“I fans italiani sono decisamente su un altro livello“: è’ così che saluta il suo pubblico Niall Horan, dal palco del Forum di Assago, a Milano.
E’ un normalissimo giovedì, ma per le persone accampate da tre giorni di normale non ha proprio nulla.
Ma facciamo un rapido riassunto per quelle persone, spero poche, che non sanno di chi o cosa io stia parlando. Niall Horan è appena passato da Milano col tour del suo terzo album, The Show.
Chi è? Il nome One Direction spero vi suggerisca qualcosa, perché altrimenti dovrò chiedervi dove avete vissuto negli ultimi tredici anni.
Sì, è vero, la band non esiste più da nove, ma questo non vuol dire che i singoli membri siano finiti nell’oblio, anzi. Harry Styles credo vi suggerisca più che qualcosa, ha solo vinto un paio di Grammy e battuto svariati record.
Per me, tutti loro sono stati un capitolo molto importante, praticamente credo di aver visto più loro della mia famiglia. Ho viaggiato, contrattato per biglietti migliori di quelli che magari avevo già in mano, litigato per un po’ di spazio in più in transenna. Per non parlare dei vari incontri, alcuni fortunati e altri un po’ meno ma sempre pieni di ricordi e momenti che restano tutt’ora indimenticabili.
In realtà dovrei dire che quel capitolo non è ancora finito, perché altrimenti non sarei qui a parlare.
Sono stata felice di aver potuto finalmente rivedere Niall. La pandemia ha fermato i suoi progetti per troppo tempo e non potevo accettarlo.
Non potevo accettare che l’ultima volta che lo avevo visto fosse stata nel lontano 2018, assolutamente. Perché lui è uno di quegli artisti che sono nati per stare su un palco. Che solo così possono esprimere al meglio quel che hanno da dire.
E poi, detto sinceramente, la sua musica è immacolata, tre dischi e ancora non ho trovato una singola canzone che si possa definire brutta.
Penso che anche questa sia arte.
Durante questo tour, ho avuto modo di vederlo a Londra, che è la città in cui vivo. Eravamo in una Wembley arena gremita, biglietti esauriti da mesi, e sotto una pioggia battente.
Sì, certo, l’arena è al chiuso, ma credetemi che arrivarci con quel maltempo è stata un’impresa che solo chi è devoto veramente avrebbe fatto.
E io ero una di queste, anche perché avevo un ottimo posto, e quindi col cavolo che avrei mai rinunciato.
Soprattutto perché, tra i vari pregi di Niall, uno spicca ancor di più della sua capacità di sapere fare ottima musica: le scalette. Perfette, nonostante le variazioni random, e nonostante l’assenza della mia canzone preferita, sacrificata chissà in onore di cosa.
Niall apre quindi le danze con Nice to Meet Ya, che io trovo iconica soltanto per il titolo, insomma, ci sta già salutando entusiasta. E lo è davvero. Non smetterà di sorridere e ringraziare tutta la sera, ricordando i vecchi tempi e lasciandosi andare in scenette degne di un orsetto lavatore in cerca di coccole.
Questa cosa succederà anche nella tappa italiana, ovviamente, e devo dire, a tal proposito, che ho trovato svariate similitudini tra le due audience: cantano a squarciagola e si emozionavano con lui nello stesso identico modo.
Perché “il vostro sostegno durante tutti questi anni è incredibile e non finirò mai di ringraziarvi”.
Perché sul palco della Wembley Arena lui ha visto nascere il sogno di fare il cantante, mentre su quello del Forum di Assago (e San Siro) ha capito ufficialmente, totalmente, che non era un sogno ma la pura realtà.
Il concerto procede con un giusto balance di pezzi dai tre album, ci emozioniamo per Still e This Town, e balliamo con Black and White.
Poi, per rincarare la dose della nostalgia, quasi piangiamo per Stockholm Syndrome (da Londra) e Night Changes (da Milano), come a voler sottolineare che, anche se gli One Direction non esistono più, saranno sempre una parte importante ed indelebile della sua storia.
The Show è il terzo album di Niall Horan, che continuerà il suo tour mondiale fino alla fine dell’anno.
Flicker e Heartbreak Weather sono i due dischi precedenti, e io vi sto gentilmente consigliando di ascoltarli tutti.