L’accento sulla A è la storia di Felicita, una donna affetta da una rara malformazione, che l’ha fatta nascere con una vagina sul collo. Questa storia, all’apparenza strana, è stata scritta da Marco Ponzi e pubblicata da Edizioni Il Foglio.
Si tratta di un romanzo di formazione, poiché conosciamo la vita della protagonista fin dalla sua nascita: «Quando Felicita nacque, e si parla del momento esatto in cui ciò accadde, fu una festa per tutti. I genitori l’avevano attesa a lungo. Quella figlia era stata la realizzazione di un sogno che tardava a realizzarsi. Per questo motivo fu chiamata Felicita».
Felicita Gavazeni è una bella bambina, vivace, ma ha quel difetto, che le condizionerà per sempre la vita e in maniera negativa. In realtà i primi condizionamenti sono causati dai genitori, che non accettano quella malformazione, desiderando una figlia che rispondesse ai loro criteri di perfezione. Per questo motivo i primi anni di Felicita saranno di quasi totale isolamento dal resto del mondo. Intanto, i genitori cercano disperatamente una soluzione medica all’inconveniente, ma ben presto capiranno che nulla può essere fatto. Questa imperfezione della figlia, apparentemente, sarà la causa del fallimento del loro matrimonio, un legame che, tuttavia, non è mai stato caratterizzato da particolari slanci d’affetto e, al contrario, pieno di silenzi, incomprensioni, distanze. Felicita, ovviamente, cresce e ben presto diventa una donna bella e avvenente, ma che non sa quasi nulla del mondo. Tutta la sua sete di conoscenza viene repressa da una madre anaffettiva e quasi gelosa della bellezza di quella figlia, il cui difetto fisico è sempre condannato come qualcosa di peccaminoso. Ma non è solo quello, tutto ciò che Felicita desidera fare, come disegnare o studiare l’arte, è visto dalla madre come un peccato di lussuria e motivo di vergogna. È superprotetta da ogni intromissione sociale, ma questo non fa che peggiorare le cose e non garantisce a Felicita di evitare alcuni drammi. La famiglia di Felicita serve a Marco Ponzi per descrivere un ambiente pregno di pregiudizio, bigottismo e ignoranza mentale. Un mondo che la giovane è costretta a combattere minuto per minuto pur di ottenere quell’accento che manca nel suo nome; ovvero per raggiungere quella felicità che, per ironia della sorte, sembra conquistare per poi riperderla.
Il suo unico rimpianto, una volta divenuta anziana è Antonio, il vero amore della sua vita: «Lei rincontrava così il suo Antonio, l’unica persona di cui si era fidata e che se ne era andata troppo presto. Una storia d’amore rimane tale benché conclusa e non sarebbe valsa la pena di trovare altre gioie tra le braccia di altri uomini. Uomini che, di certo, non erano mancati in gioventù a Felicita, che poteva ritrovare in questi ultimi anni, ma che non avrebbero retto un confronto con Antonio».
Ora, che è quasi alla fine della sua esistenza, Felicita trae le somme di una vita fatta di dolori, di rimpianti e qualche soddisfazione, ma chi può affermare di avere vissuto una vita perfetta, senza ombre e macchie? Nessuno. E questo Felicita lo sa bene, come sa che le ombre servono a «mettere in risalto certi tipi di luce».