Incontriamo Antonio Sambalotti dei Gemini, il trio costituito da due fratelli, l'altro è Andrea, e dal cugino Marco Sambalotti

Gemini: desideriamo che le persone possano rispecchiarsi nelle nostre canzoni

Incontriamo Antonio Sambalotti dei Gemini, il trio costituito da due fratelli, l’altro è Andrea, e dal cugino Marco Sambalotti, uniti dalla stessa forte passione per la musica. Pop ed elettronica uniti all’unisono per creare emozioni in musica.

Gemini. Foto di Marian Moscaliuc

Abbiamo modo di intervistarli, per scoprire le loro origini, il loro percorso, i loro desideri.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Antonio Sambalotti. Come stai e quali consapevolezze ha apportato al tuo vissuto la pandemia che abbiamo vissuto?

Viviamo ancora oggi un periodo difficilissimo, davvero particolare. Dal punto di vista musicale, ti dirò, siamo stati fermi, in tutto e per tutto. La ripresa di ora, ci porta a regalare al pubblico una ritrovata spensieratezza, o almeno è ciò che ci auguriamo.

Affrontiamo un breve excursus sul vostro gruppo i Gemini. Chi sono i Gemini e come hanno avuto vita?

Siamo una band costituita da tre persone. Siamo io e mio fratello, Andrea Sambalotti, insieme a nostro cugino, Marco, che si è aggiunto in un secondo momento. Un percorso, il nostro, che va oltre le cover e il semplice suonare. Abbiamo pensato di scrivere testi e musiche, pubblicando dischi, singoli e quanto altro.

Avete preso parte ad Area Sanremo e avete poi vinto Classic Rock. Quali ricordi portate con voi da queste esperienze?

Si è trattato, in entrambe i casi, di due esperienze bellissime, molto soddisfacenti. Abbiamo vinto anche altri contest, come Movimento Musica, a Roma, che nasce per premiare artisti emergenti.

Avete aperto live importanti, come quelli di Ron, Anna Tatangelo e molti altri..

Si tratta di artisti importanti, che ci trasmettono un talento non indifferente. Aprire i live della Tatangelo, Ron e James Senese ci ha permesso, tra l’altro, di far conoscere la nostra musica ad un pubblico abbastanza vasto. Un grande privilegio per tutti noi. Abbiamo avuto il grande piacere di collaborare anche con Ricky Memphis e Alessandro Haber, per alcuni videoclip.

Come nasce il vostro ultimo singolo, “Come si fa”?

Questa canzone scaturisce da un periodo buio, che ci riporta al lockdown, a quel silenzio assordante. Ci si chiede, in un momento particolare della propria vita, come si fa ad andare avanti, riacquistando la libertà nell’esprimere la propria arte, senza paura alcuna.

Quanto c’è di autobiografico nei vostri pezzi?

Tutto, senza alcun dubbio! Ci piace l’idea che le persone, ascoltando i nostri pezzi, possano ritrovarsi nelle nostre stesse parole.

Cosa bolle in pentola per il futuro?

Un format itinerante che cerchiamo di portare in giro per l’Italia. Uno show che non sia solo musicale, ma che possa rispecchiare svariate forme d’arte.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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