Siamo agli inizi degli anni ’80 quando Davide Buzzi dà il via alla propria carriera artistica partecipando al film di Nelo Risi “L’oro nel camino”.
Nei primi anni del decennio successivo si distingue nel mondo cantautorale italofono pubblicando il suo primo CD “Da grande”, al quale ne seguiranno altri tre, l’ultimo dei quali nel 2017, “Non ascoltare in caso d’incendio”.
Cantautore, fotografo, giornalista, ex poliziotto, nel 2013 approda poi al mondo letterario con il libro di racconti dal titolo “Il mio nome è Leponte… Johnny Leponte”, illustrato della pittrice Milvia Quadrio, ristampato poi nel 2017 da 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni di Follonica in una seconda edizione aggiornata. Sempre nel 2017, per ANA Edizioni / Collettivo ARBOK, pubblica il racconto breve “La multa”. A distanza di tre anni, lo scorso febbraio torna sul mercato editoriale con il thriller noir “Antonio Scalonesi: MEMORIALE DI UN ANOMALO OMICIDA SERIALE”, romanzo biografico di genere spoof che racconta le gesta del serial killer Antonio Scalonesi, attivo a cavallo fra Svizzera, Italia e Francia fra il 2004 e il 2010, pubblicato da 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni di Follonica.
Davide, che tipo di lettore sei e quali generi prediligi?
Sono un lettore compulsivo, tant’è che in generale non mi faccio mancare niente. Leggo una cinquantina di libri l’anno, soprattutto romanzi e biografie. Gialli, thriller, spionaggio, avventura, viaggi sul mio comodino non mancano mai. E poi i fumetti… Topolino, gli albi della Bonelli e i settimanali dell’Aurea. Rileggo spesso e volentieri i vecchi numeri di Ken Parker, sempre nella speranza di un suo ritorno.
In questi giorni ho terminato di leggere la biografia dello scrittore russo Eduard Limonov, di Emmanuel Carrère.
Tra gli scrittori di un tempo e tra quelli contemporanei c’è qualcuno a cui ti ispiri?
Fra gli scrittori storici apprezzo particolarmente Fëdor Dostoevskij, Gustave Flaubert, Alexandre Dumas. Per quanto riguarda gli stranieri, Martin Cruz Smith, Robert Ludlum e John Grisham. Fra gli italiani i miei preferiti sono certamente Carlo Lucarelli, Andrea Vitali e Luigi Pirandello.
Negli scritti pubblicati fino a oggi ho sempre cercato di non avvicinarmi allo stile di nessuno, anche perche alla fine un artista cerca sempre di essere il più possibile vicino a se stesso.
Recentemente ho però terminato di scrivere un nuovo romanzo che, volutamente, si ispira allo stile di Andrea vitali. Niente a che vedere con il thriller; si tratta di una storia di paese che racconta una vicenda intricata, ricca di colpi di scena e certamente divertente, che si sviluppa a causa del ritiro dai campionati minori della locale società calcistica e della messa in vendita dell’ormai inutilizzato campo da calcio.
Hai voglia di spiegare ai lettori che cosa si intende per romanzo biografico di genere spoof?
Uno spoof, per essere tale, deve mescolare accuratamente realtà e finzione fino a trasformare il tutto in una nuova verità. In questo caso si tratta di una vera e propria biografia, che racconta le gesta di uno spietato serial killer attingendo a fatti realmente accaduti e mescolati con altri completamente inventati. Una grande bugia ma talmente reale da apparire vera in tutto e per tutto.
Un esempio pratico che uso spesso quando devo spiegare cosa sia uno spoof è quello del caso dell’autobiografia del misantropo miliardario americano Howard Hughes, realizzata nel 1971 dallo scrittore americano Clifford Irving. Sebbene in realtà questa nacque come un falso con l’intento di truffare la casa editrice per la quale Irving lavorava, è comunque un esempio perfetto di come si realizza uno spoof.
