A tu per tu con Jacopo Cavallaro tra fiction e web
Incontriamo una giovane promessa della televisione italiana, Jacopo Cavallaro che nasce da una famiglia di artisti con padre scenografo e madre pittrice.
Dopo tanto teatro, all’età di 18 anni diventa coprotagonista della serie “Il capo dei capi“, e da li comincia a far parte del cast della miniserie Squadra antimafia – Palermo oggi fino a prendere parte a Come un delfino con Raoul Bova.
In TV con Libero Grassi, sempre su Canale 5, ecco cosa ci racconta:
Jacopo Cavallaro, sei tra i protagonisti di serie TV di successo e l’ultima è Libero Grassi su Canale 5. Ci parli del tuo personaggio?
Il mio personaggio all’interno della serie Libero Grassi è Salvino Madonia, figlio del fu Francesco Madonia. Detenuto dal 91, dal 10 luglio 92 al 41 bis. Condannato in via definitiva a più ergastoli per associazione mafiosa (nel 97), omicidi, armi, droga, estorsione. Andò dritto ad uccidere Libero Grassi, l’imprenditore tessile che non aveva voluto saperne di pagare il pizzo, e non solo aveva denunciato i mafiosi alle autorità, ma aveva scritto una lettera aperta sul Giornale di Sicilia, ed era andato anche in televisione, a Samarcanda, a farsi intervistare da Santoro.
E’ un personaggio figlio della società che lo circonda, cresciuto in un ambiente in cui purtroppo tutto è già scritto, un po’ come quando il figlio di un medico decide di intraprendere la strada del padre, la comodità di averci già qualcuno in famiglia fa si che tutto diventi più semplice, se a tutto questo si unisce il fatto che per ogni azione illegale e brutale vieni pagato molti soldi, chi viene da un trascorso di povertà, cade subito nell’inganno di potersi arricchire facilmente in questo modo.
Il regista Graziano Diana, ha voluto dare al mio personaggio un umanità non indifferente, non per renderlo buono e amato dal pubblico, ma per far comprendere l’aspetto umano di Salvino, e di conseguenza fargli capire il perchè e il come delle sue azioni. Non è insomma il classico stereotipo del mafioso o del cattivo di turno, ma ha un immagine molto più simile al cinema americano.
Nella tua carriera anche molto teatro. Che punto di incontro trovi tra fiction e teatro?
Il mio punto di incontro da fiction e teatro è sicuramente il modo di approcciarmi ad essi, che inizialmente è uguale, fatto cioè da alcuni passaggi legati allo studio del personaggio simili se non uguali. La fase successiva è quella che stravolge completamente tutto, ovvero la messa in scena. Molto spesso infatti decido di non fare teatro quando sto girando un film, diciamo che la maggior parte delle volte non posso decidere facilmente, e mi ritrovo ad essere in scena con un Romeo, mentre interpreto un mafioso in TV.
Vieni da una famiglia di artisti. Che rapporto hai con il mondo dello spettacolo?
Quando nasci e cresci in un ambiente come quello della mia famiglia, in cui in a qualsiasi ora del giorno non si fa altro che parlare di spettacolo, diciamo che arrivi o ad odiarlo questo mondo, o ad amarlo con tutto te stesso. Io e mio fratello Mattia Cavallaro compositore di nuova generazione siamo caduti nella trama di questo mondo e ne viviamo come dei bambini che hanno sempre giocato in questo luogo. I miei genitori non hanno scelto niente per me, ne tanto meno mi hanno costretto a fare quello che faccio, è stato tutto dettato dalla casualità e da questo stare al gioco inconsciamente.
Film e canzone preferita?
Se dovessi scegliere un film preferito, cosi senza pensarci direi “C’era una volta in America”. Mentre una delle mie canzoni preferite è senza dubbio “Stairway to heaven” dei Led Zeppelin.
Hai partecipato anche a Generazione donna, una web-series. Cosa vedi per gli attori nel futuro del web?
Credo molto nelle web series, occorre che il mercato si apra sempre di più a questo nuovo canale di comunicazione, in quanto ormai il prodotto audio-visivo sembra tendere verso questa unica direzione, per diversi motivi: in primis la facilità con cui il pubblico può guardarlo attraverso il suo smart-phone e poi perchè avvolte ti ritrovi a guardare dei video casualmente aprendo delle pagine, che poi però ti appassionano e rimani li incollato fino alla fine.
Generazione donna è stato un esperimento di genere, riuscito molto bene, in cui ero una sorta di tronista di uomini e donne, reso in maniera macchiettistica e ironica al massimo.
Nuovi progetti all’orizzonte?
Per nuovi progetti si parla sicuramente di teatro, in cui sarò impegnato con una tournée italiana con lo spettacolo Odissea, in cui interpreto il giovane figlio di Ulisse Telemaco. Più avanti metterò in scena un adattamento della storia di Salvatore Giuliano, ultimo bandito italiano e poi in primavera, dovrei dar vita ad un progetto cinematografico di cui sono lo sceneggiatore, dal titolo “U Lupu”, storia tra il fantasy e il reale ambientata alle pendici dell’Etna, luogo in cui sono nato e cresciuto.