Al direttore artistico di ScenaTeatro, all’ uomo che da bambino giocava a creare storie di cui era interprete con un lenzuolo e tanta fantasia, chiediamo:
–Qual’ e la strada che immaginava per sé quel bambino?
Sicuramente quella che sto perseguendo adesso; sono stato e sono molto fortunato. Quel bambino sognava di lavorare in teatro o per il teatro: ecco, faccio quello che ho sempre sognato.
-La televisione è realmente una cattiva maestra?
Non sempre. Devo essere sincero. Raramente ho il tempo di vedere la tv, ma quando la vedo trovo dei programmi interessanti. Bisognerebbe però non farli di notte, dove gran parte della popolazione dorme.
-Senza la voce interiore che Lei chiama Volontà, quale mestiere avrebbe fatto Antonello De Rosa?
Sicuramente un mestiere creativo. Sono stato sempre attratto dalla creatività. Da bambino amavo, come ancora oggi, costruirmi le cose. Quando posso mi realizzo i costumi, le scene e gli oggetti di scena. Si. Avrei fatto comunque un mestiere creativo. Non saprei fare altro.
-Quali occasioni ha saputo afferrare al volo, nella vita e nel teatro, grazie a questa vocina interiore, tralasciando ovviamente la prima volta che è salito su un palcoscenico? (7 anni, ndr)
La più grande occasione che ho afferrato al volo? Quella di aver capito subito che volevo fare teatro. Sai, da bambino si vogliono fare tante cose, io ho sempre avuto le idee chiare.
-Il partner di vita di un attore, deve essere necessariamente una persona che fa lo stesso lavoro, come alcuni suoi colleghi sostengono?
Assolutamente no. Preferisco una persona che sia fuori dal mio campo, perché non si può parlare di teatro 24 ore al giorno.
-Massimo Ranieri, esattamente come è successo a lei, decise di passare un lungo periodo a Parigi perché sentiva il bisogno di riflettere sull’ opportunità di continuare a fare questo splendido ma impegnativo lavoro. Quando accadde a lei, quale fu la causa scatenante e quale meta scelse come suo buen retiro?
Non come Ranieri, ma ho avuto anche io il mio momento di riposo. Non sono andato a Parigi, ma bensì in un convento. Ebbi una crisi mistica, dovevo capire tante cose. Devo dire la verità, in quella occasione ho avuto conferma che la mia missione era ed è il teatro.
-Lei crede ai talenti naturali? Cioè a coloro i quali, quasi per magia, si siedono al pianoforte e cominciano a suonare, oppure a dipingere come Monet o a recitare l’ Edipo re tout court?
Credo nei talenti naturali ma credo anche che un talento naturale deve studiare, allenarsi, sperimentarsi etc etc. Nulla accade per caso. Il teatro è una seria e severa disciplina, come tutte le discipline ha bisogno delle regole da seguire.
-Ha diretto di recente uno spettacolo teatrale a firma di Manlio Santanelli, intitolato “Per disgrazia ricevuta”; qual’ è il rapporto di Antonello De Rosa con il sacro?
Ultimamente ne ho diretti due di Santanelli, ” Per disgrazia ricevuta” produzione Scenateatro e ” Le tre verità di Cesira” produzione teatro Bellini. Il mio rapporto con il sacro? Sono un credente fervido ma non bigotto. Amo molto mettere in discussione la mia credenza/fede, naturalmente mi ritrovo sempre a dar ragione al mio Dio.
-Che può anticiparci delle sue collaborazioni con il Bellini di Napoli?
Non posso anticipare ancora nulla, stiamo in una fase embrionale ma credo che tra pochissimo si saprà tutto.
-Quali sono le prossime tappe in cui il pubblico potrà applaudirla?
In questo periodo, almeno fino a metà maggio, sarò impegnato con gli stages in giro per la penisola. Sto portando in giro per lo stivale questo stage dedicato ad Annibale Ruccello, un autore che stimo profondamente. Dopo gli stages arriva il periodo di esami e saggi di tutti i laboratori che curo. Penso a luglio ci sarà il mio nuovo spettacolo. Per il momento dò priorità alla formazione.