Cambiare il titolo originale “The Mortal Instrument” in “Shadowhunters“? Solo noi possiamo…
Negli ultimi anni abbiamo visto diffondersi questo stile iniziato da Twilight e portato avanti fino allo sfinimento a volte anche in maniera convincente: vampiri, licantropi, lupi mannari, sono diventati parte dell’interesse di tutti i teenagers solamente perché a far di contorno a tutto ciò è presente la storia d’amore. E a volte questi risultati possono incominciare bene e poi scadere nel ridicolo (Twilight), essere mediocri (Warm Bodies) e essere estremamente validi e, guarda caso, sono quelli che incassano di meno (Beautiful Creatures).
Questa volta parliamo di qualcosa di estremamente simile: nuova trasposizione da un libro o per meglio dire una saga di libri che, se avrà successo dal punto di vista del box office verrà trasposta interamente e purtroppo visto gli incassi ne abbiamo la conferma. Perché purtroppo? Perché a differenza del ben più valido ma dai disastrosi incassi “Beautiful Creatures” “Shadowhunters – Città Di Ossa” non funziona per più di una circostanza e quel poco che funziona finisce per funzionare male.
Il film parte carico immediatamente con una minuscola se non quasi invisibile caratterizzazione dei personaggi e ci rendiamo subito conto della grande pecca alla sceneggiatura. La partenza è eccessivamente sprint così come le reazioni dei personaggi agli avvenimenti della vicenda che viene raccontata in maniera frammentaria e in diverse circostanze in maniera anche confusionaria. Dopo la prima sequenza d’azione la consapevolezza di vedere un film mal funzionante è estremamente presente: la CGI utilizzata nel film nonostante l’alto budget utilizzato è semplicemente inguardabile, ai limiti del paragone con l’Asylum; ma è possibile che ne 2013, dopo After Earth e Il Cacciatore Di Giganti si debbano ancora vedere casi di CGI così scadente? E’ impossibile quasi a crederci.
Le sequenze d’azione intrattengono quanto basta ma soprattutto nella prima parte di film vengono sfruttate a ripetizione e male vista la sequenza di mosse e decisioni prese dai protagonisti eccessivamente ridicole e stupide.
La cosa più grave di tutto ciò? E’ che il film si prende in giro da solo. Cerca di dare uno sguardo serioso alla vicenda cercando di immergere lo spettatore nella storia e nelle emozioni dei personaggi ma rovina tutto con l’inserimento di battute, neanche divertenti, che risultano fastidiose, fuori luogo e estremamente ridicole; perfino in una delle sequenze più belle del film, ossia nello sviluppo del rapporto tra i due protagonisti se per un attimo lo spettatore si sente attratto dal punto di vista visivo ed emotivo da quell’avvenimento il secondo dopo perde tutta quella magia per le solite e sconclusionate battute. Come se non bastasse a quest’ultimo aspetto vengono dedicate scene intere che dopo averle viste risultano estremamente inutili. La seconda parte di film si aggiusta leggermente ma non basta a salvare il risultato di una sceneggiatura con momenti eccessivamente inutili e portati avanti allo sfinimento e con uno sviluppo e una caratterizzazione dei personaggi ai limiti dell’inverosimile.
La regia di Zwart (già regista dei gradevoli “The Karate Kid – La Leggenda Continua” e “La Pantera Rosa 2”) sembra essere troppo frammentaria e confusionaria e ciò lo si può notare soprattutto dalle sequenze d’azione troppo frenetiche e mal messe in scena.
Una seconda parte di film leggermente più gradevole non salva un film dai molteplici e ripetitivi difetti e uno dei più marcati è l’eccessiva durata di 130 minuti nei quali diversi avvenimenti potevano essere evitati e si poteva dare molto più spazio alla figura emotiva di ogni personaggio che, ancora una volta, sembra campata per aria.
La fotografia d’altro canto è valida con sequenze cupe che si alternano a luminose utilizzando un filtro sempre sulla via di mezzo.
Per quanto riguarda le prestazioni attoriali vengono penalizzate dalla scrittura dei personaggi anche se riescono a svolgere il loro lavoro attoriale in maniera comunque convincente: Lily Collins, nonostante abbia il pregio di essere diventata estremamente splendida dai tempi del Biancaneve di Tarsem si comporta molto bene sullo schermo ma la consapevolezza che potesse fare di meglio c’è. Robert Sheehan, conosciuto per essere il protagonista della serie tv Misfits è il personaggio che funziona di più nell’intera vicenda: sembra il più omogeneo, il più spontaneo e il meno ridicolo fra tutti di fatto le uniche battute valide del film sono dedicate a lui. Jamie Campbell Bower, uno dei protagonisti dello Sweeney Todd di Tim Burton e già presente in film di genere come Harry Potter o Twilight risulta discordante e altalenante: il suo personaggio non arriva mai ad un identità specifica nel film e la sua impassibilità facciale non fa altro che peggiorare tutto ciò. E’ presente tra i tanti Jonathan Rhys-Meyers, attore molto affermato nel panorama hollywoodiano e risulta essere una delle poche cose che del film funziona nonostante il suo personaggio sia stato scritto veramente male.
In conclusione: non mi sento di parlare di occasione sprecata perché il genere c’ha già abituato a flop totali ma “Shadowhunters: Città Di Ossa” è una saga morta in partenza per la poca cura e l’eccessiva volontà di strafare ma con risultati esageratamente negativi.