I Nomadi
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Beppe Carletti (Nomadi): 60 anni di palco grazie al pubblico

Sessant’anni di musica, di emozioni, di belle canzoni, di pura amicizia e di pubblico e ne parliamo con Beppe Carletti dei Nomadi.

Un pubblico amico, sempre vicino e attento… Sessant’anni di Nomadi, di Augusto Daolio, di tante altre avventure da vivere. Incontriamo Beppe Carletti, sempre attento, sempre pieno di entusiasmo, per raccontare qualcosa in più su di una generazione con cui siamo cresciuti, una generazione forte, attenta, che sta ancora passando.

Ben ritrovato su La Gazzetta dello Spettacolo, Beppe Carletti. Come stai?

Molto bene! È un bel momento, per noi tutti. Non capita tutti i giorni di poter festeggiare una carriera durata ben sessant’anni. All’inizio vi erano molti più amici, al nostro fianco, che purtroppo oggi non vi sono più. I Nomadi continuano, ad ogni modo, con il loro essere e la loro coerenza, che è sempre stata il nostro forte.

60 anni di Nomadi, 60 anni di successi, di strada insieme, di emozioni, di ricordi.. Cosa ti è rimasto addosso, cosa ti piacerebbe poter trasmettere, ancora oggi, di positivo al tuo pubblico?

Il nostro pubblico è adorabile, unico, imprescindibile. Ci trasmettono tanto, da sempre, e come possiamo cerchiamo di ricambiare, provando a non deluderli mai. Con i nostri dischi proviamo a fare loro dei bellissimi regali, delle vere e proprie sorprese. Definirli fan è, d’altronde, riduttivo. Si parla di generazioni incredibili, di padre in figlio, di un pubblico trasversale, a cui dobbiamo tanto. Devo a loro sessant’anni di palco, di avventure, di vita!

La vostra è una storia bella, una storia che si tramanda..

Direi che la nostra è una storia, per certi versi, anche da invidiare, composta da ventiquattro persone, compreso me.

La mostra in onore di Augusto Daolio ha dato vita ad un singolo, “Cartoline da qui”, da parte di Luciano Ligabue. Hai definito ciò un grande regalo. Quali sensazioni ti ha lasciato addosso?

Sono orgoglioso di ciò che Luciano ha voluto regalarmi. Una riconferma di affetto, dal momento in cui ci conosciamo da una vita, di stima. Abitiamo a dieci chilometri di distanza ma non capita di vedersi tutti i giorni. Tale regalo è davvero unico, inimitabile, mi ha davvero stupito.

Guccini, Faletti e non solo in questo nuovo album, “Cartoline da qui”. Grandi artisti, grandi colleghi, grandi ricordi per gli amanti della musica. Cosa puoi dirci a riguardo?

Si, in questo disco vi è tanto e tanti colleghi, così come vi è anche Neri Marcorè, uno non da poco, l’amico Faletti, e non solo. Ragazzi con cui sono cresciuto, con cui condividiamo, bene o male, la stessa età. Un disco a cui tengo molto, tra i più belli, a mio parere.

Vi è davvero tutto in questo disco, “Cartoline da qui” o pensi che manchi ancora qualcosa?

Abbiamo racchiuso davvero tanto in questo nostro lavoro. La canzone “Gente di parola” di certo rispecchia tutti noi. Non saremmo qua se non avessimo mantenuto tale promessa, sai? Un disco così, dopo così tanti anni, non se lo sarebbe aspettato nessuno dei Nomadi. Fra due o tre anni chi lo sa, ma intanto.. siamo qua.

A tuo parere esiste un gruppo meritevole di essere definito al pari del vostro o comunque “erede” dei Nomadi?

Non credo! (Ride) I tempi sono cambiati, l’aria che respirano i nuovi gruppi non segue di certo le orme dei Nomadi. Essere noi è difficile, ma è anche complicato essere al passo con i tempi. Siamo stati i più coerenti, ma non posso affermare di essere stati i più bravi. Abbiamo, ad ogni modo, centosessanta band che provano ad “emularci”, tanto basta.

Beppe Carletti cosa puoi anticiparci sul futuro dei Nomadi?

Beh, ho tanti anni, il futuro è già di per sé buono. Il futuro è il prossimo concerto, i prossimi festeggiamenti per i sessant’anni, il futuro è già domani, senza fermarsi mai all’oggi. Finché avrò davanti a me migliaia di persone di certo non mi fermerò.

Quale ricordo porti con te, indelebile, lì prezioso nel tuo cuore?

Porto con me Augusto, le parole espresse tempo fa circa i Nomadi: “sarebbe bello se, un domani, i Nomadi, continuassero anche senza di noi!”. Si, me lo auguro anch’io, sarebbe davvero bello. Questa frase vive da sempre dentro di me. Ho vissuto con lui per ben trent’anni, da quando avevamo sedici anni. Cosa non da poco.

I tempi cambiano, la musica anche, cosa senti di consigliare ai giovani?

Lanciare messaggi non è il massimo, per me. Da musicista posso consigliare loro di credere in sé stessi, senza attendere per forza di cose il successo. Se non arriva cosa si fa?! Con Augusto il punto di partenza era quello, non aspettarsi mai nulla, ma vivere semplicemente di musica, senza vergognarsi a riproporre canzoni di altri.

Quanto vive ancora in Beppe Carletti di quell’io vagabondo che tanto amiamo?

Tutto, tanto! Io sono ancora quel vagabondo che, con orgoglio, vive città, luci, palchi. Finché il cuore batterà sarò sempre un vagabondo. Non so fare altro, non so essere altro. Non c’è cosa più bella!

Quanta attesa c’è per il ritorno ai live, ai palchi, a brevissimo?

Abbiamo già programmato una sessantina di live, ma di certo arriveremo anche a farne ottanta. Non siamo tipi da stadi, siamo consapevoli del nostro essere, dei nostri palchi, delle amate piazze che ci aspettano. Siamo da invidiare, semplicemente perché abbiamo un modo di fare nostro, di essere, senza dimenticare l’amore, il tempo da dedicare al nostro pubblico, fianco a fianco. Essere vicini alle persone, umanamente. Il prossimo concerto è il punto di incontro, il legame unico che vivono i Nomadi di tutto il mondo, insieme a noi.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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