Domenico Costanzo è una persona piacevole con cui scambiare opinioni, confrontarsi e chiacchierare. Il suo carattere gioviale ma anche introspettivo e indagatore dell’animo umano e delle sue passioni, pone sempre accenti notevoli ed interessanti alla realizzazione dei suoi film.
A spingerlo e a farlo riflettere sulle dinamiche di una pellicola sono le proprie emozioni. In questa intervista che ha avuto più i toni di una chiacchierata, scopriamo il talento di un regista, attore e scrittore che valica i freddi obiettivi delle cineprese.
Benvenuto a Domenico Costanzo su La Gazzetta dello Spettacolo, partiamo dunque per questa chiacchierata. Si dice che tu prediligi girare film con uno sfondo sociale. Quali sono le tematiche ti piace affrontare maggiormente e se potessi scegliere un tipo di film, quale avresti voluto dirigere?
Grazie a voi. Allora, i film che io prediligo non è detto che debbano essere per forza a sfondo sociale, ti dico la verità, a me personalmente piacciono molto anche i film d’azione e i thriller. Per farti un esempio, Io ho imparato a scrivere è un film capolavoro totale dato su Netflix ed è uno di quei film in cui vedi che c’è una capacità registica pazzesca, una interpretazione fuori dal comune e una storia avvincente, con risvolti psicologici. Ecco, i risvolti psicologici mi piacciono molto, così come mi piacciono le storie che sviluppano al massimo i caratteri dei personaggi. Allo stesso tempo mi amo i film comici e spensierati. Diciamo che, io prediligo il cinema d’autore per quanto riguarda me come regista, perché sono le mie emozioni a spingermi nella scrittura di una storia. Quindi le mie emozioni devono principalmente coinvolgermi e farmi riflettere e poi trovare dentro di esse un obiettivo che voglio raggiungere, una volta individuato a quel punto inizio a scrivere. Mi piace molto il modo di pensare, cosa che condivido, di una nota attrice insegnante statunitense che è stata Stella Adler. Lei mi è sempre piaciuta molto perché concepiva l’arte cinematografica e della recitazione, non solo come esercizio tecnico o un modo per avere successo e per dimostrare agli altri che sei bello e bravo, ma come fine ultimo di cercare dei valori morali da portar fuori, tentando attraverso di essi di cambiare il mondo, attraverso le proprie idee. Quindi l’attore è un alfiere che porta avanti degli obiettivi, così per me il cinema d’autore ha la funzione di far riflettere e nel contempo di divertire.
Mi piace anche scrivere in chiave di commedia perché nella vita ci sono sempre degli elementi simpatici. Il film che io vorrei scrivere, è il film che io ho scritto e che dovrei riuscire a girare questa estate, che si intitola The influencer. È un thriller con uno sfondo potrei dire sociale, che ha come periodo storico quello della pandemia e questo film mi ha aiutato tanto, essendomi trovato da solo come tutti, scrivere questa storia durante quel periodo storico, mi ha fatto porre molte domande ed è venuta fuori una narrazione molto interessante.
Come produttore, Domenico Costanzo ha dato vita al film Ho sposato mia madre che ha ottenuto molti riconoscimenti all’estero. Quali sono le tue sensazioni nel ricevere tali attestati di stima?
Questo per me è il film migliore che ho fatto, anche perché ha ottenuto dei riconoscimenti importanti oltre confine, quale l’Hollywood North Film Awards purtroppo l’Italia non è un paese facile per quanto riguarda in generale un po’ tutto. In Italia se non conosci qualcuno che ti possa presentare, purtroppo non ti considera nessuno, la difficoltà è questa. Pur confermando la regola, il detto secondo cui tutto il mondo è paese, nonostante ciò all’estero è un poco meno infatti per dirti dei festival italiani non mi hanno selezionato e lo hanno fatto dei festival di prima categoria in America, arrivando tra i primi cinque. Pensa che adesso sono stato contattato da una produzione americana che è interessata al film.
Nel film Play Boy del 2022 Domenico Costanzo è regista, e altrettanti titoli. Tra i tuoi film da te girati, a quale sei più legato affettivamente?
