The Winsons sono un power trio basso, batteria, tastiere e voci dedito alla psichedelica e al culto dell’anarchia ancestrale. I loro grandi templi non sono lontani dal pianeta Gong: si stagliano nell’orizzonte di una Canterbury distrutta, a destra dalla tomba di Hugh Hopper dei Soft Machine e a sinistra di quella di Kevin Ayers.
Navigano negli acquitrini maleodoranti del progressive, non curanti dello sporco che resta addosso ai vestiti. E chissenefrega, tanto nel rock’n’roll lo sporco diventa puro stile… Ma solo per l’effetto di un miraggio sembrano in territorio britannico, perché i tre pilastri che sorreggono la struttura sono uno a nord, uno a centro e uno nel sud della penisola italiana.
Essi vivono nella stessa città ma non ha un nome pronunciabile senza che qualcuno non faccia una faccia strana. Dunque non la pronunceremo. Basti solo sapere che uno, quello alto, si chiama Rob Winston, un altro, quello con i baffi, Linnon Winston e il terzo, quello strambo, Enro Winston. E quando sono assieme, anche solo per comprare le sigarette, da sempre, da ben prima di essere una band, erano spiritualmente una band perfetta.
Sotto gli pseudonimi, insospettabilmente, tre longevi esponenti della scena indie-rock italiana: si tratta infatti di Lino Gitto, presenza costante in molteplici release ed eventi della scena milanese, Roberto Dell’Era, ai più noto in qualità di bassista degli Afterhours, ed Enrico Gabrielli di Calibro 35, Mariposa e Der Maurer. Oltre alla già citata scena di Canterbury non mancano riferimenti al beat, al garage rock e alla psichedelia, il tutto reso in modo impeccabile e moderno e con una padronanza di mezzi davvero sorprendente!
La surreale copertina del disco è realizzata dall’artista giapponese Gun Kawamura, autore anche dei testi di due brani dell’album (“Diprotodon” e “Number Number”), cantati dagli stessi Gabrielli e Dell’Era nella lingua del Sol Levante!