Claudio Gioè poliedrico attore, riceve un riconoscimento legato al grande Massimo Troisi, nella sua Sicilia, girò “Il Postino”. In attesa di poterlo rivedere in Màkari, un successo della scorsa stagione ci racconta un po’ di novità.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo a Claudio Gioè. Come stai?
Grazie a voi. Molto bene, grazie!
Come hai affrontato il periodo legato al lockdown?
Con rassegnazione, come tanti, d’altronde. Spero che tutto possa terminare, il prima possibile.
Hai ricevuto il Premio Troisi, nella fantastica Salina, come: “Attore siciliano fuoriclasse, ha saputo coniugare cinema e televisione con grande talento ed eccelsa preparazione artistica”. Quali sensazioni sono legate a questo riconoscimento?
Gratitudine, sicuramente. Ricordare una personalità come quella di Massimo Troisi è sempre una cosa molto bella. Massimo è nei nostri cuori, ancora oggi. Sono doppiamente felice, tra l’altro, di aver ricevuto questo premio nella mia bella Sicilia. Ci tengo a ringraziare gli organizzatori del Festival.
Graduatamente si cerca di tornare ad una normalità..
Si, la presenza del pubblico ci ha davvero rinfrancato. Avevamo bisogno di tornare alla normalità.
Sei reduce dal successo di Màkari. Quale pensi sia il segreto per una fiction fortunata?
La leggerezza, senza alcun dubbio. Dopo questo periodo così nero, come dicevamo prima, rivedere un po’ di luce, mare e spensieratezza, ha fatto bene a tutti. Forse quello è stato l’elemento che ha interessato di più il pubblico, insieme alle belle storie di Gaetano Savatteri e alla splendida regia di Michele Soavi. Grande elogio anche al resto del cast, che si è speso enormemente per cercare di raccontare al meglio il modo di vivere del sud. Si è cercato di creare un senso di leggerezza, andando oltre gli stereotipi, i luoghi comuni e le tragedie che, purtroppo, hanno interessato la nostra Sicilia.
Hai preso parte a molte fiction di successo. Cosa comporta una lunga serialità?
Un grande impegno e tanta pazienza. È come essere nel pieno di una maratona. Si attraversano momenti intensi di lavoro, in cui serve restare concentrati, tenendo il punto della storia, del racconto.
Tanti personaggi, molte vite da raccontare. C’è un ruolo che ti è rimasto nel cuore?
Questa domanda, puntualmente, mi porta ad essere in difficoltà. In ogni personaggio vi è un aspetto risonante. Forse, da palermitano, sono portato a preferire personaggi che sono vicini alla storia della mia terra. Potrei parlarti del ruolo avuto ne “La mafia uccide solo d’estate”, in cui interpretavo una persona buona, oppure anche lo stesso Saverio Lamanna che, cinicamente, torna nella sua terra per cercare di riscoprire sé stesso, spolverando così un po’ di luoghi comuni.
Sappiamo che, da Roma, sei tornato a vivere nella tua splendida Sicilia.
Avevo lasciato dei pezzi importanti, in questa terra. Ho quindi deciso di tornare a Palermo, dove tutt’ora vive la mia famiglia.
C’è qualcosa che non sei ancora riuscito a realizzare?
Tantissime cose, come il teatro, ad esempio. È, nel mio caso, difficile da portare avanti, e spero di potergli dedicare presto del tempo. La realtà teatrale in Italia è complicata, caratterizzata da logiche che fatico a capire. Continuerò ed insisterò.
Cosa prevede il tuo futuro artistico?
Stiamo per cominciare le riprese di altri episodi di Màkari. Saranno pronti per la prossima primavera.