Irving per molti mesi fece credere al suo editore di essere stato contattato da Howard Hughes e che, su incarico dello stesso, stesse raccogliendo una serie di interviste registrate per poi arrivare alla pubblicazione di un libro di memorie. In verità lo scrittore realizzò la sua opera attingendo a diverse fonti storiche e ai racconti di alcune persone che in passato erano entrate in contatto con Hughes. Quello che gli mancava per completare il lavoro, se lo inventò di sana pianta. Per avvalorare il tutto Irving creò poi delle lettere manoscritte e degli appunti, falsificando la calligrafia e la firma di Hughes. Inoltre incise il racconto su di un nastro revox imitando addirittura alla perfezione la voce e le inflessioni del magnate americano. Il lavoro riuscì talmente perfetto che nessuno avrebbe potuto mettere in dubbio la veridicità dell’opera, tranne naturalmente il protagonista stesso, ovvero Howard Hughes.
L’inganno venne a galla solo pochi giorni prima della pubblicazione, quando già il libro era stampato e pronto per essere distribuito. Quasi tutti i volumi vennero distrutti (furono bruciati centinaia e centinaia di bancali) e in seguito Irving fu processato e condannato.
Se la medesima opera fosse stata realizzata modificando il nome del protagonista e affermando che in realtà tutta la storia era falsa, ecco che ci saremmo trovati davanti allo spoof perfetto e nessuno avrebbe potuto contestare nulla a Clifford Irving.
Chi è Antonio Scalonesi? Qualche aneddoto della tua vita ti ha aiutato dargli vita?
Al momento dei fatti Antonio Scalonesi era un immobiliarista di 33 anni che viveva e lavorava in una valle di montagna della Svizzera Italiana. Ex ciclista semiprofessionista, scapolo, era una persona benvoluta e rispettata da tutti e che mai in passato aveva creato problemi.
La storia inizia praticamente dalla fine, quando l’11 novembre 2011 Scalonesi entra nel palazzo della Procura della Repubblica e del Cantone Ticino di Lugano e chiede di incontrare l’allora Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi, al quale confessa di essere un serial killer. L’uomo inizia a esporre un racconto dai risvolti terribili e inimmaginabili, una lunga serie di delitti che a partire dal 2004 e fino al 2010 si dipana fra Svizzera, Italia e Francia. Ma non è tutto, perché nello svolgersi della confessione ad un certo punto la storia sembra ribaltarsi fino a rivelare un risvolto inaspettato che proietta Scalonesi all’interno di uno spietato intrigo internazionale. Antonio Scalonesi è davvero chi dice di essere oppure è un abile millantatore che riesce a destreggiarsi fra menzogna e verità?
L’idea di questa storia parte da lontano. Oltre 20 anni fa, quando ancora ero un agente del corpo delle Guardie di Confine svizzere, mi capitò di eseguire un paio di arresti assai impegnativi, uno in particolare a Basilea, quando fermai un personaggio pluriricercato per rapina a mano armata e crimini diversi contro le persone. In risposta alla mia domanda se fosse armato, questi affermò che se fosse stato armato di certo non si sarebbe fatto arrestare.
Non fu tanto la sua risposta a colpirmi, quanto il tono della stessa. il senso era chiaro, se lui fosse stato armato io e i miei colleghi probabilmente saremmo morti. Non c’era animosità o astio, il tono era neutro, come se stesse parlando del cattivo tempo trovato in vacanza. Non era una questione personale. Semplicemente per questo uomo sparare a un altro essere umano poteva considerarsi tutt’al più un incidente di percorso.
Un secondo caso fu il fermo di un rapinatore al valico di Stabio. In quell’occasione rimasi impressionato dal modo di mentire spudorato di questo personaggio, dalla sua abilità nel mescolare le carte per arrivare a incantare chi stava dall’altra parte.
Questi due personaggi, sebbene li abbia potuti avvicinare solo per poco tempo, hanno contribuito in modo importante nell’abbozzo del carattere di Scalonesi, che poi un po’ alla volta è andato a profilarsi autonomamente.
Ma la necessità vera e propria di scrivere questo racconto si è sviluppata in due periodi difficili della mia vita, dapprima a causa del divorzio che ha travolto la mia regolarità famigliare e, un paio di anni dopo, l’evento di una grave malattia che improvvisamente mi ha aggredito e cambiato per sempre la mia esistenza. In quei momenti la negatività che mi portavo addosso era talmente gravosa da non permettermi più di vivere serenamente. Dovevo quindi trovare un modo per sfogarla prima che potesse trascinarmi a fondo. Ho allora iniziato a buttare sulla carta il mio lato oscuro che in quel momento emergeva in tutta la sua forza. E così è nato questo personaggio e poi di seguito tutta la storia che ha portato alla realizzazione del romanzo.
