Ritroviamo l’attrice Gea Martire, solare e gentile, presto in scena ne “Rumore di fondo”. Una donna umile, sicura del percorso artistico compiuto, vogliosa sempre di nuove esperienze, avventure.
Ben ritrovata su La Gazzetta dello Spettacolo, Gea Martire. Il 21 aprile sarai in scena con “Rumore di fondo”. Cosa puoi dirci a riguardo?
Lo spettacolo, l’idea di parlare di femminicidio, nasce da un successivo dialogo con un’associazione che si occupa di orfani di femminicidio, un tema particolarmente singolare, poco ‘pensato’. Alcuni, se fortunati, vengono accolti dai familiari, altri finiscono, invece, in case famiglia, di accoglienza. La storia di “Rumore di fondo” è ispirata proprio ad un ragazzo che abbiamo avuto modo di conoscere, Carmine Amoruso, appassionato di ballo, e che ha collaborato con noi, per un periodo. Nel testo teatrale è anche inserita una lettera che ha dedicato alla mamma. Tutto parla di lui nel testo che porteremo in scena, così come i piedi, elemento fondamentale nel ballo che tanto ama.
Un messaggio da lanciare in questo spettacolo, qualcosa di molto chiaro..
Assolutamente! Il movimento è il senso della vita, la metafora dei piedi, la voglia di tutelare una persona.. Ognuno di noi ha una propria necessità di essere in movimento, senza perdere di vista la propria danza, quella della propria esistenza..
Chi ti accompagnerà in scena, Gea Martire?
Al mio fianco ci sarà un bravo musicista, Valerio Virzo, per un passaggio con la musica davvero fondamentale. Quando possibile amo farmi accompagnare da dei musicisti in modo da poter chiarire a dovere un concetto.
A tal proposito, quale pensi sia il senso della tua esistenza, Gea Martire, sempre in relazione al teatro, al tuo amato mestiere?
Questo mestiere ti dà la possibilità di essere tante persone, scongiurando il pericolo di essere nessuno. Di certo un lavoro che regala grande movimento alla mente, all’approfondimento..
Gea Martire, quali sensazioni sono legate alla possibilità di avere un pubblico presente dinanzi a te?
Non ci si rende mai del tutto conto che il pubblico è davvero parte dello spettacolo. Uno spettacolo può essere perfetto se il pubblico lavora insieme a te e si ha il compito di trascinarlo altrove, catapultandolo in un’altra dimensione ed epoca, portandolo via dai cellulari.. sforzo immane.
Cosa manca, a tuo avviso, al percorso artistico compiuto sino ad ora?
Manca sempre qualcosa! Non c’è un punto di arrivo in questo mestiere. Si ha sempre sete di conoscenza, di scoprire qualcosa, senza alcun successo da raggiungere, per quanto possa fare comodo, ma non rappresenta di certo una crescita. La crescita è nello studio, nel percorso compiuto con ogni personaggio interpretato, in quelli che verranno..
In ultima battuta, un invito a seguire ogni ‘singolo’ spettacolo teatrale..
Il teatro ti apre la mente, ti porta a pensare, a raccogliere un certo senso civile, una coscienza.. Ti riconduce a tutto ciò, con grande interazione, perché ciò è davvero necessario. Ne abbiamo una grande necessità perché stiamo diventando troppo avidi.
Guardando al futuro, cosa puoi anticiparci?
Sono in tournée, e siamo in quattro, con uno spettacolo che racconta quattro storie di donne. Presto saremo anche a Roma. “La vita è anche un’altra cosa”, questo il titolo, per la regia di Nadia Baldi, produzione di Ruggero Cappuccio.