A Belfast boy, di Michael Phillips

L’Irlanda in A Belfast boy, di Michael Phillips

A Belfast boy, il libro che stiamo per presentare è diverso da tutti gli altri perché non è né un romanzo, né un saggio vero e proprio. Potremmo dire che è il racconto autobiografico di un uomo che ha lottato per l’identità del proprio paese e per ciò in cui ha creduto. Il testo in questione, come dicevamo, è A Belfast boy, libro di Michael Phillips, edito da Homeless Edizioni. Si tratta, dunque, di un libro autobiografico dove l’autore racconta le fasi della propria esistenza in un contesto storico particolare.

A Belfast boy, di Michael Phillips

Parliamo degli anni ’70 del secolo scorso che hanno visto l’Irlanda essere lo scenario della lotta tra i protestanti lealisti e i cattolici indipendentisti e degli attacchi dell’IRA contro la presenza britannica. Il libro giunge a vent’anni da quei tragici avvenimenti, che hanno coinvolto l’autore in prima persona, essendo stato incarcerato, e poi prosciolto, per quindici mesi in un carcere di massima sicurezza a Londra con l’ingiusta accusa di terrorismo. «Il cammino per riuscire ad andare avanti, pianificare il futuro ed evitare che il mio passato tossico continuasse ad influenzare le mie decisioni mi era costato caro troppo a lungo. Personalmente mi sento frustrato per aver sprecato tutto quel tempo bloccato in una situazione di crisi senza fine.

Carriera, stabilità economica e, naturalmente, relazioni sentimentali sono tutti aspetti che nel corso degli anni ne hanno risentito. È stata una corsa selvaggia ma ora è tempo di cambiare marcia, almeno per raggiungere un maggiore livello di responsabilità». La lettura di questo libro risulta molto toccante, perché l’autore mette nero su bianco non solo il racconto della sua vita a partire da una infanzia turbolenta, ma anche le difficoltà sorte nella sua nuova vita italiana. Il passato, che con questo libro affronta con aperto coraggio, continua ad essere una costante nella sua esistenza, in virtù anche di un ritorno nella sua terra d’origine di vecchie ombre rivoluzionarie. «Quando esplosero i Troubles alla fine degli anni Sessanta, inizio anni Settanta, la nostra casa in città fu attaccata. Un vicino protestante, che si era stranamente comportato in modo amichevole fino a quel momento, aggredì in maniera violenta mio padre Séan nella nostra cucina.

Il leader unionista Ian Paisley si era dato un gran da fare per aizzare i locali, portandoli a livelli di isterìa tali che la gente aveva iniziato a rivoltarsi contro amici e vicini di casa cattolici, quindi forse quello che visse mio padre non fu un evento così eccezionale. Come se non bastasse, quasi 50.000 famiglie cattoliche furono costrette a lasciare le loro case di Belfast – un episodio che in seguito fu definito come il maggiore movimento migratorio di massa nell’Europa del dopoguerra. Intere vie di alcuni quartieri cattolici furono date alle fiamme su ordine dei leader unionisti, che volevano difendere la corona ad ogni costo e togliersi tutti quei “papisti” dai piedi». Come si può leggere, A Belfast boy è un libro pieno di notizie e veramente appassionante, in cui emerge la rabbia e il rammarico di un uomo legato alla sua terra e per la quale la storia non è stata benevola.

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