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Jun Ichikawa: sul set con Siani, la magia dei giorni più belli del mondo

Conversare con Jun Ichikawa è sicuramente una esperienza piacevole, rilassante e costruttiva. Di sicuro la sua grande esperienza che spazia dal Cinema alla Televisione, passando per il Teatro e le sue altre passioni, la rendono un’artista completa, ma allo stesso tempo, dalle sue parole traspare la sicurezza di una persona che ha uno sguardo attento sul mondo, e non si lascia trasportare dal momento, andando ad analizzare tutto ciò che la circonda con meticolosa professionalità, ma soprattutto con cuore.

Jun Ichikawa. Foto di Fabrizio cestari.
Jun Ichikawa. Foto di Fabrizio Cestari e Muah Emanuela Di Giammarco.

Jun Ichikawa benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo. Sarai a breve al cinema ne “Il giorno più bello del mondo” di Alessandro Siani. Che ci racconti di questa esperienza?

Grazie a voi. Intanto posso dire che anche dopo aver visto il film, durante la conferenza stampa all’Auditorium, ho una visione più completa del film, perché mentre lo giri è come averlo visto a pezzettini.

L’esperienza è stata molto positiva in generale e sin da quando lessi la sceneggiatura, vidi un potenziale di un film scritto molto bene, e che avrebbe potuto arrivare ad un pubblico vasto perché è “pulito” soprattutto nell’intento.

Parafraso oggi ciò che dice Alessandro Siani, che lo spettacolo non riesce ad arrivare a chiunque per “la troppa scelta” e si va a dare messaggi di nicchia, che solo una persona colta può capire.

Questo è un prodotto intelligente invece, che può arrivare ad un pubblico molto ampio che non si aspetta il film d’essai, ma si aspetta l’intrattenimento. Allo stesso tempo, abbraccia anche un pubblico che ha ideali e si aspetta messaggi forti dal punto di vista emotivo.

Alessandro voleva abbracciare il genere “Film di Natale anni ’90 americani”, dove si abbraccia un pubblico di bambini per un film rivedibile anche 100 volte per ricreare la magia del Natale.

Oggi è difficile creare un film che arrivi. Il giorno più bello del mondo è un film che ci fa vivere la magia, e anche vivere la magia del cinema pulito, raccontando un tema (il teatro) con gli occhi di Arturo bambino (Siani) che accompagna il papà in una grande produzione teatrale dove gli spettatori vivono lo spettacolo gioiosi e con dispiacere nota che da grande, questo pubblico non reagisce più.

Tra i personaggi io sono la segretaria di Arturo che nei migliori anni, è stata una lanciatrice di coltelli… ed ovviamente ho fatto sessioni di prova prima di cimentarmi in questo (ndr ride).

Il giorno più bello del mondo

In questo momento di grandi crisi teatrale, comunque, Arturo si ritrova in eredità questo bottino rappresentato da due bambini adottati da uno zio che il protagonista non conosceva e nel marasma dello stress con questi ultimi troverà due esperienze particolari di cui, qualcosa di magico.

C’è qualche regista o attore, con cui vorresti assolutamente lavorare?

Oddio, nel cinema italiano siamo in crescita e dai giovani ai più grandi registi la scelta è difficile. Per mia fortuna ho iniziato con Ermanno Olmi… e da protagonista, per cui mi ritengo fortunata. Sicuramente mi piacerebbe lavorare con Paolo Sorrentino per il suo modo di fare magia.

Di quel cinema in particolare, mi piacerebbe anche Tony Servillo è un attore che stimo e che ha una passione per il teatro (cosa che ci accomuna).
E comunque anche con Alessandro Siani sono stata contenta di esserci stata, perché nella genialità di attore mi ha sorpreso anche la capacità di fare regia, di fare il capocomico, e allo stesso tempo di essere un grande direttore d’orchestra di una troupe. La capacità di gestire problemi, riuscendo ad essere sempre nei tempi, creando alternative in scelte di produzione e di inquadrature. Mi ha colpito di lui, anche l’attenzione ai dettagli.

