Il successo di “Mare fuori” ha travolto Vincenzo Ferrera quando meno se lo sarebbe aspettato. Felice per tutto ciò che gli sta accadendo, lo incontriamo per parlare del suo amato professore, Beppe Romano, e dei lavori a cui ha preso parte prima di questo ritorno dell’amata serie targata Rai 2, senza dimenticare il successo de “Sopravvissuti”.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Vincenzo Ferrera. Come procede il tuo vissuto?
Sono contento! Sono parte del cast di “Mare fuori” quindi non posso che essere felice. Vivo un periodo molto intenso.
Parliamo, appunto, subito di “Mare Fuori”, in onda con una nuova stagione, in cui vesti nuovamente i panni dell’educatore Beppe. Quanta gioia c’è nel ritrovare i colleghi di set?
Le prime sei puntate sono in onda già da un po’ su RaiPlay. Beppe si ritrova a vivere il rapporto con quella che, ipoteticamente, dovrebbe essere sua figlia. Con i colleghi, ti dirò, si è creata una bellissima famiglia. Tra noi vi è un vivere insieme in maniera bellissima, come se fossimo tutti amici o comunque tutti padri e figli. I ragazzi mi chiamano direttamente Beppe e quasi mai Vincenzo.
Cosa ti accomuna a Beppe, il personaggio che interpreti da qualche tempo e che, a suo modo, ti ha regalato la popolarità?
Ci accomuna la bontà d’animo più di tutto ma, rispetto a lui, sono molto più cinico e pieno di difetti. Ho un legame forte con i ragazzi, vuoi perché sono alla loro prima esperienza, e quindi con loro non posso che essere inevitabilmente empatico. Ogni bacio è un vero bacio, ogni abbraccio qualcosa di sentito e forte. Vedere andar via uno di loro, tutte le volte in cui capita, è dolore vero.
Beppe crede nelle seconde opportunità. Vincenzo Ferrera, invece, in cosa crede?
Mi piacerebbe molto essere simile a Beppe, invece, sono molto più difettato nella vita. Si, sono consapevole che nella vita debba esserci una seconda opportunità, specie per i ragazzi ma, in generale, nella vita, non so se sia possibile poter avere una reale, seconda, opportunità.
“Mare fuori” porta con sé un messaggio bellissimo, di speranza. Vincenzo Ferrera quale ulteriore messaggio vorrebbe poter lanciare?
Si, “Mare fuori” porta con sé tanta speranza, tanta salvezza. Riscuote successo proprio per quello, perché ci sono davvero ragazzi che vivono tali situazioni. Vorrei poter lanciare lo stesso messaggio, indubbiamente.
Nel tuo vissuto vi è stata anche una parentesi in Un Posto al Sole, la prima soap italiana e, al contempo, la più longeva. Che ricordo hai di quella esperienza e dei colleghi di set?
Un’esperienza bellissima!! Conoscevo buona parte dei registi di Un Posto al Sole, tra l’altro, perché ero tra i protagonisti di “Agrodolce”, soap che ebbe vita proprio nella mia Sicilia. Ritengo che quella soap sia una vera e propria oasi di pace. Ricordo con immenso piacere i colleghi, tutti coloro che ne fanno parte, e mi riprometto sempre di tornare a salutarli quando capita di essere di passaggio a Napoli. Mi hanno accolto benissimo!
Recentemente abbiamo avuto modo di vederti in una nuova fiction per la RAI, “Sopravvissuti”. Il tuo Tano vive un malessere, in seguito al naufragio, e finirà con il perdere la vita, in condizioni misteriose. Che esperienza è stata?
Posso dirti che abbiamo vissuto una bellissima esperienza, con colleghi magnifici, girando il tutto, per lo più, in un capannone in cui vi era ricostruita una vera imbarcazione. Ad oggi, purtroppo, non so dirvi se ci sarà o meno una seconda stagione ma, se così fosse, ne sarei felice. Penso possa esserci ancora molto da sviluppare.
Un personaggio, il tuo Tano, a tratti inquietante..
Si, penso sia stato uno dei ruoli più belli. Impersonare la follia porta sempre tanta soddisfazione e voglia di spaziare tra vari schemi mentali.
Quando hai capito che la recitazione era la giusta strada da seguire?
Penso sia un percorso simile a molti altri: parti dalla scuola, cominci a guardarti in giro, ad affrontare i primi laboratori teatrali, cominciando poi a lavorare subito. Una strada bella, obbligata, di cui non ho più potuto fare a meno. Il teatro è la mia vita, perché sono maggiormente legato ad esso.
Tanto teatro nel tuo vissuto, legato ad esperienze con attori del calibro di Roberto Andò, Carlo Cecchi e Mario Martone. Quali sensazioni ti regala la possibilità di poter calcare le tavole del palcoscenico?
Ritengo che il teatro sia l’essenza del vero mestiere dell’attore. Il teatro, a pensarci, è l’unico ritrovo comune dopo la messa, per tutti noi. Un sentire il respiro del pubblico, dall’inizio alla fine, portando in scena il tuo personaggio, quello che costruisci da solo.
Chi è Vincenzo nella vita di tutti i giorni?
Sono una persona come tante altre, normalissima, estremamente socievole e, se vogliamo, simpatico (ride). Una persona che vive la propria vita in maniera normale, felice di fare del proprio mestiere la propria passione.
Come vivi il rapporto con il pubblico?
È una sensazione nuova, che provo proprio adesso, dopo averne assaggiato un po’ ai tempi di Un Posto al Sole. Un qualcosa a cui guardo con disincanto, con distanza, vuoi per l’età, vuoi perché si sa che potrebbe essere un qualcosa di poco duraturo.
In un mondo sempre più allo sbando e caratterizzato da una guerra che si poteva benissimo evitare, quali valori cerchi di poter trasmettere a tuo figlio?
Cerco di trasmettergli l’onestà, tanta bontà d’animo ed un po’ di furbizia nell’affrontare le giornate, senza dimenticare l’essere sé stessi ed il poter seguire le proprie passioni.
C’è qualcosa che non sei ancora riuscito a realizzare?
No! Sono contento così. Volevo semplicemente poter fare bene il mio mestiere, felice che qualcuno se ne accorgesse. Ho un figlio splendido, all’età di cinquant’anni e, no, non mi occorre altro.
Cosa bolle in pentola per il futuro di Vincenzo Ferrera?
Sto girando una miniserie per Rai1, a Potenza, per la regia di Pontecorvo, sul caso di Elisa Claps. Interpreto il papà della bambina che fu ammazzata e poi ritrovata nel sottotetto di una chiesa.