Nove brani tra rock ed elettronica, pop e ambient ma soprattutto tante emozioni in un gioco caleidoscopico di colori e contrasti, suoni ed atmosfere che si rincorrono e si alternano propagando una grande dose di energia. Questo è L’Orizzonte degli Eventi, quinto album di Alex Carpani.
Particolarmente influenzato dall’incontro con il mitico Keith Emerson, Carpani è un frontman, compositore e pianista di grande talento. Un talento che si è espresso quando era ancora giovanissimo attraverso il buon piazzamento in vari concorsi di composizione nazionali, grazie ai quali ha mosso i primi passi in ambito artistico. Laureato al D.A.M.S. con una tesi di laurea sulla musica di Nino Rota nel cinema di Federico Fellini, che ha vinto il 1° premio della Fondazione Fellini di Rimini, Carpani ha collaborato con nomi illustri del rock progressive internazionale tra i quali David Cross (King Crimson), David Jackson (Van der Graaf Generator), Aldo Tagliapietra (Le Orme), Bernardo Lanzetti (Acqua Fragile, PFM), Lino Vairetti (Osanna) iniziando a pubblicare i propri album nel 2007. Sia da solista che con la sua band ACB, Alex Carpani ha svolto una proficua ed acclamata attività dal vivo tenendo ben 130 concerti in 20 paesi di 3 continenti, inclusi Stati Uniti, UK, Giappone, Brasile, Germania. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Alex Carpani per farci svelare i “segreti” della sua nuova e riuscita creatura discografica, L’Orizzonte degli eventi…
L’Orizzonte degli Eventi è il tuo quinto album ma il primo disco interamente in italiano. Come mai questa scelta?
Per la prima volta volevo esprimermi nella mia lingua, senza mediazioni culturali o linguistiche. Volevo essere diretto, schietto, aperto e dare molta più importanza ai testi di quanto non avessi mai fatto in precedenza. E poi questo è un album un po’ esistenzialista, visionario e poetico, dove mi metto anche a nudo e non avrei potuto esprimere tutto questo affidandomi ad una traduzione, alla traduzione delle mie parole, delle mie sensazioni, dei miei impulsi. Le parole che ho scelto non hanno solo un valore semantico, ma anche musicale. Le ho scelte anche per la loro musicalità. Tutto concorre a fare musica in questo disco, anche la grafica e le immagini, alcune tratte da immagini scattate da grandi fotografi.
Hai definito questo tuo nuovo lavoro un album fatto di contrasti. Vuoi spiegare meglio al pubblico che cosa intendi?
I contrasti sono nella musica, che alterna momenti di grande irruenza e potenza a momenti di leggerezza sognante e quasi sospesa, così come anche nei testi e nel registro dell’album, che abbraccia un ampio spettro di umori, stati d’animo ed emozioni, a volte contrastanti, appunto. Questo è un album sulla vita e la vita alterna da sempre contrasti, continuamente, dalla nostra nascita alla nostra morte.
Nel disco c’è pop, rock ed elettronica ma quale sono le tue radici musicali?
Il rock rappresenta sicuramente la mia radice più robusta e ramificata, ma la mia musica è sempre stata intrisa anche di influenze classiche (che si ritrovano spesso nelle strutture compositive e nelle armonie) e di elettronica, che per me rappresenta la sperimentazione, il viaggio verso l’ignoto e la possibilità di tessere mondi sonori sconosciuti. Il pop, invece, è l’ultimo ingrediente arrivato, di recente, diciamo negli ultimi 4-5 anni. Del pop mi interessa l’immediatezza e la semplicità del linguaggio, che sono fondamentali se vuoi che la tua musica arrivi ad un pubblico non solo selezionato e iper-specializzato. Questo non vuol dire, naturalmente, fare cose banali o troppo semplici, ma cercare di lavorare di sottrazione, togliendo gli orpelli per arrivare all’essenza delle cose, cercando di raggiungere un equilibrio fatto di pochi elementi che, alla fine, sono tutti indispensabili, perché sono il frutto di un dosaggio severo fatto a monte.
