I Nomadi
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Beppe Carletti dei Nomadi: “Non siamo mai cambiati. Questa è la nostra forza!”

La Gazzetta dello Spettacolo, in occasione della partecipazione dei Nomadi al Premio Ravera, incontra Beppe Carletti, tastierista e cofondatore dello storico gruppo.

Affrontiamo, insieme a Beppe, un piacevole tuffo nel passato, nei meandri della loro musica e, in particolar modo, nel futuro del gruppo, senza dimenticare il compianto Augusto Daolio. Ringraziamo Carletti della disponibilità, dell’attenzione e vi lasciamo alle sue parole.

I Nomadi

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo a Beppe Carletti. Come stai?

Sto molto bene, dal punto di vista della salute. Diverso è il discorso che riguarda invece l’ambito dello spettacolo. Non avrei mai immaginato un qualcosa di simile, un blocco del genere. Stiamo pagando un prezzo davvero alto. Fatico a giustificare talune scelte legate allo spettacolo. Sono dell’idea che, così come nel mandare avanti lo sport, vi sarebbe stato modo di mandare avanti anche la musica e, di certo, con maggiore equità. Sino ad ora, noi Nomadi, siamo riusciti a realizzare una ventina di concerti, con una presenza di mille persone. Non vi è modo di vederli sorridere, al di là di quelle mascherine, ma sono i loro occhi a parlare, per nostra fortuna.

I Nomadi sono tra i gruppi più longevi della storia della musica italiana. Qual è il segreto per essere così a lungo sulla cresta dell’onda?

Abbiamo avuto la fortuna di incontrare personaggi come Guccini, che hanno contribuito a rendere forti le nostre fondamenta. Senza dimenticare, “Io Vagabondo”, “Un giorno insieme” ed altri pezzi davvero importanti. Nel corso degli anni, vi dirò, non abbiamo mai perso di vista la direzione in cui volevamo andare, portando avanti questa coerenza, questa fedeltà al nostro modo di essere, al nostro fare musica. Siamo credibili, ed è forse per questo che, ancora oggi, continuano a seguirci, a volerci bene.

Nel vostro ultimo album vi è una dedica ad Augusto Daolio, “Il segno del fuoriclasse”. Come nasce questa canzone?

Avremmo potuto scriverla prima, ma non volevamo sfruttare il nome di Augusto, persona a noi più che cara. Oggi, di certo, questa canzone è un riconoscimento più che dovuto, sentito. Sono passati ventotto anni, siamo partiti insieme e, ancora oggi, per me lui resta il fuoriclasse dei Nomadi. Una persona rara, unica, che avrà sempre un posto speciale nel cuore di tutti noi, fan compresi. Nulla è cambiato, è come se fosse ancora al nostro fianco!

Cosa ne penserebbe, oggi, Augusto della musica dei Nomadi?

Ricordo che quando abbiamo realizzato il primo album, dopo la scomparsa di Augusto, il produttore mi chiese cosa sarebbe successo, come saremmo andati avanti. Pensai immediatamente ad Augusto, al suo fare musica, a ciò che poteva o meno piacergli. Il tutto avvenne in maniera naturale, come sempre, con semplicità. Credo sia felice, fiero del fatto che portiamo avanti il suo nome con rispetto, con affetto.

Quanto è cambiato, invece, il vostro modo di fare musica?

Molte cose sono cambiate, specie a causa delle nuove tecnologie. Al contempo, è cambiato il gusto della gente, facilmente influenzabile, rispetto a come lo ero io un tempo. La curiosità, in passato, mi portava ad acquistare dischi per poter capire il modo di fare musica di chi viveva la mia stessa epoca. Oggi, purtroppo, vige l’ambizione, la voglia di arrivare al successo e questo, di conseguenza, porta chi fa musica ad omologarsi, a sfruttare l’onda del momento, senza avere una propria, reale, direzione. Non so dirvi se il tutto sia sbagliato o meno, se si vada a peggiorare o meno, posso solo dire la mia opinione circa la situazione attuale.

Il prossimo 4 settembre, i Nomadi prenderanno parte al Premio Ravera. Quali sensazioni sono legate a questo evento?

Sono orgoglio dell’invito ricevuto. Ricordo che incontrai Ravera, nel 1971, proprio a Sanremo. Un anno non felicissimo, dal momento in cui fummo subito eliminati. Ho di lui un bellissimo ricordo. Era un uomo di musica, capace di far bene il suo lavoro. Sarà un piacere presenziare a questo evento, elogiandone la memoria.

Cosa prevede il futuro artistico dei Nomadi?

Andremo di certo avanti, con tutta la grinta e passione possibile. Non siamo mai cambiati, come dicevamo prima e, fondamentale, continuerà ad essere il sostegno del nostro pubblico.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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