Abbiamo incontrato Matteo Paolillo, giovane attore italiano, tra i protagonisti della nuova fiction “Mare Fuori“, che si racconta ai nostri lettori.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo a Matteo Paolillo. Da dove nasce questo feeling con il mondo della recitazione?
Penso che per un artista l’arte sia una vocazione. In questi termini, ricordo ancora quando ho capito che non avrei potuto che vivere di arte.
Avevo 17 anni e già da qualche anno recitavo con una compagnia Salernitana. Mi ero svegliato molto presto per raggiungere una spiaggia sulla costiera Cilentana. Dopo lo spettacolo, sdraiato sulla barchetta di ritorno verso casa, guardavo le stelle, mi sentivo stanco, ma felice.
Il tuo debutto televisivo in una delle fiction più amate dagli italiani come Don Matteo. Che ricordi hai di quella esperienza?
Avevo tanta paura. Per la prima volta mi sono trovato in mezzo al ritmo frenetico che si avverte sui set. È stato un po’ come gettarsi in acqua senza i braccioli e nuotare.
Poi, da lì ho imparato sempre di più l’importanza del gruppo, grazie al Centro Sperimentale di Cinematografia, dove ho avuto la fortuna di conoscere studenti di tutti i reparti del cinema. Grazie alle loro lezioni di nuoto ho imparato ad agitare le pinne.
Che idea ti sei fatto del mondo dello Spettacolo italiano?
L’italiano ha l’arte nel DNA. Penso sia stato dimostrato abbastanza dai nostri predecessori, nel cinema, come in tante altre forme d’arte.
Oggi credo si abbia un po’ la sensazione di vivere ancora nell’ombra degli anni d’oro del Neorealismo, della Commedia all’Italiana e del grande cinema d’autore, ma io sono fiducioso anche grazie ai tanti bravissimi registi che abbiamo.
Penso che in un’epoca senza precedenti come la nostra, lo spettacolo, e quello Italiano in particolare, possa prendere forme nuove.
Credo che durante il lock-down un po’ tutti si siano resi conto di quanto lo spettacolo sia parte della nostra vita quotidiana.
Sei più una persona da cinema o da serie TV?
Credo che l’arte abbia la stessa fonte per tutte le sue forme.
Il flusso poi passa attraverso il teatro, il cinema, la tv, piuttosto che la musica o altre forme di espressione. Quello che cambia è solo il modo in cui l’arte può venire fuori.
Personalmente mi affeziono ai personaggi e alle storie, a prescindere dalla loro forma.
Sei tra i protagonisti di Mare Fuori. Cosa ci racconti sul tuo personaggio?
Edoardo è pieno di voglia di vivere. Soffre come una tigre nel rimanere tra le sbarre. Sono stato a Nisida e ho cercato di raccontare nella serie quello che ho visto sull’isola.
Ovvero il desiderio di rivincita che viene fuori dalla sguardo di alcuni ragazzi del carcere. Edoardo è anche un poeta e cerca la libertà negata nell’arte.
Questa è la cosa che mi ha emozionato di più del personaggio, data la mia passione per le rime.
Che musica ascolti di solito?
Mi piace scoprire continuamente musica nuova, e con questo non intendo solo quella recente. C’è tanta musica vecchia che non ho mai approfondito e in base ai periodi, o al personaggio che sto preparando scelgo i generi musicali.
Non riesco a dire quale sia il mio genere preferito, ma tornando alle rime, non posso nascondere che la maggior parte delle mie playlist abbia musica trap o rap old school.
E a proposito di musica, in questa serie canti anche la sigla, grazie alla tua passione per il rap. Quante altre sorprese dobbiamo aspettarci dal tuo talento?
Ho avuto la fortuna di incontrare, grazie alla scuola di cinema dove ho studiato, i due ragazzi con cui collaboro da quasi 3 anni.
Lorenzo Gennaro (Lolloflow) è un producer di cui ho sempre apprezzato l’idea musicale e Pietro Jellinek (Pj) tutt’oggi resta tra le persone più stimolanti con cui parlare di musica. Durante le riprese di Mare Fuori per la prima volta un personaggio mi ha spinto a produrre una sua forma musicale, oltre che cinematografica.
Così ho chiesto a Lorenzo di preparare una base e in poco tempo Edoardo ha scritto ‘O Mar For.
L’ho mandata ai ragazzi del cast e dopo pochi giorni il regista Carmine Elia mi ha espresso il suo interesse per la canzone.
Non mi sarei mai aspettato che potesse diventare la sigla della serie ed è una cosa che mi rende enormemente felice.
Ringrazio Carmine Elia per questa opportunità e un grazie speciale a Stefano Lentini. Essere diretto da lui durante l’incisione è stata una delle esperienze musicali più emozionanti che io ricordi.