Durante i mesi di lockdown hai composto della nuova musica?
In realtà, no. La pandemia è arrivata nel momento in cui ero pronto a pubblicare il mio nuovo album, già registrato, mixato, masterizzato, quindi ho dovuto occuparmi soprattutto della pubblicazione, ridisegnando anche le strategie e i tempi del lancio. Questo cd, poi, l’ho prodotto e pubblicato io stesso, come artista indipendente, quindi ho dovuto occuparmi anche di una serie di cose di cui, generalmente, si occupa l’etichetta. Molto del mio tempo, quindi, è stato assorbito da tutte queste cose.
Poi ne ho approfittato anche per mettere ordine al mio catalogo passato, dove c’è una discografia che io chiamo DIY (do it yourself), che conta quasi 20 album che ho scritto tra il 1990 e il 2007 e che abbraccia i generi più disparati: dall’elettronica alla new age, dall’electro-jazz alla musica unita alla poesia, dalla musica sinfonica al drum’n’bass, alle musiche per teatro e video. Ho caricato e messo on-line ben 17 albums, con tanto di copertina e scheda descrittiva, su Soundcloud, il tutto accessibile in streaming e completamente gratuito.
Quando speri di tornare ad esibirti dal vivo?
Il discorso è molto delicato e complesso. Credo che prima del tardo autunno-inverno 2020 sarà difficile che riprenda l’attività live, soprattutto nel circuito dei club fino a 150-200 posti, che sono, poi, l’ossatura della musica al di fuori del mainstream, dei reality show musicali, delle grosse produzioni commerciali e della programmazione delle tribute/cover band. Ho paura che molte creature di questo sottobosco scompariranno, non potendo sopravvivere con 10-20 persone distanziate in sala, dove prima ce ne stavano 10 volte tanto. Se spariscono le location dove la musica dal vivo inedita trovava (faticosamente) un piccolo spazio, mi chiedo dove potrà collocarsi dopo… Forse nei festival, in parte, ma i festival si fanno su base annuale e quando ci suoni una volta, non ti richiamano l’anno successivo, così il tutto si complica.
E’ un peccato perché questo è un disco che deve essere suonato dal vivo, dato il suo carattere rock, sanguigno e suggestivo. E’ fatto per il live. Oltretutto, i due musicisti che mi accompagneranno sono dei fuoriclasse: Bruno Farinelli alla batteria (Elisa, Cesare Cremonini, Lucio Dalla, Mariadele, Il Volo) e GB Giorgi al basso (Ermal Meta, Umberto Tozzi, Anna Oxa, Fabio Concato).
Qual è il brano del cd che ti ha dato maggiormente da fare in fase di registrazione e quale quello che preferisci?
Per fortuna in studio abbiamo finalizzato ciò che avevo già pre-prodotto nel dettaglio nel mio home-studio, quindi si è trattato principalmente di mettere ‘in bella’ il tutto. Avevo già un’idea precisa del sound che volevo ottenere e, per fortuna, la bravura dei musicisti e del mio tecnico del suono di fiducia, Daniele Bagnoli, hanno reso tutto più semplice.
Non c’è un brano che preferisco, perché ogni pezzo mi dà qualcosa di diverso, mette in vibrazione in me emozioni e stati d’animo diversi. “L’orizzonte degli eventi”, poi, è un concept album e ogni canzone è la tappa di un viaggio all’interno dell’esistenza, quindi ogni tappa è fondamentale e contribuisce a creare il mosaico generale.
Se per il tuo prossimo lavoro dovessi avere una guest chi vorresti che fosse?
Ho un sogno impossibile e uno quasi impossibile. Mi piacerebbe far cantare a Roger Waters un mio brano e questo è il sogno impossibile. C’è poi un brano nell’album, che si intitola “Le porte”, che sarebbe stato perfetto cantato in inglese da lui, perché è molto ‘floydiano’. Il sogno quasi impossibile, invece, sarebbe di lavorare ad una produzione insieme a Steven Wilson, con il quale amerei lavorare, invece, al sound, agli arrangiamenti e alla produzione, a tutta la parte musicale insomma.