Curiosità e ricordi, chiacchierando con Vittorio De Scalzi
Cantautore, musicista e poli-strumentista italiano, ecco il profilo di Vittorio De Scalzi che fondatore del complesso i “Trolls” insieme a Pino Scarpettini che festeggia la sua carriera e ci racconta un po’ di storie sulla sua musica.
Con un concerto-spettacolo per i 50 anni di carriera al Teatro San Carlo di Napoli ed accompagnato dalle Orchestre dirette dal Maestro Leonardo Quadrini (Orchestra sinfonica e Coro del Conservatorio A. Casella de L’Aquila e Orchestra Sinfonica di Salerno Claudio Abbado), il grande evento vedrà tanti ospiti.
Solo per menzionarne qualcuno: Gino Paoli, Patty Pravo, Katia Ricciarelli, Drupi, Peppe Barra, Sal Da Vinci, Neri per Caso, Aldo Tagliapietra, Lino Vairetti, Clive Bunker (Jethro Tull), Armando Corsi, Renanera, Zibba, The Beatbox e Patrizia Del Vasco.
In merito Vittorio ci ha concesso una intervista molto intensa di significati.
Cinquanta anni di onorata carriera di ispirazioni continue, musica e parole. Qual’è la scena musicale attuale in Italia?
Partiamo dal tetto, la scena rispetto al mio excursus temporale è cambiata tantissimo. Mi manca tantissimo il fatto di non avere un “disco” come parola antica, che oggi si chiama invece supporto fisico. Questo fa si che la musica non abbia più una sede, o meglio, ne ha tante, ma questo diventa a volte una penalizzazione perché un bel brano può andare a finire nel mare delle canzoni e c’è chi non sa nuotare… ma c’è anche chi ascolta forzatamente quello che gli viene proposto.
Ci sono tanti buoni prodotti ma sono volanti. Una volta c’era meno scelta, e quella poca scelta rilasciava il tempo ed il rito dell’ascolto.
La canzone alla quale Vittorio è più affezionato.
Domanda difficile, ma sicuramente il brano “Una miniera”, perché è una canzone antica. Purtroppo ha una triste storia dentro. Parla di un crollo di una miniera e a distanza di 49 anni, la mia tristezza è che cose del genere succedono ancora. Mi è rimasta nel cuore. Ma proprio come L’Attesa, il mio nuovo brano, anche miniera parla di una mancanza, e quindi è una cosa che torna.
Come poli-strumentista e cantante dei New Trolls ha partecipato a otto edizioni del Festival di Sanremo. Facciamo una differenza talent show / Sanremo?
Diciamo che anche il Festival di Sanremo aveva la pretesa di sfornare prodotti commerciali. Ci sta riuscendo di nuovo? Io ne ho fatti otto di Sanremo, sette con i New Trolls e l’ottavo come autore e forse (ride) è l’unico che è andato bene per Drupi (Soli) in quanto siamo arrivati terzi.
Sanremo è uno shot, mentre i talent ci sono tutti i giorni. In qualche anno in particolare, troppo poche le belle canzoni se non le cover.
Parliamo de L’Attesa, il singolo ispirato al suo mare e prodotto dal conterraneo, il cantautore Zibba.
Parliamo subito di Zibba per il quale ho grande stima. Siamo due cantautori liguri e della scuola genovese, e lui per me è stato un trade-union con il vestito della mia canzone. Lui è più vicino ai giovani di me anche se la poesia non ha età. L’attesa… beh… ci tengo poco a spiegare le canzoni, perché spero sempre che qualcuno abbia delle emozioni in più rispetto a quello che io voglio dare e dire.
“Qualcuno che a casa aspetta a distanza di anni, non è mai facile parlare di se stessi e la poesia ti aiuta…” questa è una frase della canzone che rimane!
Un grande concerto il 15 maggio con Vittorio De Scalzi, special guest al Teatro San Carlo di Napoli. Parliamo di questo evento.
Un coraggioso… mi reputo un coraggioso, anche perché il San Carlo mette soggezione (ride). Ho fatto un sopralluogo e mi sono sentito uno gnomo rispetto al San Carlo ed allora ho cominciato ad invitare amici e collaboratori. Ho invitato amici di sempre, ma anche personaggi relativi a Napoli. Abbiamo scritto in passato una canzone, in quanto egli Lucio Dalla dichiarò che avrebbe voluto nascere a Napoli. A Peppe Barra invece ho chiesto di cantare De Andrè con me.