Luciana Littizzetto e la lettera ai soldati russi a Che tempo che fa
Luciana Littizzetto e la lettera ai soldati russi a Che tempo che fa

Luciana Littizzetto e la lettera ai soldati russi

Nel corso del programma “Che tempo che fa”, presentato da Fabio Fazio ed in onda su Rai 3, Luciana Littizzetto, dopo la “Lettera al Creatore” della scorsa settimana, ha voluto leggere la lettera “indirizzata” ai soldati russi che si trovano a combattere una guerra che, probabilmente, non si aspettavano di dover affrontare con tutta la violenza scaturita.

“Caro Dimitri, caro Ivan, caro Oleg, caro Pavel, caro Yuri. E ci metto dentro anche caro Vladimir perché in tutta la Russia ci sarà pure un Vladimir normale.

Io non ti conosco, ma mi basta guardare la tua barbetta rada e la divisa troppo grande che in te rivedo mio figlio e tutti i nostri figli.

Caro Boris so che hai paura e ti senti perduto, ma sappi che tu non hai colpa, hai 20 anni, ti han messo un fucile in mano e ti han mandato in un posto che non sai manco dov’è, pedina di una partita a scacchi a cui nemmeno pensavi di giocare.

Ti abbiamo fregato. Noi adulti lo facciamo spesso e ora lo stiamo facendo con la guerra che è il modo più infame.

E più questa assurda follia va avanti e più ho compassione per te.

Perché alla tua età, a 20 anni, caro Vania dovresti essere in giro con l’Erasmus, a stapparti una birra con l’accendino e a limonare sulla Rambla, a sederti con tutte le scarpe sugli schienali delle panchine per farti mandare affanculo da quelle come me.

Dovresti andare a farti scoppiare le orecchie dalla musica ai concerti, disegnare come uno scemo con la pipì sulla neve.

Sparare sì, ma alla sagra della scrofa della steppa per vincere il peluche alla fidanzata.

E invece sei lì con il cuore nel fango, condannato a essere un maschio dell’800 che va a morire per la patria.

Caro Dorian. Io non ti conosco, ma potrei essere tua madre, Filippa tua zia e Fabio tuo nonno che ha esagerato con la vodka.

Ti ho fatto ridere? Son contenta. Perchè risate e guerra sono nemici naturali, e dove c’è uno non può esserci l’altra.

Caro Victor, sappi che tutto questo non è colpa tua. La colpa è nostra. Della generazione dei tuoi padri, quella che viene dal Novecento, un secolo breve, ma bastardo come pochi.

La colpa è nostra che ti abbiamo lasciato un mondo di mer*a in cui i soldi e il profitto sono gli unici obiettivi che abbiamo.

P.S. C’è un proverbio russo che esalta l’eroismo e dice: “è meglio morire per la zampata di un leone che per il morso di un gatto”.

Non farti riempire la testa con questa retorica del ca**o, e ricordati che c’è una terza via: non morire e starsene sul divano con il gatto. Fidati, è meglio, anche se il gatto vomita il pelo”.

Su Silvana De Dominicis

Vice direttore di La Gazzetta dello Spettacolo, amante degli animali, la natura e la cucina veg. Umiltà e sensibilità sono nel contempo i miei pregi e difetti.

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