Rita Guardascione nasce a Monte di Procida, in provincia di Napoli, ama il teatro e le fiabe, pubblica Il lago rapito (Homoscrivens, 2003), la filastrocca La particella Universale (2005) e nel 2006 vince il concorso internazionale “Una poesia per l’Alzheimer” con il racconto L’assenza. Poi arriva sul mercato editoriale il romanzo Donna con due ombre edito, sempre, da Homoscrivens.
Rita Guardascione, il tuo romanzo è stato inserito nel genere thriller e spy-story, perché?
Donna con due ombre non contiene elementi come il brivido, la tensione costante o il terrore, propri del thriller, tantomeno vicende di spionaggio tipiche delle spy story inglesi, ma include caratterizzazioni che appartengono a entrambi come il doppio gioco, la dualità, il ricatto e il tentativo della protagonista di sopravvivere, aspetto che coinvolge il lettore emotivamente, lo lega a sé fino alla fine rendendolo partecipe della sua magistrale risoluzione. Io lo avrei definito semplicemente romanzo, ma come ogni prodotto ha subito la necessità di un’identificazione, di un genere, per questo è stato necessario definirlo.
Il titolo “Donna con due ombre” lascia presagire la storia di una protagonista dalla doppia personalità e dalla doppia vita, è così?
Doppia personalità no, ma doppia vita sicuramente. La dualità è il filo conduttore e nevralgico del romanzo e, per quanto riguarda la protagonista, è addirittura una componente costante della sua vita, sin dalla nascita. Quando sceglie di diventare una killer lo fa non solo mossa da una nobile motivazione, ma anche dalla determinazione e della chiara consapevolezza di sé. Diventare un’affermata psicoanalista è la dimostrazione e il mezzo con cui riesce a sopravvivere vestendo e gestendo brillantemente entrambi i ruoli. È assolutamente lucida e una cosa sola.
Come hai fatto a documentarti per delinearne il profilo psicologico?
Il profilo, inteso come personaggio e il suo pensiero, è frutto della mia fantasia influenzata sicuramente dalla passione per letture a tema psicologico. Per quanto riguarda invece la tecnica e l’evoluzione di Micol-psicoanalista mi sono avvalsa della consulenza della terapeuta dott.ssa Stefania Ferrante.
Un’ultima domanda: una fitta rete di personaggi si intersecano in questa doppia esistenza, ma dietro alla storia che racconti c’è forse una denuncia sociale contro chi ha avvelenato la propria terra e “stuprato” un paese?
A differenza dei personaggi principali, i luoghi che descrivo sono tutti reali.
C’è Napoli e ci sono i Campi Flegrei dove io sono nata e con la quale la protagonista ha un legame inconsapevole e indissolubile.
Quando ho iniziato a scrivere questo romanzo oltre alla voglia di creare e dare corpo al mio personaggio, c’era la volontà di evidenziare un disagio intimo che molti come me vivono ogni giorno perché spettatori di realtà contrastanti, convivenze di bellezza e disarmonia. L’obiettivo era quello di dirigere spot su vari luoghi evidenziando la propria fisicità attraverso un personaggio, inoltre, sottolineare come, certi soggetti, concorrono alla invivibilità di questi posti a discapito di molte persone che vivono lì e giorno dopo giorno diventano invisibili.
Contemporaneamente desideravo esaltare la bellezza della terra flegrea e di Bacoli che, la protagonista, sente come la sua seconda casa. Micol, infatti, pur ignorando le sue origini attribuisce alla bellezza di questi posti il suo attaccamento e li ama, come li amo io, dimenati tra l’armonia della natura, della storia che si respira ovunque e l’incuria, figlia di un immobilismo ancestrale del quale siamo vittime e artefici.
Per anni siamo rimasti a guardare fingendo di non vedere chi la stava stuprando. Purtroppo è accaduto e le ferite sono evidenti. Anche se la bellezza le occulta, noi sappiamo che ci sono. Nel romanzo ho dato a Micol il potere di difenderli prima che fosse troppo tardi. Nella realtà speriamo nel potere della politica giovane e consapevole.