Michele Pecora. Foto di Giovanna Gori
Michele Pecora. Foto di Giovanna Gori

Michele Pecora: sognavo di essere autore, cantante e musicista

Un artista d’altri tempi, Michele Pecora, che abbiamo il piacere di intervistare, in seguito alla collaborazione con la giovane cantante, SindroME, a cui ha saputo offrire anche preziosi consigli per il brano, “In tempo da te”. Un vissuto, il suo, in musica e per la musica, di cui abbiamo modo di parlare, ricordando la sua “Era lei”, le esperienze televisive recenti e qualche accenno al suo album, non ancora ultimato.

Michele Pecora

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Michele Pecora. Come stai?

Sto bene! Dopo una pausa forzata, abbastanza lunga, stiamo cercando di riprendere sia la parte discografica che quella legata ai live. Il mio tour del 2020, purtroppo, è stato rinviato e, a breve dovremo ripartire. Al momento sto anche lavorando al mio ultimo album, in fase di chiusura.

Quali sensazioni sono legate alla situazione pandemica ancora oggi in atto?

Dopo un primo momento di paura e smarrimento, ho valutato che se qualcosa accade, non sempre è per caso. Avevamo forse raggiunto un ritmo di vita eccessivo, sotto tutti gli aspetti, per cercare di ottenere sempre il meglio. Questo fermo forzato, probabilmente, ci ha consentito di riflettere su quelle che sono le priorità della vita, portandoci a guardare al prossimo, a ciò che abbiamo intorno. Speravo in una miglioria dell’essere umano, ma questo purtroppo non credo accadrà.

Chi è oggi Michele Pecora e quanto è riuscito a realizzare di ciò che sognava da ragazzo?

Il mio sogno, fortunatamente, si è realizzato. Sognavo di essere autore, cantante e musicista e questo mi basta. Ho sempre desiderato vivere di musica, in qualsiasi modo possibile, tra alti e bassi, come è normale che sia, ma con tante soddisfazioni. Sono sempre stato consapevole della passione che mi guidava, che mi ha portato poi ad uscire anche dai momenti più difficili. Ho ancora oggi la consapevolezza e l’umiltà di portare avanti il tutto, con una preparazione ed attenzione diversa ed anche una scrittura adatta alla mia età e alla mia esperienza.

Quanto pensi sia cambiato il modo di fare musica?

Di certo è cambiato tanto, come è cambiato negli anni. A cambiare, oggi, è stato anche il linguaggio, legato alle nuove generazioni, le nuove problematiche sociali. Presto molta attenzione ai giovani, che trovo forti ed interessanti, scaltri e diretti. Si fermano meno a pensare alle conseguenze, al significato che qualcosa può assumere, cosa che invece noi avevamo, perché guidati diversamente. Questa enorme giungla in cui oggi ci muoviamo, è mancante di alcuni filtri che noi invece abbiamo avuto. Un tramite, in un certo senso, tra ciò che scrivevamo e ciò che ne veniva fuori e parlo di grandi produttori, di tante importanti figure che contribuivano a rendere tutto più fruibile, migliore.

Quale consiglio senti di dare alle nuove generazioni?

Non posso che consigliare loro di seguire il talento e la passione insita nel loro animo, guidati però da persone che possano far fiorire realmente quel talento, rendendolo più forte e importante.

Parlando di nuove generazioni, recentemente hai contributo alla realizzazione del singolo di SindroME, “In tempo da te”. Cosa puoi dirci a riguardo?

Ho vissuto un’esperienza interessante, con uno sguardo sicuro al futuro, alle nuove tendenze, da sperimentatore quale sono. Conoscevo SindroME da tempo ed ho quindi pensato che, per un’artista così giovane, bisognasse trovare supporto proprio in ulteriori giovani, ho così chiesto supporto a Davide Napoleone, mio conterraneo e autore. SindroME, poi, ha la capacità di modellare la voce in una maniera sublime. Essere a contatto con lei e con autori giovani mi ha arricchito molto.

Che ricordi hai del periodo legato al brano di successo, “Era lei”?

Conservo un ricordo bellissimo di quel periodo, seppure inconsapevole, data la giovane età. Cambia la visione della vita, i parametri e molte altre cose. Un periodo ricco, bello, che mi è servito tantissimo per poter poi affrontare questo lavoro per molti anni, aprendomi tante porte, tante situazioni.

C’è qualcosa, oggi, che non sei ancora riuscito a realizzare?

A mancarmi, artisticamente, c’è il Festival di Sanremo. Ebbi modo di prendervi parte, come autore, nel 1995, con una bellissima canzone. Ai tempi di “Era lei”, purtroppo, non ebbi modo di partecipare, forse per via di un periodo critico vissuto dallo stesso Festival. Sarei felice di poter concretizzare questo sogno, un domani.

Che esperienza è stata, qualche anno fa, “Ora o mai più”?

Un’esperienza nobile, davvero apprezzabile, al di là del titolo che, a suo modo, potrebbe essere poco piacevole. Una televisione nuova, non soltanto artisticamente, che mi ha dato tanto, seppure fosse difficile parlare del proprio passato. Un programma mirato e che rende nuova visibilità, ma che non rende per forza un ritorno discografico, se non con un pezzo buono, che può permetterti di rientrare nel grande giro.

Che ricordo hai della televisione dei tuoi esordi?

Il mio primo passaggio televisivo, con “Era lei”, fu alla Rai di Napoli, nel 1979, su Rai1. Con me, quella sera, personaggi del calibro di Walter Chiari e Christopher Cross. Una televisione, quella che ho avuto il piacere di vivere, costituita da artisti di spicco, davvero importanti. Negli anni, ovviamente, il tutto è cambiato per andarsi ad adattare al nuovo linguaggio, seppure legata comunque a professionisti competenti. Oggi, tra l’altro, vi è una velocità di esposizione non indifferente, diventata fondamentale, per far sì che lo spettatore possa evitare di cambiare canale. Le canzoni durano un battito di ciglia, diversamente da ieri. I contenuti, francamente, talvolta mi lasciano perplesso.

Hai da poco ottenuto la cittadinanza onoraria. Quali sensazioni sono legate a questo avvenimento?

Si è trattato di un riconoscimento straordinario, se non il più bello della mia carriera, della mia vita, anche perché proviene dalla mia città. L’amore della mia gente, delle persone, mi rende felice, appagato. L’appartenere ad una comunità, che tende a non farti sentire ospite, è una cosa davvero bella. Questo riconoscimento, tra l’altro, arriva sei mesi dopo la scrittura di un brano nel mio dialetto campano, dedicato alla mia regione come puro atto d’amore.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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