Incontriamo Dajana Roncione, purtroppo solo virtualmente dato il periodo di emergenza sanitaria, attrice italiana di origini palermitane, che dal teatro al cinema e fino alla televisione, ci ha abituati a vederla in diverse sfumature.
Attualmente ad Oxford, Dajana sarà in TV con “Sei personaggi in cerca d’autore” e ci ha raccontato le sue emozioni nell’interpretare l’opera (viste le sue origini siciliane) ed anche quello che significa per lei, come attrice, questo periodo di chiusura in casa.
Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo a Dajana Roncione… anzi, direi bentornata! Sei tra gli interpreti di “Sei personaggi in cerca d’autore”, un cult teatrale classico con la regia di Michele Placido. Da Siciliana interpreti Luigi Pirandello. Che sensazioni provi?
Grazie a voi… Beh, mi ritengo fortunata, perché mi è capitato di interpretare diversi spettacoli di Luigi Pirandello, e avendolo studiato sin da piccola lo vivo come un autore straordinario. Già in passato, in “Tutto per bene”, con la regia di Gabriele Lavia, mi sono sentita fortunata come siciliana ad averlo incontrato nelle mie esperienze artistiche.
Per me il pensiero di Pirandello ha avuto una grandissima influenza e mi ha affascinato sin da piccola quando ho letto “Uno, Nessuno e Centomila”.
E’ l’autore che mi ha dato la possibilità di conoscermi, diventando per me una fonte di ispirazione.
In questo spettacolo, il ruolo della “figliastra” è stata una grandissima responsabilità, e date le tantissime interpretazioni del personaggi, mi sono documentata e ne ho viste tantissime versioni. Tra tante la versione di Giorgio De Lullo.
Diciamo che tutte le volte che devo affrontare un suo testo, mi stravolge perché le sue opinioni filosofiche e spirituali non ti lasciano, anche finito il lavoro e diviene un continuo indagare sulla nostra esistenza: lo trovo affascinante!
Il tuo esordio al cinema è stato proprio con Placido ne Il grande sogno. Cosa puoi dire ti abbia insegnato con la sua esperienza?
Quello con Michele Placido è stato un incontro importante nella mia esperienza lavorativa (l’incontrato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico) dove all’ultimo anno ha tenuto uno stage su Anton Pavlovič Čechov, ed io all’epoca, avevo una istruzione solo teatrale. Dall’incontro con lui, mi sono aperta all’idea di prendere un agente e lanciarmi nel mondo del cinema. Il mio debutto ne “Il Grande sogno” lo devo proprio a lui, perché non avevo mai pensato al cinema.
L’incontro ha determinato un cambiamento significativo nella mia esperienza di attrice.
Quello che mi segna è che c’è stato sempre un rapporto conflittuale, anche essendosi ritrovati dopo anni: grande stima ma anche “un modo di dirci le cose da meridionali” con forza e passionalità.
Questo delle volte è difficile perché Michele è duro, severo e pretende molto, ed io cerco di tenergli testa. E’ una cosa stimolante e nel rapporto, però questa conflittualità apriva a nuovi scenari.
Io ho bisogno, quando creo, di poter dire la mia e sperimentare diverse soluzioni. Mi piace collaborare con il regista per mescolare le visioni, e insieme a lui ho avuto spazio e modo di sperimentare, facendo tanto lavoro “di tavolino” per assorbire il testo… e a volte anche se in piedi, tornavamo al tavolino perché lo ritenevamo necessario.
Ti abbiamo vista in tante fiction di successo, solo per citarne alcune: Io sono Mia, La mafia uccide solo d’estate, Paolo Borsellino. Cosa pensi della fiction italiana?
La fiction è stata un altro viaggio che mi ha insegnato molto, perché i tempi veloci della fiction sono diversi dal cinema e dal teatro, ed io li ho odiati perchè non mi sentivo al sicuro (nrd ride).
