Rossella Amato nell’ottobre del 2019 pubblica il romanzo di formazione Rosso Dentro con Falco Editore, che si aggiudica diversi riconoscimenti nel panorama letterario nazionale.
Nell’agosto 2021 partecipa e si classifica al primo posto alla terza edizione del Concorso Letterario Premio Apollo, con una raccolta di racconti dal titolo Touch Screen. L’opera riceve un premio consistente nella pubblicazione del testo, avvenuta con la casa editrice Falzea. Oggi Rossella Amato si racconta per la nostra rubrica “Libri e Scrittori“.
Il libro è disponibile di seguito:
Rossella Amato, benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo. L’arte di raccontare e farlo scegliendo proprio il genere narrativo del “racconto” rispetto alla poesia o al romanzo ti ha dato molte soddisfazioni, vero?
Intanto una precisazione: in un momento storico come quello attuale, frenetico, vorticoso, iperconnesso, ritengo che il racconto risponda maggiormente ai ritmi di vita del lettore, proprio per la velocità, l’immediatezza che riesce ad imprimere alle storie.
Dal mio punto di vista, scrivere racconti è stata una sfida, sono uscita dalla mia zona di confort. Non ne avevo mai scritti, ne ero in qualche modo intimorita. Perché? Il racconto è come correre i 100 metri: o hai gli scatti giusti sulle gambe oppure è meglio non gareggiare. Nel racconto è tutto più veloce, concentrato, assorbente, dirompente. Se Il romanzo è un viaggio complesso, una maratona con i suoi rallentamenti e le sue scorciatoie, il racconto è una pioggia improvvisa, deve per forza bagnarti, farsi ricordare. Ecco, i miei racconti non si dimenticano: in questo sono brutali, perché sanno toccare i punti dolenti, le crepe inspessite, le emozioni negate dei protagonisti.
Irriverente, controcorrente, a tratti erotico, assolutamente provocatorio! Acceso, brutale, spietato. Sono questi gli aggettivi con cui potremmo descrivere Touch Screen. Come fare ad amalgamare così tante sfaccettature su una pagina bianca?
È stato fin troppo semplice ad essere sincera. I protagonisti di Touch Screen sebbene non esistano, sembrano estratti dalla realtà, definiti con uno stile crudo, secco, che riporta in un certo senso al verismo di Verga e all’individualismo di Pirandello. Sono personaggi intrappolati, sospesi tra ciò che fingono di essere e ciò che non sono stati in grado di diventare. Il distacco emotivo dei protagonisti diventa il loro tallone di Achille, la crepa profonda da cui passa il dolore, il punto che può distruggerli.
In questo senso, il mio libro finisce per essere irriverente, provocatorio, perché provocatorio è il messaggio che lancia dal negativo al positivo: un invito ad essere sé stessi, ad avere il coraggio di mettere a nudo debolezze e tradimenti, di mostrarsi pavidi ma onesti. Svelarsi per ciò che si è, ammettere la propria solitudine diventa la vera innovazione, l’unico modo per ribellarsi ai silenzi e alle finzioni a cui ci ha educato la comunicazione virtuale.
Emblematico di questo messaggio è il racconto No Time, il mio preferito, dove per la prima volta ho dato voce ad un protagonista maschile. Flavio, uomo in carriera, del tutto incapace di entrare in contatto con ciò che desidera, si accontenta di riempire la sua vita di impegni lavorativi, illudendosi di essere completo ma non lo è affatto. Anzi a ben guardarlo è talmente solo da costringersi a soffocare le proprie emozioni, dal credersi cinico, ma in realtà il suo distacco emotivo è solo uno scudo e si spezza quando appare ciò che manca, così dal nulla, come uno squarcio nel tempo. A Flavio manca l’amore, che per lui è Arianna e l’amore non può che essere una scossa, un risveglio che salva e travolge insieme.
In queste pagine metti a nudo la vita dentro e fuori lo schermo. Pallino verde, on line: non si sa dove, né con chi… ma tutti connessi. Un tema quanto mai attuale nella società odierna. Per poter scrivere i tuoi nove racconti, hai dovuto prima mettere interrogare te stessa?
Nessuno, nemmeno io, è rimasto estraneo al potere che il mondo virtuale è in grado di esercitare su abitudini e bisogni, ma non tutti ci poniamo le stesse domande in merito a questo surrogato virtuale di conoscenza: se mi sono interrogata? Scrivere non è che questo in fondo, è chiedersi, è riflettersi, è ritrovarsi anche in stereotipi che non ci appartengono ma che abbiamo osservato, incontrato, compreso. Perciò necessariamente nei miei racconti metto a fuoco una realtà scomoda, liquida, emotivamente precaria, dove l’assenza di emozione, l’incapacità di confessare le proprie fragilità diventano malattia e quello della malattia è purtroppo un terreno che conosco a fondo e in modo diretto.
Touch Screen nasce durante la pandemia, quando la vita reale era ridotta al minimo e quella virtuale era l’unica esistenza possibile. Cosa avremmo dovuto imparare da tale esperienza?
Che se da un lato la connessione ha annullato le distanze fisiche, dall’altro ha creato distanze umane, interiori, stimolando, durante la pandemia, rapporti, conoscenze, falsate dallo schermo, prive di contatto, di calore, di coraggio anche.
Avremmo dovuto imparare a distinguere l’amore reale dall’amore (se così si può dire) ai tempi del Covid19: un sentimento svilito, surrogato che non trova concretezza perché è rimasto interrotto, incapace di evolversi, incastrato nello schermo, riducendosi il più delle volte ad essere un gioco che i protagonisti non sanno nemmeno di giocare, un gioco dove di autentico è rimasto ben poco.
In chiusura, Rossella Amato, credi che il tuo libro con i suoi spunti di riflessione sia adatto a una platea di lettori e lettrici senza distinzione di età e sesso?
Touch Screen é rivolto ad un target di lettori che va dai 18 ai 55 anni, perché proprio questa fascia di età è stata investita dalla connessione e ha reagito in modi differenti. I giovani non conoscono altro modo di comunicare, mentre la mia generazione si è adattata, ma consapevole della differenza tra chattare e conoscere.
Touch screen è un libro che racconta le nuove solitudini che sono poi le solitudini di tutti coloro che vivono dentro la connessione; un libro rivolto a tutti perché i protagonisti siamo tutti noi: persone sole, rese sole dalle scelte che hanno fatto. Le donne riflettono insoddisfazione e gli uomini mancanza di audacia di passione, tutto a vantaggio di una visione comoda ed annoiata della vita.