In verità per riuscire a portare a compimento l’opera è stato basilare l’aiuto di diversi specialisti che hanno voluto collaborare con me, quali l’ex capo della polizia scientifica del Cantone Ticino, un rinomato psichiatra, un armaiolo, colleghi giornalisti, avvocati, ecc.
È soprattutto grazie a loro che questa storia è diventata talmente vera da trasformarsi in un vero e proprio spoof.
Tra racconti efferati che vengono narrati, c’è un messaggio che volevi lasciare ai tuoi lettori?
Quello che sono riuscito a comprendere durante i dieci anni nei quali ho lavorato a questa storia è che, nella profondità di ogni ognuno di noi, vive un lato oscuro che per la maggior parte della vita tende rimanere latente. Purtroppo però in ogni essere umano esiste anche una combinazione scatenante che quando si attiva può in qualche modo farci arrivare a pensare o, nelle situazioni peggiori, commettere delle cose veramente brutte.
Non bisogna comunque esagerare con i pensieri negativi, in quanto e per fortuna la maggior parte della gente convive in pace e armonia.
Ci racconti, con immagini evocative che ci permettano di immaginarlo, il bellissimo booktrailer a cui hai dato vita… magari svelandoci anche qualcosa del backstage?
L’ambientazione è quella invernale di un passo alpino, a 1920 metri di altezza. Tutto accade il 29 febbraio del 2008 durante una tormenta di neve, quando Antonio Scalonesi giunge in cima a questo passo con una Mercedes wagon, che non è sua ma appartiene a tale Nicolas Sagnier, un ispettore capo della Civipol, una multinazionale specializzata nella sicurezza di cose e persone e all’epoca sottoposta al Ministero dell’Interno francese. Il trailer trasmette immediatamente la tensione che pervade per la maggior parte del romanzo vero e proprio, mettendo subito in luce il cinismo del protagonista. Il filmato lo abbiamo girato in cima al Passo del Lucomagno, in mezzo a una tormenta di neve e a oltre 10 gradi sotto zero, con l’ausilio di un drone e di diverse camere che riprendono la scena da diversi punti di vista. Un plauso va certamente a tutta la squadra della Minds Production, al regista Elia Andrioletti e agli attori, i quali hanno saputo interpretare alla perfezione il mio racconto e a realizzare il video esattamente come lo avevo immaginato, malgrado le condizioni davvero proibitive nelle quali ci siamo ritrovati a lavorare.
Del trailer esistono due versioni diverse, un flash di 40 secondi, diretto e essenziale, e un vero e proprio cortometraggio della durata di 5 minuti, con la voce narrante di Antonio Scalonesi tratta dalla registrazione di una delle sue confessioni e con in sottofondo la canzone originale D.D.D.
E della musica che accompagna il libro cosa puoi dirci?
D.D.D. è il brano che ho scritto con la collaborazione di Alex Cambise, interpretato dal cantautore svizzero-italiano Luca Buletti, pensandolo proprio come la colonna sonora del romanzo.
Si tratta di una canzone in stile spiccatamente West Coast, che richiama al calore e alla solitudine del deserto del Mojave. Nel booktrailer si contrappone prepotentemente all’ambientazione invernale e alpina, creando nello spettatore un evidente senso di disconnessione, contribuendo così ad aumentarne la tensione.
D.D.D. è presente nell’album “Sto cambiando immagine” di Luca Buletti, che uscirà sul mercato discografico fra alcune settimane.
Esiste anche un video ufficiale del brano, che sarà varato in contemporanea con il CD di Buletti.
Un artista, di solito, è sempre in fermento… sai già a quale progetto futuro ti condurrà la tua creatività che spazia tra più arti?
A livello musicale a breve dovrei uscire pure io con un album di 12 canzoni dal titolo “Radiazioni sonore artificiali non coerenti”, secondo CD della mia trilogia, mentre il prossimo anno spero di poter vedere pubblicato un nuovo romanzo al quale sto lavorando attualmente.