Valentina Corti

Valentina Corti: sono profondamente grata al pubblico!

Incontriamo l’attrice Valentina Corti, attualmente impegnata in Teatro con “Storia di una bella e di una bestia”, in scena fino al 6 gennaio 2022, alla Cappella Orsini di Roma.

Valentina Corti

Una ragazza solare, un’attrice poliedrica, per un incontro piacevolissimo, in cui affrontiamo un breve excursus sul suo percorso artistico, sui futuri progetti lavorativi.

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Valentina Corti. Come procede il tuo vissuto?

Dopo un periodo di fermo, sono nuovamente in scena con “Storia di una bella e di una bestia”, un bellissimo spettacolo. Si intravede un periodo florido, di ripresa e sono davvero felice che ciò accada.

Attualmente, come ci anticipavi, sei in teatro con “Storia di una bella e di una bestia”, insieme ad Alessio Chiodini. Cosa puoi dirci a riguardo e quali sensazioni sono legate a questo ritorno sulle tavole del palcoscenico?

Ho incontrato Alessio in occasione dell’audizione, tempo fa, a cui ho preso parte con la voglia, la speranza, di tornare a calcare le tavole del palcoscenico dopo tanto tempo. Un ritorno, quello a cui auspicavo, speciale e, di conseguenza, ancora più particolare con una fiaba, un lavoro da sempre apprezzato, specie dai più giovani, grazie alla Disney. Un’eroina romantica, la mia Belle, moderna, se vogliamo, che dalla provincia si ritrova a sopravvivere in un contesto, una prigionia, che la porterà a crescere, rivelandosi un’esperienza importantissima. La storia di un sentimento impossibile che, con la dolcezza di Belle, riesce a far ripartire il cuore di una bestia, un personaggio disilluso, freddo.

Valentina Corti

Affrontiamo un breve excursus. Cosa ti ha spinto ad avvicinarti alla recitazione?

Ho sempre avuto una forte sensibilità verso tutto ciò che è arte, che si trattasse di musica, cinema o quanto altro. Ero estremamente timida, riservata e mai avrei pensato di poter diventare un’attrice, piuttosto una veterinaria. Ho poi preso parte, da ragazza, alle prime pubblicità, affrontando provini, infinite attese legate a risposte mai arrivate, per poi essere sul set di una fiction che mi ha tenuta a battesimo, “Fidati di me”. Da lì in poi, questa passione ha preso sempre più il sopravvento e, dopo aver affrontato altri piccoli ruoli, è arrivata l’occasione di “Un Medico in Famiglia”, di cui sono stata protagonista, per poi affrontare, in un turbinio di emozioni, ruoli in costume e progetti internazionali.

Il 2014 ti regalò la possibilità di diventare protagonista di una stagione intera de “Un Medico in Famiglia”, nel ruolo di Sara Levi. Che ricordo hai di quel set?

Ricordo con emozione quel periodo! Eravamo molto affiatati, davvero uniti, e questo tendeva a semplificare le cose, nonostante avessimo età differenti, tra bambini, adolescenti e artisti del calibro di Lino Banfi e Milena Vukotic. Un lavoro, un cast, che mi è rimasto nel cuore e che di certo non dimenticherò facilmente. Ho voluto un bene enorme alla mia Sara Levi. Ancora oggi, e di questo li ringrazio, ricevo messaggi che parlano di lei, dell’amore insito in quel personaggio. Ho sofferto nel doverle dire addio, proprio come se dovessi lasciar andare un pezzo di cuore.

Che rapporto hai con il pubblico, con chi ti ferma per strada?

Sono grata a tutti coloro che riconoscono in me qualcosa che possa riportare alla loro persona o che, semplicemente, si sono emozionati nel vivere i personaggi che ho avuto modo di interpretare nel corso degli anni. Mi emozionano i loro saluti e complimenti, le loro strette di mano. Sono consapevole che una parte del mio lavoro vive in funzione di questo, della risposta che ne rileva il pubblico, in questo codice universale che viene veicolato attraverso le emozioni e, a sua volta, mi sorprende sempre realizzare quanto sia efficace entrare nel vissuto altrui, in maniera discreta.

Chi è Valentina oggi e quanto è riuscita a realizzare di quei sogni che inseguiva da ragazza?

Sicuramente, rispetto alla Valentina ventenne, oggi sono più consapevole del mio vissuto, del percorso svolto. Da giovane, ero in balia di ciò che mi accadeva, esternamente parlando, cosa che non si verifica attualmente. Sono decisamente maturata e, allo stesso tempo, credo di aver conservato l’energia che avevo a suo tempo. Per quanto riguarda i sogni, mi auguro di averne sempre tanti, senza doverli realizzare per forza tutti, evitando di restarne senza. Sono, di certo, una donna più pacata, adesso, a mio agio con le emozioni che vivo, con il mio lato oscuro, con l’accettazione di tutto, non soltanto dei lati belli.

Nel 2016 sei stata protagonista del corto, ad opera di Adelmo Togliani, “La Macchina umana”. Che esperienza è stata?

Stimo molto Adelmo Togliani, sia dal punto di vista professionale che personale. Ritengo sia un bravo attore, ma anche un ottimo regista, con una sensibilità fuori dal comune. Ho accettato subito la sua proposta, specie per il genere poco battuto, qui in Italia. L’idea è quella di trasformare la storia che ruota intorno a “La macchina umana” in un lungometraggio. Le riprese sono state realizzate nel Cilento, sfidando freddo e vento, ma il risultato è ben visibile e spero si possa notare sempre più. Vi è grande qualità in questo lavoro, grande umanità.

Un personaggio a cui sei ancora particolarmente legata e un ruolo che non hai ancora avuto modo di portare in scena?

Sono legata a tutti i ruoli svolti, seppure me ne sia distaccata, allo stesso tempo. Capitoli della mia vita che, non appena conclusi, ho lasciato andare, serenamente. Mi piacerebbe interpretare un personaggio che possa far emergere delle corde tormentate, in contrasto con il mio essere, con la mia fisicità. Mi piacerebbe portare in scena qualcosa che il pubblico non si aspetta, un personaggio dalle tinte forti, che possa sconvolgere in pieno gli equilibri.

Quali consapevolezze ha apportato al tuo vissuto la pandemia che ancora oggi ci ritroviamo ad affrontare?

Sicuramente ha portato ancora più incertezza, in uno scenario legato al caos, all’imprevedibilità. Un attore, solitamente, è abituato a vivere nell’incertezza, ad ogni fine progetto. Durante il primo lockdown ho provato un certo sollievo nel sapere che fossimo tutti sulla stessa barca, forse perché legati alle stesse regole, le stesse incognite. Diversamente, il restare poi fermi per così tanto tempo, mi ha portata ad aver voglia di avere vicine le persone a cui tengo e quindi anche gli amici, il semplice tornare alla vita, alla routine quotidiana. Nulla è scontato, sicuramente, così come il poter stare bene e in salute e chissà se avremo davvero modo di tornare alla normalità o se si tratterà di un semplice cambio di direzione, nelle vite di ognuno di noi. L’insegnamento, forse, è proprio nell’apprezzare le cose quando si hanno e non quando ci vengono tolte, semplicemente.

Cosa prevede il tuo futuro artistico?

Al momento non posso anticiparvi molto. Posso soltanto dirvi che, con alcuni colleghi, stiamo buttando giù le basi per poter realizzare una serie web. Saprò dirvi di più in futuro!

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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