Al Teatro Bellini, ecco Il nome della Rosa
Arriva Il Nome della Rosa, strepitoso successo letterario di Umberto Eco, portato sulle scene teatrali dal vulcanico Leo Muscato.
![Il nome della Rosa. Foto di scena fornite dall'ufficio stampa.](https://www.lagazzettadellospettacolo.it/wp-content/uploads/2017/11/Il-nome-della-Rosa.-Foto-di-scena-fornite-dallufficio-stampa..jpg)
Erano anni bui. Anni laddove si finiva al rogo per eresia semplicemente perché si era antipatici a qualcuno. Anni dove i potenti di una famiglia erano re, cardinali e papi; Imperava la Santa Inquisizione dittatore sommo che tutto poteva in nome di un Dio e della Chiesa. L’epoca del medio evo, buio, triste, dove persino nelle abbazie c’era del marcio, dove si nascondevano i libri del sapere. Dove il popolo, la massa, la plebe nulla sapeva e doveva sapere.
Correva l’anno 1327, alcuni terribili omicidi sconvolgono un’abbazia benedettina sperduta tra i monti del Nord-Italia. Nel monastero viene chiamato il dotto frate Guglielmo da Baskerville. Il francescano, insieme al suo giovane novizio Adso da Melk, si ritrova in un ambiente ostile, un’abbazia piena di libri e di cultura ma anche segreta e spaventosa, su cui dovrà indagare prima dell’arrivo della Santa Inquisizione.
Il Regista non poteva che scegliere il Teatro Bellini, sempre pronto a novità e testi di difficile fattura. Scommessa vinta, vista l’ enorme quantità di pubblico e di applausi nelle serate della recita.
Le dichiarazioni
Leo Muscato dichiara: “Dietro ad un racconto avvincente e trascinante, il romanzo di Umberto Eco nasconde un incrocio di segni dove ognuno ne nasconde un altro. La struttura stessa del romanzo è di forte matrice teatrale. Vi è un prologo, una scansione temporale in sette giorni, e la suddivisione di ogni singola giornate in otto capitoli, che corrispondono alle ore liturgiche del convento (Mattutino, Laudi, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespri, Compieta). Ogni capitolo è introdotto da un sottotitolo utile a orientare il lettore, che in questo modo sa già cosa accade prima ancora di leggerlo; quindi la sua attenzione non è focalizzata da cosa accadrà, ma dal come“.
Il narratore è proprio Adso da Melk, ormai anziano, intento a scrivere le memorie di cui è stato testimone in gioventù. L’io narrante sarà sempre presente in scena, in stretta relazione con i fatti che lui stesso racconta, accaduti molti anni, ricordando quando era giovane, ed intento a seguire gli insegnamenti di un dotto frate francescano, che nel passato era stato anche inquisitore: Guglielmo da Baskerville.
Musiche originali, miste a canti gregoriani eseguiti a cappella dagli stessi interpreti, contribuiranno a creare dei luoghi in cui la parola alimenta nello spettatore una dimensione percettiva che lo porta a dimenticarsi, sia del libro che de film.
Bravissimi nell’interpretazione Luca Lazzareschi (Guglielmo), Luigi Diliberti (Vecchio Adso), e la compagnia tutta.