Stefano Mainetti durante una conferenza stampa al MAXXI. Foto dal Web.
Stefano Mainetti durante una conferenza stampa al MAXXI. Foto dal Web.

Il Maestro Stefano Mainetti si racconta

A tu per tu con il Maestro Stefano Mainetti, allievo di Giorgio Caproni

Il Maestro Stefano Mainetti, compositore e artista italiano ha dedicato la sua vita alla musica. Ha iniziato gli studi di chitarra classica all’etá di 8 anni ed è stato allievo di Giorgio Caproni, uno dei maggiori poeti italiani del ‘900, suo maestro elementare, che risulterà determinate per la sua successiva formazione artistica e musicale.

Stefano Mainetti durante una conferenza stampa al MAXXI. Foto dal Web.
Stefano Mainetti durante una conferenza stampa al MAXXI. Foto dal Web.

Nella sua carriera di compositore, ha firmato colonne sonore di importanti produzioni internazionali: basti citare i film d’azione made in Usa come The Shooter, Silent Trigger o Talos The Mummy, mentre in Italia ricordiamo le meravigliose musiche della fiction Orgoglio. Nel 2010 ha ottenuto la nomination come “best album of the year” ai Classical Brit Awards di Londra componendo le musiche di “Alma Mater”, e dirigendo la Royal Philharmonic Orchestra  in uno spettacolare evento tenutosi a Westminster Cathedral. Sono circa 230 i progetti che Stefano Mainetti ha firmato fra teatro, cinema e televisione. Recentemente ha presentato al MAXXI, Museo delle Arti del XXI secolo, il suo ultimo progetto: “Rendering Revolution”. Grazie alla tecnologia digitale, la musica d’autore, il video, la danza e la pittura si fondono per dare vita a un’esperienza di musica aumentata.

Stefano Mainetti, ci può spiegare com’é nata l’idea di Rendering Revolution?

All’inizio è stata un’esigenza musicale, la voglia di sfruttare lo spazio all’interno di una partitura. Le arti plastiche come la pittura o la scultura si esprimo proprio attraverso lo spazio, la musica invece ha bisogno di tempo, di un principio, di uno sviluppo e di una fine. Non è possibile apprezzare un brano di musica in un attimo, così come invece è possibile fare con un quadro o una scultura. Ecco, io mi sono chiesto se esistesse un sistema che permettesse di introdurre la dimensione spaziale anche nella musica.

Rendering Revolution nasce così, come un sistema, un’installazione al cui interno l’ascoltatore si sposta da un punto all’altro, e spostandosi, grazie alla particolare disposizione degli elementi in gioco, avverte un cambiamento graduale della partitura. Un cambiamento fluido che va di pari passo con il suo movimento, ma un cambiamento radicale perché le partiture all’interno del sistema sono realmente molto diverse tra loro. Successivamente ho unito altre forme d’arte che si trovano all’interno della struttura.

Sono proiezioni tridimensionali di quadri rappresentanti una rivoluzione. All’interno di queste proiezioni si muovono dei danzatori che interpretano il relativo brano musicale a sua volta scritto proprio come colonna sonora di quella scena. E’ quindi una sorta di melodramma contemporaneo, una fusione dinamica tra diverse forme d’arte che sollecita lo spettatore coinvolgendolo con tutti i suoi sensi.

Quali sono state le difficoltà nel realizzare un progetto unico che racchiude diverse forme d’arte?

La sfida primaria è stata quella di organizzare un sistema musicale vincolandolo al movimento. Per questo ho preso spunto da esperimenti di musica non lineare. Sviluppando questi sistemi abbiamo creato una struttura virtuale, all’interno della quale ci si muove come in un videogame.

La realizzazione dei quadri virtuali in 3D ha richiesto l’impegno di professionisti del settore così come la danza aerea che si sviluppa all’interno dei quadri stessi. Sono molte le persone che devo ringraziare. Da Elisa Barucchieri, che ha realizzato le splendide coreografie e la danza aerea, a Gianni Stabile, responsabile per l’Unita C1 della produzione video, a Federico Giorgi che per la Polyfrog ha realizzato le parti di post-produzione e di level design. Ma anche tutti i musicisti, da Luca Pincini, interprete di tutte le parti di violoncello a Marco Cascone, fisarmonica solista nella partitura del tango. Si ringrazia spesso dicendo: “se non fosse per loro questo progetto non sarebbe stato lo stesso” ecco, qui è andata proprio così, Rendering Revolution è un lavoro d’equipe, dove ognuno ha trovato stimolo dal lavoro dell’altro, proprio nell’ottica della sinergia interna che regola il progetto stesso.

La “rivoluzione” caratterizza il suo progetto e anche la sua vita. Ha scelto giá all’etá di 8 anni la sua strada: l’amore per la musica. Quest’ultima come ha rivoluzionato la sua vita?

Io non provengo da una tradizione di musicisti, ma ringrazio la mia famiglia per tutto l’aiuto che ho ricevuto. Debbo anche ringraziare Giorgio Caproni, che ho avuto la fortuna di avere come maestro elementare.

Caproni, oltre ad essere un grande poeta, veniva da studi musicali molto seri. Con il suo insegnamento assolutamente non convenzionale ci trasmetteva amore per l’arte e per la scienza. Solo molto più tardi ho realizzato che le mie scelte artistiche erano state influenzate dal suo insegnamento e dalla sua grande sensibilità. Aveva il dono della leggerezza, con lui studiavamo Collodi e Calvino, assolutamente fuori programma, ma avevamo sempre la sensazione di giocare. Ecco il gioco, l’importanza del gioco in senso ampio, come la consuetudine che Caproni aveva nell’assegnarci dei ruoli; al posto degli allievi c’erano i segretari, ognuno di noi con una funzione ben precisa.