In questo, si vede bene la coralità, ancor più degli altri film e si vede una cura maniacale. Inoltre si noterà anche un divertimento vero dovuto all’improvvisazione. Io seppur non avendo molto spazio in sceneggiatura mi sono sentita coinvolta nel gruppo di comici napoletani dove all’inizio ho avuto paura, ma in scena mi hanno improvvisare e tirato dentro ad una squadra dando anche valore alla femminilità, facendoci sentire come la terza “moschettierA” di un gruppo.

Non sei solo attrice, ma anche doppiatrice. Cosa si prova a prestare la propria voce ad altri attori?

Il doppiaggio è affascinante. Un mondo diverso da quello del teatro o ancora del cinema, perché il punto di vista (d’ascolto) cambia, perché mentre nel teatro e nel cinema l’aspetto visivo è molto importante per la comunicazione istantanea o l’atmosfera cinematografica, nel doppiaggio si è un gruppo di persone da backstage che lavorano per rendere l’atmosfera sonora del film ,il più fedele possibile alla realtà.

E’ un lavoro di velocità. Io ho iniziato nel 2003 e un tempo ci voleva tanto tempo perché non c’era nulla del sonoro da riprodurre. Essendoci più materiale in presa diretta, oggi, è più facile mixare e prendere solo voci e cambiarle, ma questo comporta il non sapere cosa doppierai fino a 5 minuti prima. Ora devi essere in grado di fare un buona la prima.

E della tua passione da ballerina cosa ci racconti?

Questa passione nasce ancora prima, da quando avevo 6 anni. E’ una passione antica. Ho fatto danza classica e moderna, oltre che jazz. Io vengo da una famiglia di artisti giapponesi (cantanti lirici) e devo ammettere che da piccola volevo fare la cantante: i miei, due giapponesi a Roma che non trovarono l’oro che cercavano. E come fermare una bambina e deviarla da questo sogno? Dicendole: non sei talentuosa, fai altro. Ed io, non mi sono cimentata nel canto ed ho fatto altro. Avevo voglia di esprimermi attraverso me stessa con corpo, voce e sguardo per poter diventare una messaggera ed avere la possibilità di dare messaggi necessari alla società e di far parte di un gruppo che possa scuotere gli animi.

Corsa alla popolarità rispetto alla qualità. Il tuo punto di vista in ambito artistico.

La popolarità è effimera perché noi tutti abbiamo una memoria, ma la memoria che rimane attraverso la popolarità è una memoria che “non rimane”. Io credo nella memoria emotiva. Se pensiamo a film o spettacoli che abbiamo visto, cosa ci ricordiamo? Quello che ci è rimasto dentro… ci ricordiamo magari di una scena particolare di un film, anche non ricordandoci l’attore. Viviamo di questa memoria perché senza non avremmo una vita e sentimento.

Se intendessimo la popolarità di un Influencer o di un attore, fine a se stessa, non avrebbe senso. Se è intelligente a creare un gruppo di lavoro per realizzare un messaggio che arriva dall’ideale ha più senso, e ancor più se lavora per diventare un’icona per quello che lasca. Cito in merito sempre Marilyn Monroe.

In tante mi chiedono: come si può diventare un’attrice? Con lo studio e non si studia mai da soli.

Come vedi Jun Ichikawa tra 30 anni?

Prima di tutto spero che ci sia ancora (ndr ride). Tra 30 anni non so come mi vedrei, ma desidero avere tante belle persone intorno che possano ispirarmi e aiutarmi a dare degli stimoli. Affinché ogni sia “Il giorno più bello del mondo“.

Grazie per la tua disponibilità Jun e in bocca al lupo per tutto!

Su Francesco Russo

Francesco Russo, giornalista e direttore del quotidiano "La Gazzetta dello Spettacolo", comunicatore digitale ed ufficio stampa di eventi e VIP.

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