Carlotta Natoli. Foto TNA
Carlotta Natoli. Foto TNA

Carlotta Natoli: torno in “La Compagnia del Cigno”, con una nuova Vittoria

Incontriamo Carlotta Natoli, tra i protagonisti della seconda stagione de “La Compagnia del Cigno”, fiction di successo targata Rai. Carlotta, da anni ormai, è tra i volti più amati della nostra televisione. Una persona solare, un’attrice poliedrica e in continua evoluzione.

La ringraziamo per averci concesso la possibilità di averla con noi, parlandoci dell’evoluzione del suo personaggio, Vittoria Severini, raccontandoci qualcosa di quella che fu la sua infanzia.

Ciao Carlotta Natoli e benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo. Come stai?

Grazie dell’invito. Sto bene!

La recitazione è parte integrante del tuo vissuto, sin da bambina. Si è trattato di una scelta naturale?

Direi proprio di si. Ho appreso un mestiere in una maniera che ho sempre definito artigianale. Ho avuto esperienza, fin da subito, sia del significato giocoso di questo lavoro, che dell’aspetto più profondo e concreto. Ossia delle implicazioni emotive e concrete del fare film e, in questo, devo molto a mio padre, Piero Natoli. Il suo essere un regista era per me un fatto concreto, pratico. Era un mondo in cui esisteva la pellicola, la moviola ed io ero coinvolta nei vari passaggi. Le sale da montaggio sembravano delle sale operatorie, intrise di odori acidi, suoni sordi, taglia e cuci. Era un mondo segreto, oscuro e molto concreto, davvero magico. Esercitava grande fascino su di me. Passavo delle ore a guardare il montatore al lavoro: corse in avanti, personaggi che ricorrevano indietro, fermi immagine comici e molto altro. Vedevo tutti gli elementi che costituivano un film e questo ha contribuito a costruire il mio modo di essere nel lavoro e nel mondo.

Sei attualmente in onda con la seconda stagione de “La Compagnia del Cigno“. Come si evolverà il tuo ruolo?

Vittoria è una donna borghese, determinata, abituata ad uno standard di vita molto alto, con delle sicurezze e delle convinzioni molto solide e grandi proiezioni sulla figlia, che ama profondamente ed anche empaticamente. Alla fine della scorsa serie Vittoria si è rivelata essere una mamma più consapevole, anche riguardo al mondo emotivo della figlia. Questo mondo di concretezze, di sicurezze, crolla in questa seconda serie ed emergono le angosce più profonde e le paure che cominciano a sovrastarla. Questo amore speciale che la lega alla figlia, la rende ancora più vulnerabile. Questa serie segna anche il ritorno di una figura del passato a cui la figlia era riuscita a sfuggire. La mia Vittoria Severini, chiaramente, cercherà di recuperare se stessa, dandosi forza e trasmettendone anche a sua figlia. La vedremo molto provata ma, al contempo, dimostrerà di essere lucida.

La serie è stata realizzata in piena pandemia. Quali difficoltà vi siete trovati ad affrontare?

Vi ricordate quel momento angoscioso in cui non sapevamo cosa ne sarebbe stato del mondo? Per un attimo abbiamo vissuto tutti un momento di sospensione. Il set de “La Compagnia del Cigno” ha subito uno stop ma, successivamente, grazie ai potentissimi mezzi della Indigo Film, siamo stati tra i primi a ricominciare, con protocolli astringenti: tamponi due o tre volte a settimana, tute, mascherine e tante altre dovute attenzioni.

Chi è Carlotta Natoli nel quotidiano?

Siamo sicuri che dobbiamo svelare proprio tutto? Posso dire che sono una mamma, un’amica, un’amante, una moglie, una scimmia o un’amica scimmia, una studiosa di filosofia ebraica, un giullare, una yogi, una dottoressa e forse una psicanalista, un’amante della natura, del buon cibo, del vino rosso e soprattutto delle risate.

Carlotta Natoli. Foto TNA
Carlotta Natoli. Foto TNA

Come gestisci il rapporto con la popolarità?

Gestico bene la popolarità, soprattutto per quanto riguarda i rapporti umani. Ho bisogno sicuramente del contatto con le persone, dello sguardo, della stretta di mano, di scambiare due battute. Ho molta difficoltà per quanto riguarda la sovraesposizione dei momenti televisivi, dove si sovraccarica l’immagine rispetto al contenuto. L’immagine non dovrebbe mai riguardare l’attore o l’attrice, perché è scelta dal carattere che interpretiamo, è scelta dal regista ed è una cosa che non dovrebbe riguardarci. L’attore dovrebbe soltanto interpretare, giocare il suo ruolo e concentrarsi su quello che è interno, su quello che è il ritmo, la vibrazione. Alda Merini sosteneva che l’apparire per un poeta, potrebbe anche diventare deludente oppure dare l’impressione di non poter essere altro da ciò che si è e che si vede, o che le persone interpretano come il tuo vero carattere. Siamo tutti polivalenti e, come attori, dovremmo rimanere più riguardati, più curati. Siamo invece, purtroppo, troppo sovraesposti, per una pura legge di mercato.

Sogni nel cassetto?

Qualcuno diceva che i sogni nel cassetto non hanno senso e che dovrebbero essere invece realizzati. Ai sogni bisogna dare aria, corpo e vita. “Ruch”, dicono gli ebrei, con un bellissimo vocabolo sonoro. Ho davvero tanti sogni, magari riuscirò a realizzarne qualcuno, quindi penso sia inutile elencarli. Diciamo che, come nell’amore e nel sesso, è meglio se non se ne parla, magari si agisce di più.

Progetti futuri?

Un film, uno spettacolo, qualche pubblicazione, un viaggio, una serie televisiva e chissà quante altre cose. Grazie della vostra pazienza.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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