La Commedia secondo Dante di Chiara Donà
La Commedia secondo Dante di Chiara Donà

La Commedia secondo Dante, di Chiara Donà

Chiara Donà, allieva di Giorgio Padoan, attiva da oltre vent’anni nel mondo della cultura, si riaffaccia sul panorama editoriale con l’opera La Commedia secondo Dante pubblicata dalla casa editrice Il Prato per la collana Letterature e arricchita dalla prefazione del Professore Giuseppe Ledda.

A 700 anni dalla morte del Poeta, questo libro è il frutto di una grande passione dell’autrice per Dante e per la sua Divina Commedia diventata anche un Musical.

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Chiara Donà, oltre a darti il benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, vorrei che tu ci spiegassi il valore aggiunto di quest’opera rispetto alla vastità di quanto già pubblicato su Dante.

Grazie a voi per questa preziosa opportunità. Possiamo dire che questo mio piccolo libro nasce da una necessità, quasi da un’urgenza che è quella di restituire alla Commedia l’interpretazione che Dante stesso ha fornito per la propria opera. Di spiegare cioè che cosa essa rappresentasse davvero per il poeta.

Sembra quasi impossibile che dopo tanti secoli, dopo tanti studi e pubblicazioni, che si sono succeduti nel tempo, manchi un tassello così importante, eppure per uno strano gioco del destino è proprio così.

Dico uno strano gioco del destino perché, lo vedremo, il valore spirituale che Dante attribuiva alla Commedia è così ardito, così rivoluzionario che da una parte, i primi commentatori, lo hanno, a mio giudizio, deliberatamente “sgonfiato” proprio per difendere la Commedia e Dante stesso da una sicura condanna, da una scomunica certa (scomunica che peraltro aveva già colpito la Monarchia), dall’altra parte, per l’uomo moderno, esso è risultato così irrimediabilmente lontano, così diverso, che le indicazioni fornite da Dante non sono state assolutamente comprese.

Risultato è che la Commedia è di fatto giunta a noi mutilata, evirata del suo significato più profondo.

Ma allora, arrivando al punto, cos’è la Commedia secondo Dante?

Sicuramente non opera di finzione letteraria ma frutto di una grazia speciale realmente concessa, di una visione realmente avvenuta col corpo oltre che con lo spirito, per cui vero il viaggio compiuto attraverso i tre regni ultraterreni, veri gli incontri, vera l’ascensione a Dio.

Perché Dante avvertì l’esigenza di scriverla?

Dante ce lo dice esplicitamente. Nell’Epistola XIII con cui dedica il Paradiso a Cangrande della Scala, signore di Verona, egli ci spiega di aver scritto la Commedia “in pro’ del mondo che mal vive”. A fianco della valenza letteraria, importantissima, c’è dunque sia un cammino individuale dell’autore che aveva smarrito la diritta via, sia, anzi, soprattutto, una missione profetica urgente di cui il poeta sentiva di essere stato investito, ovvero quella di scuotere le coscienze e riportare l’umanità da uno stato di corruzione diffusa a una condizione di giustizia, di conversione, di ritorno a Dio.

All’inizio dell’Inferno Dante quasi si schermisce affermando “io non Enea, non Paulo sono”, ma di fatto è esattamente dopo il viaggio nell’oltretomba compiuto da Enea – fondatore dell’Impero – e il rapimento al terzo cielo di san Paolo – fondatore della Chiesa – che egli colloca la propria visione concessagli giusto per rifondare sia la Chiesa sia l’Impero (ricordo a questo proposito che per l’uomo medievale e per Dante in particolare Enea e San Paolo godevano della medesima autorevolezza!).

Poesia, teologia, letteratura e spiritualità: come si amalgamano nella figura di Dante e quale prevale in assoluto dagli studi di Chiara Donà?

Dante voleva sicuramente tornare a Firenze come poeta, anzi, come poeta incoronato. C’è in lui una forte consapevolezza della propria abilità (“l’acqua che io prendo già mai non si corse”) e d’altra parte la sostanza di questa poesia altissima è una sostanza soprannaturale.

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Per descrivere una materia tanto speciale ci voleva un’abilità linguistica e poetica altrettanto sublime e Dante accetta questa grande sfida di narrare, e oltre tutto in lingua volgare, ciò che è ineffabile per definizione: le realtà divine personalmente contemplate.

Le autorità che Dante porta, a sostegno della propria visione sono San Paolo, il profeta Ezechiele, San Bernardo, Sant’Agostino ed egli pone esplicitamente la Commedia sullo stesso piano delle Sacre Scritture.

Non c’è pertanto un aspetto che prevale sull’altro: poesia e spiritualità sono profondamente intrecciate, fortemente permeate l’una dell’altra.

Dante si propone infatti come Scriba Dei, come autore ispirato, e la Commedia è presentata come “Il poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra”.

Ritieni che Dante con la descrizione accurata del Purgatorio, dell’Inferno e del Paradiso abbia influenzato indelebilmente il nostro immaginario collettivo e le nostre credenze?

Assolutamente sì, la capacità creativa e immaginifica di Dante è fortissima e viene via via a costruire scenari concreti, vividi, è un vero e proprio “film” quello che si snoda davanti agli occhi del lettore che a sua volta ricrea nella propria mente quanto ricevuto. I diavoli, i dannati, le anime penitenti e poi i santi, che vivono nella beatitudine, avvolti dalla presenza luminosa di Dio, sono dipinti con tale maestria che ancor’oggi influenzano in modo innegabile, con i pro e i contro che questo comporta, l’idea che abbiamo dell’aldilà.

Infine, una curiosità per Chiara Donà: se la legge del contrappasso dantesco venisse applicata oggi, chi sarebbero per Dante i nuovi peccatori e quali le colpe da espiare?

Questa è una domanda molto stuzzicante! Mi vengono senz’altro alla mente i “peccati” legati al mondo della rete, per cui a espiare troveremmo probabilmente gli haters, gli “odiatori”, o i disseminatori di fake news, o più ancora coloro che rinunciano alla propria vita reale per rifugiarsi in una realtà del tutto virtuale.

Un posto tra i dannati lo potrebbero poi trovare coloro che, a vario livello, non rispettano, anzi sfruttano, inquinano e deturpano l’ambiente, il creato.

Ma sono abbastanza convinta che, tra le colpe della società contemporanea maggiormente condannate da Dante, ci sarebbe l’indifferenza. Quell’indifferenza che non ci fa più indignare di fronte alla sofferenza, all’ingiustizia, alla violenza e che molte volte è più colpevole della violenza stessa: quell’apatia di chi si volta dall’altra parte. Dante ha sempre preso posizione, pagando in prima persona il prezzo delle proprie scelte… è anche per questo che risulta attuale, è anche per questo che a me piace così tanto!

Su Francesca Ghezzani

Giornalista, addetto stampa, autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici. In passato ha collaborato con istituti in qualità di docente di comunicazione ed eventi.

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