Emanuela Mari. Foto fornite dall'intervistata
Emanuela Mari. Foto fornite dall'intervistata

Emanuela Mari: Femmes è l’indagare l’emozione della donna

Incontriamo oggi per la nostra intervista Emanuela Mari, affermata attrice, cantante e pianista che spazia dalla musica classica alla lirica, alla cosiddetta musica popolare con particolare focus su quella napoletana e romana.

Emanuela Mari. Foto fornite dall'intervistata
Emanuela Mari. Foto fornite dall’intervistata

Diplomatasi in pianoforte al Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli e in canto al Conservatorio di S. Cecilia di Roma, ha una preparazione musicale profonda oltre che una sensibilità umana ed artistica che apprezzerete incontrandola. E’ stata protagonista di spettacoli ed eventi con anche rievocazioni storie dell’antica Roma. Suo è il Varietà “Femmes” che ha spopolato nella scorsa stagione teatrale e che viene riproposto nella nuova stagione del Petrolini in una originale nuova version, portandoci con grande garbo nella conturbante Belle Époque. 

Benvenuta Emanuela Mari cominciamo dagli inizi, come è nata la passione per il mondo della musica e del teatro

Ben presto. In realtà ho scoperto di avere questa passione fin da bambina. Potremmo dire che facevo teatro, a modo mio, già da piccolissima. Ho studiato poi musica che è diventata la strada principale artistica, ma appena ho potuto ho messo piede in teatro ed esternato quello che avevo dentro da molto tempo: mettere in scena il piacere del teatro brillante e musicale.

Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato?

Sono cosciente di avere un genere mio proprio, forse anche un po’ demodé, di nicchia. Un genere che è sempre meno frequentato. Ecco io cerco di rilanciarlo invece, e supero così, con passione, le difficoltà. Cerco di mettere questa nostra bellezza tutta italiana sulla scena, sia per non perdere le tradizioni, sia perché sono amante della cultura. Il genere che tratto a Roma forse è meno compreso, ma lo faccio ugualmente perché mi appartiene profondamente e perché ritengo che uno dei danni maggiori del nostro tempo sia proprio la mancanza di cultura e di aver perso molte delle nostre tradizioni. Non mi rassegno dunque, sono caparbia e non voglio far morire queste cose, anzi cerco di ricordarle e farle ricordare. Bisogna crederci. Il mio fare teatro in qualche modo è anche un’operazione culturale e di difesa di ciò che siamo, che all’estero è una delle nostre eccellenze riconosciute.

Le più grandi soddisfazioni invece?

La più grande soddisfazione credo sia quella di aver avuto e di avere molte persone che credono e sostengono i miei progetti. Sia nell’ambito della compagnia con cui si affrontano tante difficoltà, sia da parte del pubblico. Devo dire che gli artisti, le persone con cui collaboro, fanno questo mestiere proprio con il cuore, credendoci. Questo mi conforta  e mi convince che c’è qualcosa di vivo, che pulsa, per il quale vale la pena salire, perché la nostra, quella dell’artista, è una salita faticosa. Legato invece al mio spettacolo, il Varietà “Femmes”, la più grande soddisfazione è stata riscontrare il successo della scorsa stagione. Successo, lo dico sinceramente, che mi ha anche sorpresa per l’affetto ed il gradimento del pubblico. Questo mi ha spinto a migliorare lo spettacolo che proprio in questi giorni debutta nella sua seconda stagione al Teatro Petrolini con ben 10 serate.

A proposito del Varietà, come è nata l’idea di “Femmes” e perché proprio questo titolo?

