Elda Alvigini

Elda Alvigini, il coraggio delle donne

Faccia a faccia con Elda Alvigini che ci parla di donne

Elda Alvigini sarà a teatro con lo spettacolo Senza di me dal 16 al 18 Dicembre a La Città del Teatro e della Cultura di Cascina. Reciterà accanto a Jun Ichikawa per affrontare il tema della violenza domestica.

Un tema difficile, importante, che ha bisogno di essere rappresentato con dignità e questo spettacolo lo farà grazie a due attrici, la voce di Gianmarco Tognazzi e al regista Gabriele Paoli. La Gazzetta dello Spettacolo ha incontrato l’attrice di successo Elda Alvigini in una lunga chiacchierata in cui, finalmente, parliamo di donne e diritti con verità e meno barriere.

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Elda Alvigini. Sarai a teatro con lo spettacolo Senza di me. Parlaci del tuo personaggio.

Il mio personaggio è una donna con un forte senso della giustizia. Fa un lavoro molto difficile e delicato, ha una frequentazione assidua col dolore, forse si è abituata , o forse se ne difende. Ogni volta pensa che sarà facile e che lei sa come si fa, ma non è mai come lei vorrebbe, ogni volta le cose si complicano.

Violenza domestica é un tema sempre più dominante nella nostra società. Come sarà per te portare in scena questo spettacolo e questo personaggio?

Purtroppo si, è sempre più frequente, in ogni parte del mondo. Sono molto contenta e sento una certa responsabilità, perché questo è uno spettacolo che denuncia la violenza, non solo sulle donne, ma anche delle istituzioni che dovrebbero proteggerle.

Charlotte somiglia ad Elda Alvigini? Cosa credi che vi accomuni?

Non saprei, forse la convinzione che si può vivere in un mondo migliore, che almeno i bambini devono essere tenuti lontani dalla violenza,voler aiutare il prossimo, anche se le circostanze te lo impediscono Ma sono personaggi inglesi, cosa che il regista non si stanca mai di ripetere, non hanno il nostro stesso pathos, o coinvolgimento emotivo, si controllano, Charlotte soprattutto, rappresenta la legge, l’istituzione, deve mantenere un contegno.

Come é lavorare con il regista Gabriele Paoli?

Gabriele Paoli ci ha fatto provare su Skype, per me è stata la prima volta. Devo dire che ameno per la memoria e certi punti emotivi, sono servite. Il regista ha però costruito una scena molto grande, quindi una volta in piedi e in uno spazio simile (Gabriele è venuto a Roma e lo ringrazio davvero perché per me le prove vis a vis con lui sono state fondamentali) abbiamo dovuto ricominciare da capo in un certo senso; io lego molto la memoria ai movimenti nello spazio, e il testo che Paoli ha scritto è intenso, forte, commovente, il rapporto diretto con lui per me era vitale.

E con l’attrice Jun Ichikawa?

E’ stata Jun a propormi a Gabriele per questo lavoro. Ci conosciamo da qualche anno, e tra noi c’è un intesa che non so spiegare: non siamo amiche nel senso comune di questa parola, noi non ci sentiamo tutti i giorni, forse in questi anni ci siamo viste una o due volte l’anno, ma ogni volta era un appuntamento con una conferma , la conferma che l’altra c’era, era sempre quella bella persona che avevi conosciuto, potevi sempre contare su di lei. Professionalmente la stimo davvero tanto, abbiamo un ottima intesa, è un attrice generosa e altruista, una perla rara! E infatti saremo insieme in scena anche a Febbraio per il mio nuovo spettacolo Liberi tutti.

Quale pensi sia il messaggio che il tuo personaggio debba lasciare alle persone che verranno a teatro?

Il messaggio viene dallo spettacolo e dal testo di Gabriele Paoli. Spero che chi fa l’assistente sociale veda nella mia interpretazione il rispetto per un lavoro così scomodo e difficile. Ho detto a Gabriele che ho accettato il ruolo perché per me Charlotte ha ragione, ma non credo che sarà quello che penserà il pubblico. Non sempre c’è una sola ragione, e spesso avere ragione non serve a molto.

Quale é messaggio che speri che il pubblico colga da Senza di me?

