Laura Sicignano, sceneggiatrice e regista, alle prese con “I treni della felicità”, uno spettacolo teatrale a cui si avrà modo di assistere dal 19 al 21 gennaio a Roma.
Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Laura Sicignano. Come stai?
Molto bene, grazie! È un bel periodo..
Parlaci della drammaturgia “I treni della felicità”, in scena dal 19 al 21 gennaio, realizzata con la complicità di Alessandra Vannucci. Come ha preso vita?
Ho una grande passione per il teatro e per i treni, motivo per cui ho realizzato questo secondo spettacolo. Il primo capitolo, se così vogliamo definirlo, si chiamava “Donne in guerra”, ed era basato sulla seconda guerra mondiale, sulla vita di alcune donne. Questo secondo capitolo, invece, parla di un episodio realmente accaduto nell’immediato dopoguerra ad opera di alcune donne dell’UDI, unione donne italiane. Alcune di esse si riunirono e si fecero forza per cominciare a fare politica in modo concreto e trasformativo della realtà. Teresa Noce, una rivoluzionaria professionale, ebbe una vita pazzesca, meriterebbe uno spettacolo per sé. Si rese conto, nel dopoguerra, che il problema principale era l’infanzia, bisognava puntare sul futuro, sui bambini.
Cominciò, quindi, insieme alle sue compagne, una ricostruzione del paese, organizzando dei treni che trasportavano soltanto bambini, appunto, circa settantamila. Non orfani, bensì figli di un futuro che non potevano, purtroppo, essere sostentati dai propri familiari. Lo spettacolo parla proprio di questo, dei vari punti di vista delle famiglie, del loro dover lasciare andare i figli, accogliendo il parere dei bimbi stessi, delle famiglie che li accoglieranno.
Cosa puoi dirci sulle tre interpreti di questo spettacolo teatrale?
Sono Federica Carruba Toscano, Egle Doria e Fiammetta Bellone, tre donne di diverse età, molto brave nel loro mestiere, e di luoghi differenti. Raccontano, a loro modo, di questo viaggio e si domandano, come attrici e donne di oggi, perché raccontare questa storia e che legame vi è, in pratica, tra la storia del dopoguerra e noi donne di oggi.
Ne parlano anche attraverso la loro biografia, con il loro rapporto particolare legato all’essere o non essere madri. Donne, ad ogni modo, forti, capaci di scardinare ciò che ci teneva recluse, lontane da tutto, un modello di politica, nell’agire quotidiano. Avevano davvero poco a disposizione ma con quel poco riuscivano a smuovere il mondo. Un solo uomo in scena, con la sua sola musica, Edmondo Romano. Anche in questo caso si tratta di una prima volta dove un uomo non proferisce parola. Uno spettacolo che credo racconti tanto del mondo che viviamo oggi, un qualcosa di empatico, che tocca varie corde..
In base a cosa scegli gli attori presenti nei tuoi lavori?
È proprio come un innamoramento e in questo caso più che mai! Sono attrici che hanno una grande capacità di essere naturali, e ciò a mio avviso è frutto di un grande lavoro, ma hanno anche un vissuto umano intenso. Importante è avere anche un’affinità umana con loro e tutte e tre hanno un vissuto forte, importante.
Dopo queste tre date possiamo aspettarci altro?
Lo scorso anno abbiamo affrontato una tournée da nord a sud, quest’anno rilanciamo queste date romane sperando si aprano altre possibilità. Al momento non sappiamo altro ma ce lo auguriamo.
Quanta emozione c’è, di volta in volta, nel portare in scena un tuo lavoro?
È sempre diverso, di volta in volta. In questo caso c’è molto di mio, di personale, legato anche al lavoro di scrittura realizzato con Alessandra. Importante anche il tema del viaggio, dell’accoglienza, viaggi enormi, all’epoca, lunghissimi. L’emozione, ad ogni modo, è sempre fortissima.
Laura ti andrebbe di lanciare una sorta di appello affinché possano recarsi in molti in teatro a seguire questo tuo spettacolo?
Parla di ciascuno di noi, di ciò che tutti abbiamo vissuto: nascita, paura, abbandono, di ciò che abbiamo perso, di chi siamo. Uno spettacolo molto femminile, “una storia che nei libri di storia non c’è”, il suo reale sottotitolo.
In ultima battuta, cosa puoi anticiparci sul tuo futuro artistico Laura Sicignano?
Posso anticipare che riprenderò un altro spettacolo che racconta di un mio viaggio in un campo profughi in Africa, in scena ad aprile, a Milano. Realizzerò poi un altro lavoro, prodotto dal Teatro Stabile di Catania, tratto da Leonardo Sciascia.