Gerry Di Lorenzo: grazie alla scrittura mi conosco bene

Dopo la sua prima silloge poetica Pensieri di un poeta mediocre pubblicata nel 2019, il poeta e scrittore Gerry Di Lorenzo è tornato a far parlare di sé con la nuova opera In viaggio (Robin Edizioni).

“Mi chiamo Gerry Di Lorenzo e ho capito che se nella vita mi fermo, sono morto! Probabilmente è l’unica cosa che ho capito della vita”. Gerry, partiamo proprio da commentare questa tua asserzione di indubbio impatto.

Sono solito diffidare da chi ostenta saggezza e conoscenza della vita. La vita è imprevedibile, mai uguale, sorprendente. Chi può dire davvero di conoscerla? Ancora oggi, personalmente, ho poche certezze e molti dubbi. Forse il mio errore è quello di pormi troppe domande, mentre chi non lo fa, vive sereno e convinto di avere il “sapere” tra le mani. So per certo che quando mi fermo ho paura, come se le pareti mi stringessero, mi soffocassero. Mi sento perso, vuoto, vulnerabile; credo che sarei un soggetto tendente alla depressione se non mi ponessi continui obiettivi. Sono un animo inquieto e non è facile vivere con una tempesta interiore, è per questo che ho bisogno di inventare delle valvole di sfogo. Paradossalmente non ho paura di quello che c’è fuori ma di ciò che ho dentro ed è tanta roba, bella e brutta. I migliori pensieri e i peggiori si accavallano, s’intrecciano, si fondono. Insomma, se non ho obiettivi sono nel caos assoluto. Avere obiettivo è sinonimo di stimoli e io, per fortuna, li trovo in amore, negli affetti, oppure scrivendo. Essere sempre in cerca non vuol dire non accontentarmi, bensì arricchirmi di cose che mi danno soddisfazioni interiori. Voglio sensazioni ed emozioni da vivere e condividere, perché solo così ciò che è importante resta eterno. Nulla e nessuno muoiono mai completamente!

Se dovessi descriverti con pochi aggettivi quali useresti?

Altruista sicuramente, instabile perché passo da un’eccessiva euforia ad un’eccessiva malinconia da un momento all’altro. Sono caparbio, dicono carismatico, sensibile anche troppo e inguaribile ottimista.

Fin da piccolo coltivi la passione per la poesia e la musica. Quando hai capito che era arrivato il momento giusto per scrivere una silloge e da dove trai ispirazione?

Non l’ho capito, è stato tutto talmente naturale che mi sono ritrovato a scrivere senza nemmeno accorgermene. Ho iniziato quasi per scherzo a comporre alcuni versi e da lì è diventata un’esigenza, come fosse una droga. Ho capito che riuscivo a tirare fuori cose che diversamente non avrei mai fatto. Così ho anche imparato a conoscermi e forse, da quel momento, scrivere è diventata una necessità. Sono molto introspettivo ed implosivo, quindi scrivere mi aiuta tanto; è il viatico delle mie emozioni.

Dalla lettura di questa seconda raccolta si comprende che la vita è un continuo viaggio alla ricerca della felicità, affrontando tormenti e vivendo emozioni sottopelle che scuotono. Se un bambino ti chiedesse qual è il tuo concetto di felicità cosa risponderesti?

Gli risponderei che la felicità va ricercata nella quotidianità. Spesso il senso viene confuso e ci si convince che sia qualcosa di inarrivabile. I giovani credono che si trovi nella ricchezza, nel lusso, nella popolarità, nella bellezza esteriore. La felicità non è niente di tutto questo.  Gli direi di ambire ad essere sereno e soddisfatto, perché è questo che ti accompagna nella vita e fa conoscere la vera felicità. Sto bene con i miei affetti, sto bene con me stesso, allora sono felice. Se guadagnassi dieci milioni di euro al mese, ma non avessi una vita serena, probabilmente non sarei felice. Se sono fiero dei miei passi, dell’uomo che sono e lotto per rendere veri i miei sogni, bene, allora sono felice.

“Cercarsi” è un viaggio possibile ed incredibile. Ma vi è certezza di trovarsi o, comunque, di non perdersi di nuovo?

Nella vita non ci sono certezze ma sfide e obiettivi. Soprattutto per quanto mi riguarda, “cercarmi” è quel viaggio che se non lo facessi, mi lascerebbe il rimpianto. Non vi è certezza di trovarsi, come non vi è certezza di trovare ciò che si spera. C’è la certezza di acquisire consapevolezza di ciò che si è e forse di ciò che si vuole. Ci si può perdere di nuovo? Certo!  È allora che bisogna avere la forza di ripartire. Viviamo di fragilità, siamo come cristallo, questa è la realtà. La fragilità porta con sé le nostre paure, i nostri dubbi, le nostre insicurezze, che possono essere tenute a bada e combattute solo rimettendoci in viaggio alla ricerca di noi stessi.

Dopo le prime due raccolte di poesie, ti sei avvicinato alla prosa con la scrittura di un romanzo. Cosa potranno aspettarsi i tuoi lettori e, inoltre, pensi di aver ormai abbandonato la poesia o i tuoi versi torneranno a farci compagnia?

Si aspetteranno sicuramente un romanzo psicologico, con colpi di scena, in cui scavo nell’io di ogni personaggio: certezze, fragilità, rimpianti e pentimenti di una vita che è andata su un binario diverso, perversione, amore vero, quello che spinge a compiere gesti estremi. Si aspetteranno qualcosa che non sia un normale romanzo, ma che dia spunti di riflessione. Ed in effetti l’intento è quello. Intanto continuo a scrivere poesie, come sempre quando ne sento il bisogno, mai pensando di pubblicare una silloge. È una necessità.

In chiusura, che tipo di lettore sei?

Non leggo di tutto come fa un vero divoratore di libri; le mie scelte sono sempre mirate. Sono un lettore che desidera essere ammaliato e si perde felicemente tra aforismi e metafore. Amo anche linguaggi che non si perdono in fronzoli ma decisi arrivano al punto, lasciando sbalorditi per la loro semplicità e capacità di provocare emozioni forti. Amo Baudelaire, Oscar Wilde, Kafka, Alda Merini, Nietzsche. Praticamente molto spesso ho amato prima la persona, affascinato dalla propria filosofia di vita, poi l’artista. Comunque ce ne sarebbero ancora tanti. Amo le sensazioni forti!

Su Francesca Ghezzani

Giornalista, addetto stampa, autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici. In passato ha collaborato con istituti in qualità di docente di comunicazione ed eventi.

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