Ferite a morte, il progetto di Serena Dandini sul femminicidio, nato nel 2012, approda al Teatro Bellini dall’1 al 6 dicembre, dopo essere stato rappresentato per tre stagioni nei teatri italiani, ed internazionali come New York, Washington, Ginevra, Bruxelles, Londra, Parigi, Lisbona, Tblisi, Città del Messico, Tunisi, Istanbul.
‘Ferite a Morte’ scritto dalla Dandini in collaborazione con Maura Misiti, ricercatrice del CNR, , verrà ripreso in tournée anche nella stagione 2015/2016, e toccherà anche Parma, Vicenza, Monfalcone, Chioggia, Mantova, Cagliari.
Coprodotto da Mismaonda e Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano, ‘Ferite a Morte‘ è un’antologia di monologhi, ispirati all’ Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, che attinge alla cronaca e alle indagini giornalistiche per dare voce alle donne che hanno perso la vita per mano di un marito, un compagno, un amante o un “ex”.
Messo in scena in forma di lettura-evento, ha visto numerose donne illustri di tutto il mondo impegnate nella cultura, nello spettacolo, nella politica e nella società civile dar voce a un immaginario racconto postumo delle vittime, creando un’occasione di riflessione e di coinvolgimento dell’opinione pubblica, dei media e delle istituzioni.
La narrazione è affidata a un affiatato terzetto di attrici formato da Lella Costa, Orsetta de’ Rossi e Rita Pelusio che si alternano sul palco dando vita a uno spettacolo drammatico ma giocato, a contrasto, su un linguaggio che riesce ad essere anche leggero e ironico, proprio della scrittura di Serena Dandini.
“Tutti i monologhi di Ferite a morte – spiega Serena Dandini – ci parlano dei delitti annunciati, degli omicidi di donne da parte degli uomini che avrebbero dovuto amarle e proteggerle. Non a caso i colpevoli sono spesso mariti, fidanzati o ex, una strage familiare che, con un’impressionante cadenza, continua tristemente a riempire le pagine della nostra cronaca quotidiana. Dietro le persiane chiuse delle case di tutto il mondo si nasconde una sofferenza silenziosa e l’omicidio è solo la punta di un iceberg di un percorso di soprusi e dolore che risponde al nome di violenza domestica. Per questo pensiamo che non bisogna smettere di parlarne e cercare, anche attraverso il teatro, di sensibilizzare il più possibile l’opinione pubblica”.