertmüller e la Cavani, dopo 25 anni sono arrivata io e questo certamente mi ripaga del tanto lavoro che ho fatto.
Un regista, si dice che sia un visionario e un sognatore, se poi è una donna tutto si amplifica di più. Dunque, quanto è stato importante per te, dare valore ai tuoi sogni e concretizzarli nel tuo mestiere?
Il mio primo sogno, risale alle elementari e ricordo che quando mi chiedevano cosa avessi voluto fare da grande, io rispondevo che volevo vivere tante vite. Devo dire che questo mestiere è quello che mi ha permesso di fare e mi sta dando queste possibilità, cioè vivere tante vite. Poi durante il periodo delle medie e di conseguenza dei primi attriti familiari, che tutti bene o male viviamo, mi ricordo che scrivendo il mio diario dicevo che attraverso le mie storie desideravo che certi “drammi” non si ripetessero più nelle famiglie. Mi illudevo, ma forse attraverso i film è così.
Tra tutti i tuoi lavori, divisi tra cinema, televisione e fiction, a quali sei maggiormente legata?
La cosa oggettiva è che il mio successo lo ebbi a Venezia con il mio primo film “Giocare d’azzardo”, che fece molto clamore anche per il fatto che, così giovane avevo girato un soggetto difficile e probabilmente questo film rispose in parte a quei messaggi che scrivevo da ragazzina nel mio diario. Sono sempre stata molto avventurosa, ho viaggiato molto e da sola, per cui ho potuto vedere e conoscere tante realtà attorno a me. Ricordo che poi cominciai a realizzare dei Documentari tra cui quello per Gianni Minoli nel suo programma tivù Mixer, dal titolo “Il ventre di Napoli” e ricordo che a quei tempi scelsi di lavorare con i ragazzini del posto, con le loro esperienze reali. Questo fu un progetto che piacque moltissimo. Poi con i miei guadagni, realizzai il film con Robert Duval, John Savage, Rachel Ward e Massimo Troisi, Hotel Colonial, in questo progetto cinematografico ci ho potuto mettere tutte le mie esperienze accumulate durante i miei viaggi, in Colombia per esempio. Furono gli americani ad investire per realizzare Hotel Colonial, (6 milioni di dollari di quei tempi).
Tutte quelle che sono state le mie esperienze di vita e incontri con varie persone, anche se non sono storie mie, le scelgo nel momento in cui sento che mi ci posso identificare, per poi saperle “vendere”. Infine devo riconoscere che il successo più nazional popolare che ho ricevuto è stato con “Elisa di Rivombrosa” che continua dopo vent’anni ad essere mandata in onda su La Cinque. Pensa io non volevo farla, poi ho capito che l’amore rappresentava il vero messaggio, perché con l’amore si risolvono tante cose anche le guerre.
Tornando indietro negli anni, come ricordi i tuoi inizi nella regia?
La mia forza è stata il mio saper fare, infatti per imparare ricordo che andai in Germania e per sei anni ho vissuto a Monaco di Baviera, dove ho frequentato l’Accademia Hochschule für Fernsehen und Film , dopo aver imparato il tedesco, oltre a lavorare ai miei cortometraggi, ho esplorato altri settori come il mestiere del fonico, dell’elettricista, del macchinista e ho imparato tutta la tecnica persino per il missaggio. Questa secondo me, è una delle basi utili per poter realizzare il proprio film, perché altrimenti per tanti motivi potrebbero dirti che non si potrebbe fare.
Infine, Cinzia Th Torrini, ha dei progetti futuri di cui vorresti darci un’anticipazione?
Guarda, ho un progetto di cui non posso ancora parlare, però vorrei tanto tornare al cinema. Lo so che in questo periodo che lo desidero tanto, al cinema si stia vivendo un momento dove ci sono poche sale pienamente attive e nel contempo tanti film in uscita, però penso che sia giusto vivere un film nella Grande sala, con la sua magia e la sua attrattiva, dove ti senti coinvolto con gli altri spettatori e con la pellicola che guardi.