Invece del capoclasse noi avevamo il capostazione e a proposito di trenini, avevamo un plastico meraviglioso che campeggiava perennemente nella nostra aula. Ognuno portava dei pezzi, rigorosamente di marca Rivarossi, e ne era direttamente responsabile. Ci sentivamo partecipi, non lo temevamo, ma avevamo per lui una profonda ammirazione. Il suo atteggiamento nei confronti dell’insegnamento tradizionale era rivoluzionario e desueto, ecco, forse è proprio da lì che nasce la mia voglia di confrontarmi con progetti poco allineati.

Dietro ogni film di successo c’é spesso un’importante colonna sonora. Nella nostra memoria, i film che preferiamo, spesso li associamo a una musica che resta nei nostri cuori. Quanto é importante la colonna sonora in un film?

Come Stefano Mainetti, ho sempre vissuto la musica da film come una parte essenziale della settima arte. Credo che la naturale evoluzione dell’Opera, una creazione tutta italiana, sia proprio il cinema. Certo non è “recitar cantando” ma unisce comunque diverse forme d’arte: recitazione, musica, costumi, scene, regia. Tutto questo con l’unico scopo di stimolare, arricchire, meravigliare e far riflettere lo spettatore. In questo Rendering Revolution ha delle affinità elettive mutuate proprio dall’esperienza operistica e da quella cinematografica.

La musica da film è un arte relativamente giovane ed è in continua evoluzione. Mentre un tempo si faceva affidamento a melodie facilmente memorizzabili, oggi si tende a favorire un discorso musicale più legato all’orchestrazione pura fino a sconfinare nel sound design. Si è perso parzialmente l’utilizzo del tema riconoscibile, del leitmotiv, a favore di un coinvolgimento subliminale che tenda a non distrarre lo spettatore con elementi musicali troppo ridondanti. Non è né un bene né un male, ritengo sia una fase di trasformazione che sfocerà in ulteriori interessanti sviluppi.

Un consiglio che vuole dare ai giovani che vorrebbero diventare “compositori”, in un periodo in cui la musica sta attraversando un periodo di crisi.

Non è la musica ad attraversare un periodo di crisi, è il sistema occidentale ad essere messo in discussione. La musica semmai descrive questo periodo di stasi e di mancanza di una identità definita. Compito dell’arte è quello di sedimentare, di provocare e di creare interrogativi ma è anche quello di riflettere il periodo in cui si muove. In questo senso trovo che la musica attuale, non solo le colonne sonore, descriva in maniera più o meno consapevole l’oblio e la mancanza di orientamento nel quale ci troviamo.

I giovani fanno benissimo per conto loro, è pieno di valenti musicisti, ora come allora, solo che non si chiamano più Bach o Mozart e si esprimono con i mezzi di oggi in un contesto artistico e sociale completamente diverso.

Come pensa che l’utilizzo delle “nuove tecnologie” possa influenzare, in modo positivo o negativo, la composizione nella musica da film?

La crescita esponenziale dell’elettronica negli ultimi anni ha reso disponibile a chiunque una serie di tecnologie musicali che una volta sarebbero state appannaggio esclusivo di laboratori specializzati o di sperimentatori molto evoluti. Questo è sicuramente un vantaggio ma comporta anche un rovescio della medaglia: Se da un lato è possibile accedere virtualmente ad una serie di strumenti musicali e suoni inimmaginabili fino a qualche anno or sono, con evidenti e tangibili benefici, è anche vero che l’uso improprio di questa elettronica a largo consumo, ha abbassato enormemente la qualità delle colonne sonore contemporanee.

Non bisogna infatti confondere, quando si parla di elettronica, l’uso consapevole e la creazione di suoni, resa possibile dai vari sintetizzatori, con l’utilizzo e l’abuso fatto dalle tecniche di campionamento. Anche qui vanno fatti i dovuti distinguo, perché la tecnica dei samples permette di avere accesso immediato alle idee musicali, velocizzando il lavoro di pre-produzione della musica e mettendo la produzione in grado di verificare di volta in volta il lavoro del compositore, ottimizzando tempi e costi. Il problema nasce invece quando questi campioni sono utilizzati per sostituire l’orchestra in fase finale, con samples che sono sempre più uniformati e standardizzati, amalgamati in un pastone sonoro sempre più uguale a se stesso. Infatti, questo tipo di “elettronica” apre le porte a tutta una serie di non professionisti del settore che con poca spesa riescono ad avere l’attrezzatura sufficiente per poi “spacciarsi” per compositori. Come sempre la scienza è “buona”, è la sua applicazione tecnologica che può creare delle storture nel sistema. È chiaro che un intelligente utilizzo di tutti i mezzi messi a disposizione dalle nuove tecnologie musicali potrà portare innovazione, creatività e nuova linfa al mondo della musica.

È altrettanto ovvio quanto l’uso improprio di questi stessi mezzi stia sminuendo il valore della composizione, soprattutto nel complesso ed articolato universo della musica da film.

Su Maria Rita Marigliani

Giornalista Pubblicista, Ufficio Stampa e Social Media Manager. La comunicazione rappresenta, da sempre, un’opportunità di evoluzione e crescita necessaria per me e per la conoscenza degli altri.

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