Nicola Mingo classe 1963, lo swing l’ha sempre avuto nel sangue, studiando armonia jazz e contemporaneamente chitarra classica, perfezionandosi in chitarra jazz dopo il diploma al conservatorio ‘S. Pietro a Majella’.
Nel suo stile be bop, si intrecciano le caratteristiche dei suoi numi tutelari: Wes Montgomery e Joe Pass, specie nel suo fraseggio che ne sintetizza le peculiarità attraverso l’attacco deciso, con una fluidità nell’improvvisazione data dalla naturalezza d’espressione.
In occasione del suo passaggio a Napoli al New Around Midnight , abbiamo posto qualche domanda a Nicola Mingo circa l’ultimo lavoro discografico ‘Swinging’.
Disco ‘Swinging’ uscito a maggio 2014 con etichetta Universal.
E’ una grande soddisfazione, perché è la seconda volta che esco con la Universal, che è la stessa casa discografica di Clifford Brown che è uno dei miei numi tutelari. Ho così avuto la conferma, dopo il disco dedicato a Clifford Brown dal titolo ‘We Remeber Clifford’ , che anche questo ‘Swinging’ è subito piaciuto ai produttori dell’Universal che l’hanno voluto produrre, facendomi poi fare dei concerti.
Cosa ti ha ispirato nel comporre il disco ?
‘Swinging’ è una dichiarazione d’amore nei confronti del jazz, per questo ho scelto questo titolo che significa ‘swingando’ ovvero cercando di trasmettere lo swing, che è quel famoso movimento ritmico che viene dal cuore, perché secondo me la base è quella, come diceva Duke Ellington ‘Se non ha swing, non significa niente’. Al di là di tutto per quanto si possa complicare il discorso, in realtà andando a semplificare lo swing è la base di tutto.
Il progetto nasce per omaggiare gli anni sessanta, con quello che faceva Wes Montgomery ma alla luce dei tempi moderni, con un occhio di riguardo a quelle che sono le sonorità più contemporanee.
Nel disco un misto tra brani originali ed alcune cover.
Si ci sono cinque cover e dieci brani miei originali che sono sempre inerenti a quel periodo storico degli anni sessanta. Mi sono tenuto in linea, anche perché sono un devoto di Wes Montgomery .
Tra gli originali c’è ‘One for my mother’ che è nata da una cosa personale, in quanto mia madre non c’è più e quindi ho fatto questo omaggio, una cosa molto sentita, una ballade che ho voluto scrivere in sua memoria, anche perché lei era una pianista.
Un disco ogni tre anni un caso oppure una scelta?
E’ la mia filosofia è questa : invece di fare troppi dischi ne faccio uno ogni tre anni, e lo faccio durare il massimo che può dare, nel frattempo elaboro i pezzi futuri. In questo modo ogni tre anni si rinnova l’appuntamento discografico.
Nelle esibizioni la tua formazione varia, rispetto a quella originale del disco.
Si mi esibisco con Gegè Munari alla batteria, il giovanotto ottantaduenne che fa parte della storia del jazz in Italia, con il quale ho avuto la fortuna di iniziare a suonare con lui e con Giorgio Rosciglione quando mi sono trasferito a Roma. Tra i musicisti che mi accompagnano ci sono Daniele Sorrentino al basso, una bomba di contrabbassista e Daniele Pozzovio al pianoforte un grande talento.
Il progetto discografico lo stiamo portando in giro, prossimo appuntamento è il Festival Internazionale della chitarra di Rieti, che è un festival molto importante , dove suonerò in duo con Daniele Pozzovio, poi altre esibizioni a Roma in formazione quartet.