Le sette porte - Il sogno di un amore, di Giovanni Boschetti
Le sette porte - Il sogno di un amore, di Giovanni Boschetti

Le sette porte – Il sogno di un amore, di Giovanni Boschetti

Oggi vi parliamo di Giovanni Boschetti e della pubblicazione de Le sette porte – Il sogno di un amore, a cura di Bastogi Libri, che risale al novembre scorso.

Di seguito è possibile acquistare il libro:

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo a Giovanni Boschetti. Le sette porte è un titolo molto evocativo, che rimanda all’idea di un passaggio tra questa dimensione e un’altra molto più eterea e misteriosa. Il sottotitolo Il sogno di un Amore come si collega a questo tema?

Il titolo evoca sicuramente il mistero, ma pure la fantasia e perché no? —  la storia. A tutto si potrebbe pensare, non certamente ad altre dimensioni. Almeno senza riflettere. Il lettore odierno non riflette più, fa persino fatica a pensare…

Se avessi lasciato soltanto la prima parte del titolo, appunto “Le sette porte”, difficilmente il lettore, prendendo in mano il libro per scegliere fra i tanti in una libreria, arriverebbe a pensare ad altre dimensioni. Sfoglierebbe velocemente per capire se sia un giallo, un libro alla Indiana Jones, oppure una storia ambienta, magari, nell’antico Egitto.

È appunto il sottotitolo a specificarne la direttrice. L’amore sognato. E quale amore potrebbe avere la A maiuscola se non l’Amore assoluto, completo, umano nella sua totale spiritualità. Anche l’amore carnale può essere compreso se sublimato in una relazione sentimentale pura e inviolabile, proprio come succede nella storia scritta. Per cui sognare un Amore così ti prepara a entrare in qualcosa di etereo, ieratico, sublime, estatico.

L’amore che il protagonista vive è completo. Da quello dell’infanzia, amato dai genitori, a quello dei suoi compagni trascendentali. L’amore, sopito durante la sua vita di mezzo, si risveglia all’improvviso con l’incontro di una donna, un Angelo inviato dal Cielo? Può essere, ma l’amore si trasforma in Amore con una scelta discutibile, ma altrettanto vera e sublime.

Cosa troverà di originale il lettore in quest’opera, secondo Giovanni Boschetti?

Tutto. La struttura dell’opera, la fluidità narrativa, lo stile che è difficilmente assimilabile a regole consuete, il che lo rende squisitamente originale e particolare. La storia è molto interessante, molto russa e questo, mi dicono, è una qualità. Non vi è una sola parola scurrile, volgare, oscena. Oggi nessuno scrive più se non libri infarciti di ogni nefandezza. 

Ma soprattutto la storia che da umana si trasforma e si fonde in una storia agognata, desiderata e che ogni uomo vorrebbe conoscere per farne parte. Il lettore viene preso per mano e, a partire da una rievocazione autobiografica intrisa di amore, viene poi accompagnato nei meandri dei suoi sogni, dei suoi desideri intimi, nella sua spiritualità. Sì, ognuno ha e possiede una propria spiritualità che va soltanto risvegliata e ripulita da una crosta di modernismo infarcito di false libertà.

Cosa l’ha motivata a scriverla, Giovanni Boschetti?

Senza alcun dubbio il desiderio di risvegliare il pensiero di chi legge. Oggi non si pensa più poiché le risposte immediate che ognuno trova nella tecnologia lo stanno trasformando in un automa.

Poi la conoscenza dell’arte iconografica che apre scenari impensabili nella mente, soprattutto agli occidentali.

Infine lasciare qualcosa di personale che vada oltre il semplice ricordo. Ognuno, dopo il suo distacco dal mondo terreno, vive nella memoria di chi resta. E poi? Finisce, svanisce, nessuno sa più nulla di lui. Lasciare il proprio pensiero può contribuire al progredire della Conoscenza. Gli eroi, i grandi della storia, i personaggi famosi, cosa sarebbe di loro se non fosse stato scritto chi erano e cosa hanno fatto o i loro pensieri? E così, chi ha la fortuna di scrivere può lasciare una traccia di se stesso, del proprio pensiero.

Un giorno, di tanti anni fa, dopo ferragosto, andai a Brescia, la mia città. Era deserta, come se nessun uomo fosse vivo. Una scena quasi apocalittica, nessuno per le strade, nei bar, in auto. E ammirando i monumenti, le chiese e quant’altro ricordasse il passato, mi misi a piangere. Piangevo pensando che nulla di me, se non geneticamente, sarebbe rimasto a testimoniare il mio passaggio terreno. I miei pensieri, la mia intimità, la mia spiritualità… svaniti come l’acqua nella sabbia.

In questo suo romanzo, Lei parla molto di Dio. Com’è cambiato negli anni il rapporto di Giovanni Boschetti con la fede?

Da piccolo, e lo scrivo nel libro, un ambiente pregnante di religiosità, quando la fantasia si mescola al mistero, al mondo delle fiabe, ti porta a vivere la fanciullezza come se il mondo di Dio fosse il tuo mondo parallelo. Da qui è nata la curiosità di conoscere quelle dimensioni.

