Abbiamo il piacere di accogliere le parole di Vincenzo Incenzo, con il suo nuovo singolo, “Pornocrazia”. Una carriera, quella di Vincenzo, costellata da collaborazioni ed incontri importanti, di cui ci renderà partecipi in questa intervista.
La sua “Pornocrazia” ci invita a stravolgere le carte, a riportare il giusto assetto nelle nostre vite, con un fare ironico al punto giusto, anticipando il nuovo album di inediti, “Zoo”. Ringraziamo Vincenzo della disponibilità, del tempo che ha potuto concederci.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Vincenzo Incenzo. Come stai?
Bene, compatibilmente con questa nuova era! Viviamo un periodo di incognite e, come possibile, cerchiamo di difenderci. La musica, in particolar modo, vive un periodo cruento ma, ad ogni modo, continua ad essere una cara e fedele compagna. Mi aiuta a stare bene, ad affrontare ogni istante di questa vita al meglio, con tutta la carica possibile.
Domanda secca: cosa non sopporti di questo “strano” mondo di oggi?
Non sopporto la limitazione della libertà, della felicità. Chiamano felicità qualcosa che le somiglia ben poco. Non sopporto questo controllo assoluto, così come la corruzione, l’impoverimento del linguaggio, la mancanza di verità, di rispetto. Non è una situazione bella!
Come ha avuto vita la tua “Pornocrazia”?
Provengo da trent’anni di autorato, da importanti collaborazioni, di cui sono davvero fiero. Ringrazio, e qui apro una piccola parentesi, Renato Zero per aver creduto in me, nelle mie potenzialità, aiutandomi a produrre il mio primo disco, tempo fa. Ho voluto, quindi, restituire una ragione sociale al mio vissuto, al mio lavoro, guardandomi intorno e cercando di sollevare delle domande legate ad un certo spessore, facendo notare il mio disappunto circa la situazione che viviamo oggi nel mondo. Ho intrapreso, quindi, un viaggio nel “falso regno dei cieli”, come amo definirlo nella mia nota, dove tutto sembra venirci incontro e, invece, sono i prodotti a comprarci, le immagini a spiarci e il linguaggio è ormai morto. Viviamo un’epoca bastonata, costituita da falsi sorrisi, seppure caratterizzata da un forte scintillio, dove regnano i selfie e tanti falsi miti. Ringrazio Jurij Ricotti e DLewis del supporto e spero che, tra dieci anni o forse più, questa canzone diventi una piccola fotografia di questo 2021.
Chi è Vincenzo oggi e cosa è riuscito a realizzare di quei sogni che aveva da ragazzo?
Sento di essere un privilegiato. Ho avuto modo di fare tutto ciò che sognavo da ragazzo. Ricordo il giorno preciso in cui ho comprato un quaderno con rivestimento in pelle, vicino Piazza Venezia. Avevo chiara l’idea di voler scrivere canzoni e non mi sono mai fermato. Mi è capitata l’occasione di scrivere per Michele Zarrillo e mi si è aperto un mondo. Ho capito che non dovevo perseverare sull’idea di cantare in prima persona, ma di dedicare i miei testi ad altri. Sono poi arrivati Renato Zero, Lucio Dalla, la PFM e molti altri. Di tanto in tanto, però, scrivevo ancora qualcosa di personale e, a credere nell’idea di un mio disco, fu proprio Renato. L’idea di aver realizzato per intero quel sogno di bambino, oggi, mi riempie di orgoglio. Sento di aver vinto!
Autore di testi per molti artisti. C’è un ricordo, una persona, che porti particolarmente nel cuore e una canzone che avresti voluto invece tenere per te?
Ricordo il momento in cui ho consegnato il testo di “Cinque giorni” a Michele Zarrillo e la sua forte emozione. Ricordo quando Renato Zero mi “sequestrò” per realizzare dei nuovi pezzi. Potrei parlarti per ore anche di Sergio Endrigo e del grande Lucio Dalla. Forse, tra tutti, il ricordo chiave rimane quello legato al testo, “Cinque giorni”. Scrivevo, in quel periodo, di un dolore che mi apparteneva nel profondo. Quella canzone aveva convinto tutti, Michele per primo, per poi approdare a Sanremo. Capivo, in quel periodo, che quella sofferenza era servita a qualcosa ed era diventata di tutti, tradotta in tutte le lingue possibili.
Mi hai parlato di Sanremo. Ti piacerebbe calcare quel palco?
Sarei felice di prendervi parte con una mia canzone, un domani. Partecipare al gioco, conseguentemente, vuol dire accettarne anche le regole, senza snaturarsi, senza apportare alcun cambiamento alla propria persona.
Hai dovuto dire dei No di cui poi ti sei pentito?
Mi capita di pensarci, di tanto in tanto. Tempo fa mi fu proposta un’esclusiva, come autore, ma non volli accettare. Se tornassi indietro, ti dirò, molto probabilmente rifarei la stessa scelta.
Avremo modo di ascoltarti dal vivo?
Assolutamente si! Stiamo programmando le prime date. Il primo dicembre dovrei essere a Napoli, per poi approdare a Roma a gennaio, Milano e Palermo. Le date sono ancora in lavorazione e, appena possibile, ve le comunicherò.