Gabriele Paoli ha pensato fosse importante che io e Jun facessimo un video per la giornata contro la violenza sulle donne, nel breve spot dicevo “troviamo il coraggio di chiedere aiuto”. Questo mi piacerebbe che chi subisce una qualsiasi violenza anche solo psicologica , trovi il coraggio di ribellarsi, di chiedere aiuto, di capire che non è colpa sua e che quello non è amore.

Quale pensi sia la soluzione necessaria da prendere per risolvere un problema così crudele come la violenza di genere?

Ora dovrei parlare troppo a lungo. In poche parole è una questione culturale, ahimè si, è ancora solo una questione culturale. La donna non è un essere umano, come non lo è il bambino, si può fare di loro ciò che vogliamo; non a caso sono le due categorie in assoluto più abusate, da sempre.

La donna ha stessi diritti solo a parole ancora oggi, dagli stipendi, sempre inferiori anche se la mansione è identica, alle carriere, sempre difficile per una donna arrivare davvero in alto, se non a costo di sacrificare o la sua femminilità o la maternità, se non tutt’e due. Nella violenza sulle donne da parte dei compagni, sento troppo poco spesso parlare di malattia mentale grave, usano la parola gelosia come se chiunque è un po’ geloso possa arrivare a commettere atti così violenti che spesso sfociano in brutali omicidi.

Credo ci sia qualcosa che vada ben oltre all’essere gelosi, un senso del possesso malato, che priva la donna del suo essere un essere umano da parte del carnefice, che pensa di poterla buttare via come una cosa vecchia che non serve più, come un oggetto appunto. Ma sono discorsi complicati e vasti, che vanno dall’ambiente culturale e religioso in cui si cresce, al senso di colpa che le stesse donne che subiscono le violenze sviluppano, come se fosse giusto essere trattate così, perché in fondo è colpa loro..Si dovrebbe insegnare l’uguaglianza nella diversità ai bambini e alle bambine sin da piccoli, a fidarsi l’uno dell’altro a dire NO quando una cosa non ti piace o ti fa male.

C’é un messaggio che ti senti di dare alle donne? E allo Stato?

Allo Stato è meglio che non rivolgo nessun tipo di parola! Mi delude ogni giorno di più, è assente su queste cose, o almeno credo non faccia granché. Alle donne ho già detto : amatevi di più rifiutate ogni tipo di violenza, l’uomo e la donna sono fatti per amarsi, non per odiarsi e uccidersi, ci si può separare, e iniziare una nuova vita, sento spesso dire di un matrimonio o di una storia d’amore finiti con una separazione “è stato un fallimento”; non ho mai capito perché..due persone s’incontrano si amano ,fanno un pezzo di vita insieme e, se poi quell’amore non c’è più, se non vuoi più camminare accanto a quella persona, perché non può finire? E’ stato bello ma è finito, non si può guardare avanti senza pensare di aver sprecato del tempo? E l’altro non può lasciarti andare elaborando tutto il bello che c’è stato prima?

Progetti futuri e sogni nel cassetto di Elda Alvigini

A Febbraio Liberi tutti scritto con Natascia Di Vito, è il nostro secondo spettacolo, il primo era InutilmenteFiga. Parlerà di separazioni appunto, tutte quelle che un essere umano incontra dalla nascita alla morte, anche della separazione del migrante dalla propria terra, ad esempio. Le separazioni sono tante nella vita di un essere umano, e ci costringono a una reazione, proprio come alla nascita il feto uscendo alla luce reagisce agli stimoli della realtà esterna e diventa un essere umano. Lo spettacolo vede due coppie, ma anche due amiche e due amici, che non avranno nomi ma solo Donna 1e Donna 2 e Uomo 1 e Uomo 2, proprio perché sono situazioni universali che tutti abbiamo vissuto. Mi avvalgo della preziosa collaborazione di Alesio Ancillai , un’artista contemporaneo, che interverrà nello spettacolo con le sue opere, che saranno momenti veri e propri della drammaturgia, ma dovete vederlo! Dal 14 Febbraio 2017 al Teatro dell’Orologio a Roma.

In scena con Elda Alvigini oltre a Jun anche Valerio Di Benedetto e Marius Bizau.

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Redazione Giornalistica

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