La Fede? Quella spirituale? Perché la fede in sé la possiamo ascrivere a obiettivi materiali, naturali. Avere fede, credere in qualcosa ti porta a giungere a quel traguardo prefissato. La Fede nel trascendente è molto soggettiva. Ognuno la vive a modo proprio, anche se tutti pensano che avere Fede sia credere in Dio, a prescindere. Messa così, oserei dire che non ho Fede. Come scritto, poco sopra, la mia amicizia con Dio, fin dall’infanzia, mi ha portato a pensare che Lui facesse parte di me e io di Lui. Tutto qui. L’uomo nasce nella naturalità e attraverso la sua spiritualità si plasma, durante la vita, tornando nella sua divinizzazione con la morte fisica. Che è soltanto un passaggio. Coloro che credono in Dio danno per scontato che Dio ci ha creato per vivere eternamente, salvo poi, con Adamo ed Eva, finire nella naturalità per espiare una colpa primordiale, ma con la consapevolezza di tornare a fare parte di quel corpo unico che mi permetto di chiamare il Tutto.

Per cui direi che il mio rapporto con la Fede, ammesso che di fede si possa parlare, non è cambiato, semmai maturato ed evoluto attraverso la conoscenza. E qui, devo ammettere, che l’essere entrato nella Essenza delle Sacre Icone vi ha contribuito.

Nel suo libro si parla molto pure d’amore. L’amore umano è un mezzo per arrivare a quello divino o è piuttosto vero il contrario?

Penso sia un doppio binario. Mi spiego meglio. L’amore verso un’altra persona, una donna, un uomo, un figlio, una persona miserevole, può innalzare il livello dell’amore fino al sacrificio di se stessi. Amare vuol dire donare qualcosa di se stessi agli altri e ci si sente più elevati, più indirizzati verso un amore non soltanto umano. E si può arrivare a dare la propria vita per gli altri. E questo diventa Amore che si eleva, al di sopra della naturalità e della carnalità.

In senso contrario, amare Dio, come è successo innumerevoli volte nelle vite degli uomini, vedi i Santi, gli eroi, i martiri o tutti coloro che si sono spesi in nome di Dio, ti porta a essere Umano. Ossia ti fa condividere le sensazioni del benessere, della gioia, della felicità, della beatitudine, persino dell’estasi. Attraverso Dio si può giungere ad amare altri esseri umani in modo tale da aiutarli, accudirli, servirli.

C’è un passo di quest’opera nel quale si identifica di più. Se sì, perché?

Il libro mi piace tutto. Io sono il libro. Ogni parola, frase, pensiero non sono scritti a caso. Nel libro vi sono sfumature, rimandi, parole o piccoli brani che al momento sembrano persino fuori luogo. Poi il lettore si accorge che leggendo la storia ritrova tutto e tutto si snoda come in un puzzle; alla fine ne esce una composizione bellissima. Se devo proprio accennare a qualcosa, ripeto tutta la storia in quanto il protagonista nasce in un certo contesto che si evolve in qualcosa di grandioso, di elevato, fino a giungere alla trascendenza.

Per finire, una domanda più generica. Quale dovrebbe essere, secondo Giovanni Boschetti, il ruolo dello scrittore nella società odierna?

L’ho accennato sopra. Uno scrittore dovrebbe scrivere per dare un contributo alla società, meglio all’umanità, alla conoscenza e per far sì che il suo pensiero venga condiviso più in là nel tempo.

Scrivere con canoni di tendenza, storie trite e ritrite, libri banali non ha alcun senso, anche se qualche inutile libro, scritto bene, può essere preso come modello da leggere. 

Lo scrittore odierno, inoltre, dovrebbe contribuire a far sì che l’uomo non si disumanizzi nel senso di aiutarlo a ritrovare le proprie emozioni, o meglio ancora le proprie sensazioni, così rare al giorno d’oggi. Ma, purtroppo, viviamo in una società in cui le “tendenze” assorbono anche gli scrittori più capaci. Pochi sanno scrivere bene. Forse l’appiattimento generale è un anticipo di quella società futura in cui l’individuo non sarà altro che un robot. Già si ipotizza l’uomo con microchip sottocutanei che risponderà a comandi prestabiliti in nome di un ordine mondiale. D’altronde come potrebbero permettere che miliardi e miliardi di persone possano fare ciò che vogliono? Scenari futuri.

Gli scrittori non avranno vita facile, poiché scrivere vuol dire comunicare le proprie idee, la propria libertà, la propria spiritualità. Sarà possibile tutto ciò?

Nato a Montichiari, in provincia di Brescia, durante la rinascita economica, le vicissitudini della vita l’hanno portato a vivere più esperienze in ambiti diversi.

Da sempre amante dell’arte antica, ancor giovane, ha avuto la fortuna d’incontrare l’Arte delle Antiche Icone Russe, diventando, in seguito, un appassionato e un esperto.

È stato uno fra i primi studiosi italiani di questa importante Arte Sacra, interessandosi parallelamente anche all’arte delle Avanguardie Russe.

Ha scritto diversi libri su queste due forme artistiche e, con orgoglio personale, ha composto, auto pubblicandosi, una storia per bambini, La straordinaria storia di Bubulina e Gesù, attualmente tradotta e pubblicata in Russia, per far conoscere le Icone e la loro storia anche ai più piccoli.

Su Francesca Ghezzani

Giornalista, addetto stampa, autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici. In passato ha collaborato con istituti in qualità di docente di comunicazione ed eventi.

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