Il cantautore lombardo Gatto Panceri è tornato con un nuovo grande album dalle influenze soul e rock
Con Gatto Panceri e il suo nuovo disco si torna finalmente a parlare di musica.
L’artista lombardo, che vanta sette partecipazioni al ‘Festival Di Sanremo’ come autore per i grandi Big della musica e tre come cantautore in gara, ha da poco rilasciato un nuovo album di inediti dal titolo ‘Pelle D’Oca e Lividi’, raccolta di 19 brani inediti scritti in maniera artigianale, come una volta, capace di trovare un giusto connubio tra tradizione e modernità.
Gatto Panceri, come tutti i cantautori degli anni ’90, è rimasto assente dalle scene per lungo tempo esponendosi al rischio di un oblio senza ritorno, e dovendo faticare non poco per riemergere affidandosi soltanto alla qualità di una musica senza tempo che, oggi come allora, testimonia, riafforza e riafferma il fatto che la musica italiana stessa ha bisogno di spessore e solide fondamenta per costruire nuovi successi, capaci di durare nel tempo.
Dal 14 settembre è in radio anche ‘Io Ho’, terzo singolo estratto dal disco in cui Panceri affronta il tema dell’horror vacui della società moderna afflitta, congestionata e nonché inquinata da costanti e frequenti richiami al possesso sterile, perdendo di vista ciò che più invece conta.
E che, grazie anche all’operato diabolico di rap, trap e talent, alias quanto di più orripilante e indigesto che la musica italiana potesse ingerire, diventa un ostacolo sempre più difficile da superare.
La nostra chiacchierata con Gatto Panceri, che ha per discografico nientepopodimenoché Roby Facchinetti dei Pooh e Athos Poma, rispettivamente due tra i migliori cantanti ed editori italiani, con la distribuzione ‘Artist First’.
Gatto Panceri, un grandissimo disco, ‘Pelle D’Oca e Lividi’, che fatica però a trovare spazio, come i dischi dei cantautori classici in Italia. Secondo lei perché?
Perché le radio hanno scelto vie editoriali diverse dalla musica d’autore, prediligendo rap, trap e altri che propongono musica più leggera, meno impegnata. Per le discografie attuali che seguono a ruota la tendenza è meno impegnativo, sia a livello artistico che economico, produrre brani del genere.
Non pensa che sparire per 8 anni sia rischioso anche per gente attualmente di successo?
Certo, lo è, però io solitamente pubblico un disco solo ed esclusivamente quando ritengo che sia veramente valido. A volte ci vogliono 2 o 3 anni, a volte di più. Per l’ultimo mio disco, ‘Pelle D’Oca e Lividi’, l’operazione è stata più lunga e complessa perché l’ho prodotto in completa autonomia, quindi ho dovuto aprire uno studio e imparare ad usarlo nella sua totalità. L’album che ne è venuto fuori consta di 19 brani che, alla fine, è come se fosse un doppio cd!
Questo disco è come un’azienda: l’ha fatto completamente da solo. È stato difficile occuparsi di tutti i ruoli?
Molto impegnativo. Una sfida epica, oserei dire, ma una grandissima soddisfazione, soprattutto perché sono riuscito a rendere il livello qualitativo che volevo e cercare.
Ha dedicato il disco al suo cane, Super. Che rapporto ha con gli animali?
Ottimo, specie con i cani: interagisco con loro con facilità, e non solo con il mio. Uno dei miei sogni futuri è di aprire un rifugio per cani maltrattati o abbandonati.
Questo disco attraversa e scopre generi diversi: come descriverebbe il genere musicale che ne è scaturito?
Non si può identificare tutto il disco con una definizione di genere sola, perché i brani sono molto diversi tra loro. In generale posso dire che, rispetto al pop dei dischi precedenti, ho virato maggiormente verso il rock e il soul, specie per l’uso dei cori e di certe chitarre. In questo album ci sono tanti brani a tema sociale, così come canzoni d’amore. È decisamente più vario dei precedenti.
Una canzone straordinaria di questo disco è ‘Tu Mai’, ce la racconta?
‘Tu Mai’ è uno dei brani più coraggiosi dal punto di vista della composizione e anche del testo. Musicalmente non si capisce quali siano le strofe e quali i ritornelli, come se la melodia del brano fosse un unico grande ritornello che non cessa mai. Il testo è struggente: mi pongo una serie di domande esistenziali, e cerco disperatamente di capire se gli altri avvertano solitudine, gioie, dolori… insomma, tutte le emozioni come le avverto io.
Leggendo sul web, Gatto Panceri continua ad essere tra i più apprezzati dalla critica. Secondo lei riuscirà a tornare a essere tra i più apprezzati anche dal grande pubblico?
Se il grande pubblico ne verrà a conoscenza credo di sì. L’unico problema è trovare spazi promozionali aperti, e questo non è facile perché il mio nuovo lavoro è un disco completamente diverso da quelli che vendono attualmente, e quindi non sta godendo, in radio e tv, delle vetrine che altri tipi di prodotti discografici hanno. Forse con il tempo, e grazie ai singoli estratti, riuscirò a divulgarlo a tutti gli italiani. I pochi che, sino a ora, lo hanno ascoltato e acquistato posso dire che lo hanno molto apprezzato e questo mi rende già felice.