“Femmes” uguale Donna, ed il Varietà “Femmes” è l’indagare l’emozione della donna, di qualunque epoca, ma ho scelto la Belle Époque perché è in quel periodo che è iniziata la sua emancipazione sociale e personale. Un varietà dunque dedicato alle donne ed i personaggi femminili scelti, sono pretesti per esaltare proprio la bellezza femminile, il suo sentire, il suo rapporto con l’amore, le sue sfumature emotive. La figura maschile, interpretata dal tenore, ne resta inevitabilmente intrigata ed adorante. Negli ultimi tempi vedo inoltre che va molto di moda parlare della donna, ma se ne esalta la parte più brutta, la violenza subita, la donna umiliata. Io invece volevo metterne in evidenza la bellezza e i suoi vari aspetti patendo dalla sensibilità, all’erotismo femminile, la seduzione, la passione, il romanticismo, e tutte le emozioni che le donne, ogni donna, ha.

Quando hai scelto di cimentarti con questa esperienza che emozioni hai provato nel prendere questa decisione?

La prima emozione è stata quella di sentirmi volare nel mio mondo. Finalmente riuscivo ad uscire dal quotidiano per volare quasi come in un itinere per tornare a casa. Un modo per librarsi con la massima possibilità espressiva. Certo c’era la paura di affrontare questo grande progetto ed anche di affrontare il pubblico, ma questo ci sta pure. E la giusta adrenalina, quella parte di “sana” ansia che ti spinge a dire “ce la devo fare, per il mio sogno”.

Quale personaggio si avvicina di più a te?

Ti posso dire che sono tutti aspetti di me, chi in un modo chi un altro, ma penso anche di ogni donna che abbia un temperamento artistico. Ognuna ha quei tanti aspetti che compongo la figura femminile, da quello delicato, sensuale, alla donna che ama, che conquista, che sogna.

Il pubblico in sala, secondo te, si diverte?

Prima di tutto il pubblico mi dice, al termine dello spettacolo, che ha trascorso una serata piacevolissima e questo mi riempie di orgoglio. Divertirsi poi vuol dire che si passa un’ora e mezza immersi in una dimensione anche di sogno se vuoi. Si viene trasportati nell’età della bellezza, che era proprio al massimo splendore nel periodo della Bella Époque. E’ come far entrare le persone nella Parigi bellissima di quei tempi in cui c’era l’amore per il passare delle belle serate, il gusto della cultura.
Si, devo dire che il pubblico si diverte. Ovviamente deve amare l’operetta e questo genere di Varietà.

Cosa ti piace in particolarmente del tuo Varietà?

Uno dei miei più grandi sogni era la danza cassica, quindi mi piace in particolare il momento in cui vedo questo brano di spettacolo. Per me sono momenti emozionanti da vivere anche attraverso gli altri artisti vedendo danzare le scarpette con le punte. Forse, però, ciò che mi piace di più sono le musiche. Le ho scelte una ad una, con tanta cura, impiegando tantissimo tempo anche per i relativi arrangiamenti. Proprio perché la musica è al di sopra di ogni altra cosa ed è arte ed emozione pura. Io vivo di questo, vivo di emozioni e quindi la musica è sicuramente l’aspetto che mi coinvolge di più e trascina non solo me, ma anche il pubblico, nel cuore dello spettacolo.

Non solo “Femmes”. Hai fatto molte altre cose, ce ne vuoi parlare più diffusamente e cosa vorresti fare “da grande”?

A parte i concerti lirici di operetta ed un paio di opere, l’aver fatto per due volte “La Traviata”, mi sono dedicata alla musica napoletana, anche se in realtà sono romana. Mi riconosco molto in quella che potrei chiamare la mia radice partenopea. Ho fatto diversi spettacoli in cui ho portato avanti la musica popolare napoletana oltre che quella classica.
Cosa voglio fare “da grande?” Probabilmente dopo “Femmes” potrebbe essere proprio questo il tema, la musica popolare napoletana, che rivisiterò e riporterò in scena in un nuovo modo, in un nuovo spettacolo. Un ulteriore grande sogno che ho è la musica celtica ed irlandese, un mondo immenso e straordinario da portare in scena.

Su Ester Campese

Giornalista, scrittrice. Iscritta all'albo giornalisti Italia (regione Lazio) è anche membro dell'USPA - Agenzia stampa giornalistica internazionale - collegata al German Daily News.

Lascia un commento