Ho dovuto lavorare tanto con il mio istinto… solitamente ho bisogno di tempo, di sbagliare, di pensare e il lavoro nelle Serie TV, ti impedisce tutto questo. All’inizio era frustrante, ma con il tempo ho imparato che è una buona palestra perché l’istinto vince sui pensieri.
Mi ha insegnato a sviluppare la praticità, viste le tante cose che non dipendono da noi, ma da come si sposta il sole, dai rumori… ci vuole tanta pazienza per vivere i momenti sul set.
Io penso che una cosa positiva del mio lavoro da attrice è che siamo persone che risolvono problemi. In qualche modo bisogna sempre unire qualità e praticità di ciò che fai. Arrangiarsi e non delegare gli altri, è una delle cose più interessanti del nostro percorso, e tutti i limiti possono diventare delle possibilità.
Parliamo di Spettacolo. Vai al cinema? Cosa ti piace guardare?
Ho visto di recente l’adattamento teatrale di Frankenstein (2011 Play) diretto da Danny Boyle e con Benedict Cumberbatch e Jonny Lee Miller. Uno spettacolo teatrale che hanno messo in onda su una delle reti principali londinesi, e mi ha fatto piacere vederlo in TV, soprattutto perché in questo momento che non posso andare al teatro, mi ha dato un senso di piacere organico, in quanto si è vista anche la bravura degli attori che si sdoppiavano e mi ha fatto pensare alle soluzioni: a fine trasmissione, c’è stato l’annuncio che volendo, era possibile sostenere lo spettacolo tramite donazioni.
Anche noi stiamo cercando di portare il teatro in TV proprio con “Sei personaggi in cerca d’autore”, cercando di far riprendere questo mercato teatrale in difficoltà. Penso che noi artisti in questo momento dobbiamo essere più uniti, collaborare ed aiutarci a vicenda: soprattutto per il teatro.
Amo comunque il cinema e le serie. Ho visto Saul Goodman, Life in Mars, True Detective… ed adoro Black Mirror. Adoro il crimine e l’introspettivo. Ci deve essere sempre qualcosa di psicologico per appassionarmi.
Anche sentimentalmente, si può dire che vivi di musica. Hai la tua musica preferita quando vuoi dedicarti un po’ a te stessa?
A me piace molto Nina Simone, l’artista che sin da piccola ho avuto la fortuna di conoscere tramite mio zio che conosceva la musica. Per me è la musica rilassante, motivante, interessante. Mi piace Etta Jones, mi piacciono delle musiche che sono più indietro, quelle che appartengono ad un epoca più vicina agli anni ’70.
Quello che noto nella musica di oggi è la formula matematica: riprodurre continuamente dei prodotti che seguono una formula che funziona e quindi diventano orecchiabili perché facili. Quella formula però uccide completamente l’originalità, la sperimentazione e la natura di un atto artistico.
Io non posso credere che la musica si possa incasellare con delle formule matematiche, ed ogni volta che sento musica moderna che segue queste formule, sento che non ha nulla di artistico.
Voglio essere a difesa degli artisti e mi dispiace che le idee “meno commerciali”, nate da esigenza artistica vera, spesso vengano compromesse dagli schemi commerciali.
I veri artisti secondo me, si sono sempre un po’ ribellati. I cantanti ancora più degli attori.
Cosa ci racconti dei tuoi nuovi progetti professionali dopo il Covid-19?
In questo momento spero che il nostro settore non subisca troppo e che venga data più voce a noi dello Spettacolo.
Non lo so cosa farò! Non so quello che accadrà e non voglio nemmeno forzare troppo la mia testa nel pensare al futuro, perché altrimenti perdo questo momento che secondo me va vissuto e ci deve far riflettere.
Più che altro mi chiedo cosa posso fare io come artista, e capire la mia funzione come artista. Sono sicuramente interessata al mio lavoro: leggo, scrivo. Preferisco accettare di non sapere cosa accadrà.
Ringraziamo per la disponibilità Dajana Roncione facendole il nostro più grande in bocca al lupo!