Parte a breve il nuovo tour di Francesco Baccini, che si esibirà live a Latina. Lo spettacolo, dal titolo “Archi e frecce”, vedrà protagonisti, insieme al cantautore, le Alter Echo String Quartet, Michele Cusato alla chitarra e Maurizio di Tollo alle percussioni. Potremo ascoltare dal vivo tutti i successi dell’autore e scoprire alcune sorprese musicali, come ci racconta nell’intervista che abbiamo realizzato.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo a Francesco Baccini. Lei è genovese di nascita ma è legato alla sua città in modo decisamente controverso. Cosa significa “non mi basta un blues per averti un po’ di più”?
Il concetto parte da un rapporto di amore e odio che ho per Genova; è una città che da una parte attrae e dall’altra respinge. Ci sono due tipi di genovesi: quelli che non si muoveranno mai da Genova e quelli che se vanno senza tornare. Genova è bellissima ma profondamente difficile, anche per la sua morfologia.
Infatti, i cantautori della città sono andati tutti a Milano; è li che ho conosciuto Fabrizio de André. Io sono “genovesissimo”, ma da lontano.
Parlando della sua amicizia con Fabrizio de André, cosa vi siete regalati l’uno all’altro, artisticamente parlando?
Innanzi tutto, quando c’è un rapporto di amicizia e di stima, si fanno lavori insieme e ognuno di essi è un dono . All’inizio, lui collaborò a un mio brano e io misi un po’ di ironia a uno dei suoi.
Francesco Baccini è ironico ma anche molto introspettivo. Come coniuga questi due spetti?
Uso l’ironia per dire delle cose. L’introspezione si vede in brani come “Ho voglia di innamorarmi”. Quando uscì quel pezzo, spiazzai tutti perché nessuno si aspettava da me un testo così. Tanti fan mi scrissero perché non mi ritrovavano in quella canzone ma, alla fine, è diventata uno dei miei pezzi più famosi. Succede spesso che il pubblico si affeziona a un’ idea che si fa dell’artista e si aspetta che lui ripeta le stesse cose; io sono l’esatto contrario. A me piace prendere in contropiede la gente e stupirmi di me stesso, altrimenti mi annoio . Usando un gioco di parole, è’ il gioco di mettersi in gioco che mi diverte.
C’è una canzone che ci restituisce in modo particolare Francesco Baccini uomo?
Non credo; io ho una personalità particolare. Per conoscermi, bisognerebbe assistere a un mio concerto. Io sono un quadro con tante sfumature e, siccome sono tutte diverse, non si può pensare di ritrovarmi in una canzone perché, altrimenti, si noterebbe solo un particolare.
Nel suo bagaglio lei ha film, libri, e musica. Se dovesse fare un bilancio oggi, qual è la forma d’arte che l’ha fatta emergere maggiormente?
Quella dove ogni qualvolta ho potuto esprimere un talento.
Parliamo di donne, tutte uniche e tutte speciali. Diverse ma con caratteristiche simili, come ci racconta ne “Le donne di Modena”. Che rapporto ha con loro?
Le donne hanno un ruolo molto importante. Innanzitutto, se non ci fossero le donne, cosa avrei scritto? Ho partecipato anche alla giornata contro la violenza sulle donne. Essere uomini non significa essere delle bestie e, prima di essere uomini, siamo esseri umani. Oggi credo che manchi molto il senso del rispetto e questo, spesso, si riflette sul rapporto uomo-donna.
In tempi non sospetti, lei scrive una canzone molto attuale, che parla addirittura di selfie in un periodo in cui non esistevano ancora gli smartphone. In quella canzone, lei fa una serie di affermazioni sui giovani parlando con la loro voce, fra cui “siamo solo studenti”, “siamo solo deficienti”, “è colpa dei genitori”. Di tutte queste ipotesi, qual è la più vera?
La canzone si intitola “Filma” ed è uscita nel 1996 . All’epoca, i cellulari venivano usati solo per telefonare e scambiarsi SMS. Io ho cercato di anticipare i tempi e, purtroppo, avevo capito che quella era la direzione aderente alla realtà di oggi. Direi che il concetto più plausibile è che la responsabilità di tutto è della generazione precedente.
All’inizio della sua carriera, ci fu un grande contrasto fra il riscontro positivo del pubblico e i primi approcci nel mondo discografico; poi esce “Cartoons”. Ci racconta come arrivò alla targa “Tenco”?
La casa discografica non voleva far uscire quell’ album, dicendomi che l’ironia non vendeva e le canzoni erano strane; volevano che mi omologassi ai cantautori dell’epoca perché nessun discografico avrebbe scommesso su un progetto come quello. Poi incontrai una persona che mi fece fare l’album come volevo io. Grazie a Vincenzo Mollica, uscì “Cartoons” che vinse subito la targa “Tenco”.
Ci sono canzoni come “Senza tu”, “Giulio Andreotti” o l’attacco a Sanremo che ci fanno dire che lei è un artista fra i più lontani da ciò che è il consumismo. Che idea ha voluto dare del Paese?
Sono canzoni di denuncia del ruolo dell’immagine che stava nascendo in quegli anni. Chiaramente, fatto con ironia, diventa tutto più digeribile. E’ stato un disco di critica sociale perché gli anni ’80 sono stati l’inizio della fine, l’inizio della scatola e non del contenuto. Nel tempo, sono cambiate le mode ma il senso è ancora quello. Come diceva Monicelli, un paese che non ha mai fatto una rivoluzione, che paese è?
Tornando a Francesco Baccini bambino, chi sono stati suoi maestri?
Facendo pianoforte, ascoltavo Bach e Chopin; erano loro i miei maestri. Sono cresciuto con la musica classica fino ai 16 anni. Mentre i miei amici ascoltavano i cantanti dell’epoca, io andavo ai concerti di Uto Ughi . Poi, ho iniziato ad ascoltare un po’ di tutto e sono arrivato a Fabrizio de André e Luigi Tenco. Con loro, capii che nelle canzoni aveva un valore anche il testo.
Nel tour ci saranno quattro archi; può anticipare qualcosa sulle frecce?
Ci sarà una rilettura del mio repertorio, cambiando formazione: un quartetto d’archi, percussioni e pianoforte. Ci sarà anche una sorpresa che riguarda Fabrizio de André ma non voglio anticipare troppo.
Prima di salutarla, le faccio un’ultima domanda. Lei è una persona coerente nel suo essere controcorrente. Dove colloca il coraggio?
Nel sapersi prendere la responsabilità delle proprie scelte.