Ascolta ti dirò la verità, ricordo con molto affetto Play boy, anche perché questo l’ho fatto come produzione esecutiva ed stato bello perché lo vedi nascere e lo culli come un bambino in fasce. Quando ci sono delle produzioni romane o americane, devi attenerti a ciò che ti viene chiesto e devi seguire delle regole precise. A volte, pensa, quando mi trovo sul set magari mi accorgo che quella scena come l’avevo scritta funzionerebbe in altro modo, quindi mi permetto di apportare delle modifiche. Play boy è stato un film che mi è piaciuto molto e ci sono legato avendone curato non solo la regia ma anche la sua scrittura e poi la storia non racconta le vicende di un uomo collezionista di donne ma ad un certo punto anche lui prende coscienza dei veri valori della vita. Poi personalmente prediligo i film proiettati nelle sale cinematografiche, con la loro magia puoi vivere dei momenti unici. Ma è chiaro che ora si sta andando dalla direzione opposta, comunque per un regista uscire in sala è il massimo.
Ultimamente ho realizzato un cortometraggio dai toni toccanti e sto finendo la post produzione. Si intitolerà Un sasso nel cuore. Nel realizzarlo ho conosciuto questa ragazza Nancy Latorre Delgado un’attrice esordiente a cui piaceva recitare. Lei mi ha raccontato una parte della sua vita che mi ha colpito molto e ne ho fatto un cortometraggio. La storia si basa sulla sofferenza che prova una bambina rifiutata dai propri genitori. Per cui il ricordo di questa violenza subita le impedisce di instaurare un rapporto sentimentale e chiaramente ciò porta ad una sofferenza interiore. Ed è un cortometraggio molto toccante, nel momento in cui la ragazza nel punto culminante del suo dolore incontra Dio. Oltre a Nancy Latorre Del Gado, c’è Marco Becagli e il protagonista è Giuseppe Ferraro.
Domenico Costanzo sei anche conosciuto per l’amicizia e il sodalizio artistico con Leonardo Pieraccioni. Com’è lavorare con Leonardo e se hai dei progetti futuri con lui?
Con Leonardo siamo molto amici, ci sentiamo quasi quotidianamente e non parliamo quasi mai di cinema. Ultimamente lui sta scrivendo altre cose e anche io sono molto impegnato perché, oltre a scrivere le mie cose, a breve inizierò un percorso come insegnante di recitazione, presso l’Universal Film Accademy, è una scuola di recitazione che tra gli insegnanti vanta Pupi Avati, Veronesi e altri. Però c’è sempre comunque la volontà di realizzare qualcosa insieme, anche se si collabora insieme nella vita. Io e lui ci si conosce talmente bene che sappiamo a memoria quali sono i meccanismi che ci fanno più o meno piacere o che possono far arrabbiare l’altro, per cui non tocchiamo mai questi tasti.
Infine, tu hai scritto un racconto per il libro di Borghini, dal titolo Io sono Novoli. Vorresti spiegare, per chi non è fiorentino il perché di questo titolo?
Sono Novoli, perché per tutta la vita sono vissuto nel quartiere di Firenze periferico, chiamato Novoli, ma non troppo periferico perché è vicino all’Aereoporto di Firenze (Peretola) ed è il luogo dove ho trascorso buona parte della mia vita. Lì ho cominciato a girare i miei primi cortometraggi. Per cui il titolo Io sono Novoli, è motivato dal fatto che mi identifico con questo quartiere, che conosco in ogni sua sfumatura e mi piaceva l’idea di dare a me il nome del posto con cui mi riconosco.
In ultima battuta, cosa si sente di consigliare Domenico Costanzo, da futuro docente, ai giovani che vorrebbero intraprendere una carriera artistica?
Il consiglio che mi sento di dare è che in queste cose nel mondo della recitazione, del cinema ma anche di qualsiasi altro settore, devi capire se sei animato da una vera passione o solamente da interessi fittizi. Se sono questi ultimi uno inizia, prende un paio di bastonate, smette e perde tempo. L’unica cosa è capire se per fare quella cosa si sarebbe disposti a rinunciare ad altro. Comunque, portando un esempio, da giovane quello che talvolta si fa, è abbandonare al primo rifiuto o alle prime porte sbattute in faccia, credendo di non valere nulla. Ecco se uno parte con l’idea che il nostro mestiere dipende dal giudizio degli altri in prima battuta è meglio che smetta, perché essere presi in prima battuta è difficile. Se uno crede fermamente in se stesso, deve portare avanti il proprio progetto con studio e dedizione. Se vuoi intraprendere questa professione, è bene iscriversi ad una scuola e con modestia investi su te stesso e sulla tua passione, ma studiando seriamente, dedicando un periodo senza prenderlo come svago, pensando si tratti di una passeggiata, a meno che uno non sia un talento incredibile e fuori discussione e allora alla prima botta vieni notato. Comunque anche se si ha talento tante volte non accade niente, prendi per esempio Marily Streep, tante volte veniva bocciata.