E’ uscito il primo thriller di Claudio Lei (in tutte le librerie e store digitali) che porta il titolo di “Sapresti Uccidere?”. Ambientato nel modenese, il nuovo lavoro di Claudio Lei è anche il primo libro della trilogia “L’assassino che non disturba” che raccontiamo nella nostra rubrica Libri e Scrittori.
Il romanzo vede come protagonista un killer spietato, che si aggira per le strade di Modena commettendo orribili omicidi ma, al contrario di ciò che si pensa, è molto apprezzato e acclamato dai cittadini, nonostante le scabrose gesta mietano vittime tra le file dei politici, dei giudici, degli uomini della finanza e più in generale tra i cosiddetti intoccabili.
L’intera storia viene raccontata attraverso tre punti di vista differenti: quello dell’ispettore, chiamato a risolvere il caso, quello dell’assassino, figura controversa quanto penetrante conoscitrice dell’animo umano ed infine quella del magistrato, una donna che si muove sinuosamente tra il senso del dovere e il ruolo di oggetto del desiderio; dal 31 Ottobre, data del primo omicidio, queste tre vite si intrecceranno proponendo al lettore una narrazione fluida e ricca di colpi di scena nonché relazioni conflittuali. L’autore del romanzo, Claudio Lei, da sempre si occupa di economia e finanza. Ha lavorato nell’azienda di famiglia, nei primi anni Duemila inizia a scrivere e nel 2011 pubblica il suo romanzo d’esordio “Quasi Umani”, cura il concorso letterario di racconti brevi “Le Tre Lune” e si occupa di sceneggiatura per il web.
Spesso Claudio Lei lo si ritrova immerso nella realtà virtuale dal suo profilo Facebook e Instagram nato per creare un contatto con i suoi follower, dove con i suoi 21 mila seguaci raccoglie quanto seminato su libri .Con questo primo romanzo della trilogia thriller si rivolge ad un pubblico meticoloso, in grado di cogliere ogni singolo dettaglio e che scoprirà con molto stupore come la crudeltà si annidi nelle persone più insospettabili!
Noi lo abbiamo intervistato per saperne di più e di seguito trovate il libro:
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo a Claudio Lei. “Sapresti Uccidere?” è il primo libro di una trilogia annunciata. Hai già scritto gli altri due “capitoli” o ne hai soltanto l’idea nella tua mente?
La trilogia è finita, nonostante non abbia ancora affrontato l’editing degli altri volumi che la compongono insieme all’editore, sono fiero di annunciare che la storia è pienamente sviluppata. Dall’inizio all’epilogo.
Troverei irrispettoso nei confronti dei lettori qualunque altro approccio. Lettore e scrittore stringono un patto implicito: il primo investe il suo tempo nella lettura del libro, ancor di più in una saga, pertanto tradirei questa promessa sottintesa negando il finale della storia. Non posso promettere che piaccia a tutti, ma posso assicurare di essermi impegnato affinché sia il più intenso possibile.
Questo è il primo libro di genere thriller che scrivi. Come mai ti è venuta questa idea?
L’idea mi è venuta percependo il ribollire dell’odio che serpeggiava in alcune discussioni, più che altro quelle di carattere sociale e politico. Bastava veramente poco perché il commento a un fatto di cronaca sfociasse in propositi eversivi, intenti criminosi o soluzioni assimilabili alla giustizia sommaria. Perfino le persone più miti e tranquille, credendo alle parole dette, avrebbero compiuto uno sforzo minimo per trasformarsi in carnefici e punire torti giudicati intollerabili. Be’, io non ci credevo, questo ha partorito l’idea: quelle persone come reagirebbero davanti a un mondo che realizza le intenzioni più truci dichiarate con tanta leggerezza? Nel mio romanzo avviene appunto questo, ovvero una figura inquietante si assumerà l’onere di realizzare quelle intenzioni che, una parte dei cittadini, afferma nonostante sarebbe inorridita dal compierle.
Dicci per quale motivo il pubbico dovrebbe scegliere di leggere il tuo nuovo libro…
Perché è una vicenda che non credo possa lasciare indifferenti: i serial killer, di solito, mietono vittime realizzando i propri inconfessabili desideri e se invece esaudissero i desideri altrui? Si dice che gli italiani vorrebbero fare la rivoluzione con il beneplacito dei carabinieri, che succederebbe se qualcun altro caricasse sulle proprie spalle quella responsabilità che nessun altro osa prendere? Saremmo lieti o atterriti di aver sdoganato l’omicidio come strumento di lotta politica? I partiti condannerebbero la vicenda o qualcuno proverebbe ad approfittarsene?
Credo sia il tipico compito della letteratura, offrire ai lettori la simulazione di uno scenario che la nostra società non potrebbe mai sopportare, affinché si possa riflettere su certi errori senza che nessuno debba mai pensare di compierli.
Inizialmente ti occupavi di economia e finanza. Cosa ti ha spinto poi verso la letteratura e la narrativa?
In effetti è il contrario, ho cominciato a occuparmi di letteratura molto prima che di economia e finanza. Il ché non dovrebbe stupire, perché serve meno coraggio a scrivere una pagina che a investire una somma di denaro, nonostante ambo le attività richiedano competenza per essere compiute in modo proficuo.
Alla letteratura mi hanno spinto i sentimenti, quelli più intensi e acuminati da maneggiare, su cui rimugini anche quando vorresti solo dormire e smarrirti nel buio. Alcuni producevano immagini vivide nella mia mente, sequenze girate da un regista inconscio che supplicava di non essere dimenticato, allora mi alzavo e provavo a trascriverli su carta. All’inizio mi sono rivolto alle poesie, poi ho tentato di realizzare racconti brevi, finché non mi sono cimentato con i romanzi.
Qual è stato l’ultimo libro che hai letto?
Di solito non ne leggo mai uno alla volta, mi sono orientato su uno schema a tre volumi: un classico, un libro leggero e un saggio. È un po’ come avere un gruppo di amici, per rivolgersi a quello più adatto, quando sei di un certo umore piuttosto che un altro. Gli ultimi letti sono stati rispettivamente: Post office di Bukowski (il classico), Abissi d’acciaio di Asimov (il libro leggero) e sto leggendo uno dei libri di Limes sulla guerra in Ucraina (il saggio).
Claudio Lei ti è mai già venuto in mente che dal tuo libro potrebbe essere tratto un film o una fiction. Ti farebbe piacere?
Be’, che lo voglia o meno, sono figlio della mia epoca. Direi sia stata dominata dalla ripresa video, sia in forma di film, di programma televisivo o di un servizio al telegiornale. Nel mio romanzo i personaggi sono telecamere che si muovono all’interno della trama, nel farlo trasmettono direttamente al lettore quello che riprendono, non c’è astrazione tra ciò che avviene e chi la legge. Tutto il testo è stato coniugato al presente, descritto in prima persona singolare da ognuno dei protagonisti, affinché personaggi e lettori potessero fondersi in una coscienza condivisa.
Non so se potrà mai diventare una serie o un film, nonostante me lo auguri essendo un appassionato cinefilo, comunque è un libro concepito per poterlo diventare.