“Everything Is Connected”, recita la locandina del film più costoso mai realizzato in Germania. E Cloud Atlas – il kolossal del 2012 dei fratelli Wachowski tratto dal romanzo “L’atlante delle nuvole” di David Mitchell – è la proposta blockbuster di Iris per la prima serata di lunedì 11 gennaio 2016.
Il film, dove si intrecciano sei storie ambientate in luoghi e tempi diversi, è rimasto per moltissimo tempo avvolto nel mistero più totale: dal 2009 all’inizio della lavorazione, nel 2011, e dopo mesi di totale silenzio, nel 2012 la produzione pubblica due foto ufficiali cui ne seguono altre. Al termine delle riprese, “Cloud Atlas” ha la durata monstre di 172 minuti e negli Usa si vede imporre il rating R (vietato ai minori di 17 anni non accompagnati da un adulto) per «violenza, turpiloquio, nudità/sesso e uso di droghe».
Nonostante un cast di stelle di primaria grandezza – tra questi, Tom Hanks, Hugh Grant, Halle Berry, Susan Sarandon, Hugo Weaving – ed un incasso globale di 130.482.868$, la critica ha accolto piuttosto freddamente “Cloud Atlas”. Dopo la proiezione in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival – dove la sesta opera di Lana e Andy Wachowski ha ricevuto dieci minuti di applausi – i pareri sono stati assai discordanti.
Per Peter Debruge, di “Variety”, il film sono «Tre ore intense di allenamento mentale premiate con una grande ricompensa emotiva». Per Maurizio Porro del “Corriere della Sera”, invece, «Il Kolossal troppo virtuosistico ha momenti di felicità espressiva. Generoso e coraggioso nei suoi 172’, immolato ai piedi del cinema medio banale, da salvare nella sua unicità contro i comandamenti dei Blockbuster, il film dei fratelli non possiede purtroppo il tessuto connettivo poetico per reggere l’esperimento». Laconico (e pure ironico), infine, Peter Travers del “Rolling Stenes”: «For all the spectacular settings and visionary designs, “Cloud Atlas” left me feeling disconnected».