Ammette, senza tanto giri di parole, che scrivere Il Punto Di Non Ritorno, il suo romanzo di esordio, pubblicato da Acar Edizioni, sia stato liberatorio, terapeutico e autentico. La scrittrice bresciana Simonetta Calosi, che tanti consensi, sia di pubblico che di critica, sta riscuotendo. Lo dimostrano le numerose recensioni positive su Amazon e la conquista del meritato marchio Microeditoria di Qualità 2019 per la sua opera prima. Donna determinata e caparbia ama pensare in positivo e cercare di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno nella vita.
Simonetta Calosi, presentati ai nostri lettori con pregi, vizi e virtù…
Tanto è facile parlare degli altri e tanto è complicato descrivere sé stessi con obiettività e pochi aggettivi azzeccati. Forse il mio pregio principale è quello di essere una persona che ama pensare in positivo e vede sempre il bicchiere mezzo pieno. Sono una donna dinamica e aperta alle novità. Vizi? L’ansia. Il voler controllare le cose e le situazioni, nei limiti del possibile ovviamente. Virtù? Caparbietà e determinazione. Col tempo sto imparando il difficile valore della pazienza.
Il tuo primo romanzo, Il Punto Di Non Ritorno, è a due voci, perché questa scelta?
Ho scelto di raccontare questa storia a due voci per dare ai sentimenti e alle emozioni delle sfaccettature diverse e poter andare più in profondità nello svolgimento degli eventi.
E’ stato difficile impersonare “i panni” di un uomo?
Parlare e pensare come un uomo è stata una bella sfida. Credo e spero di esserci riuscita.
Credi che per un uomo sia più facile pensare e agire come una donna, o è più semplice, per noi donne, agire e comportarsi come un uomo?
L’universo maschile e quello femminile sono così diversi che non è mai semplice, né per una donna pensare ed agire come un uomo, né il contrario. E credo non sia giusto generalizzare. Di quale uomo o di quale donna stiamo parlando? Si aprirebbe una parentesi infinita fatta di personalità, caratteri e contesti differenti.
Giulio, il protagonista maschile della storia, sembra all’inizio, il classico sbruffone e latin lover da strapazzo, che, durante un suo soggiorno a Londra, abborda una ragazzina di 19 anni, con la quale trascorre una notte d’amore. Ma lui ha 30 anni! Dunque i giovani di oggi, sono talmente immaturi da volersi accoppiare con ragazze eccessivamente più giovani di loro? Non è forse questo un cliché?
Il protagonista maschile, Giulio, si presenta all’inizio come un simpatico cialtrone che si atteggia a “uomo di mondo”. Si nasconde dietro a questa facciata perché è più semplice indossare la maschera della superficialità piuttosto che affrontare i fantasmi del passato. Ho voluto presentarlo in questo modo per sottolineare il percorso personale che compirà nell’arco della storia.
Di contro Sara, neo diciannovenne, pare più grande della sua età, a livello caratteriale e psicologico. Hai deciso di descriverla in tale maniera per dimostrare che, in realtà l’età anagrafica non conta e che, sotto sotto, lei è più matura di Giulio?
Esattamente. Sara, pur essendo molto più giovane di Giulio, mostra già un atteggiamento più maturo nei confronti delle difficoltà e del dolore. L’età anagrafica conta solo fino ad un certo punto. C’è chi è costretto a crescere in fretta perché la vita lo ha già messo di fronte a dei punti di non ritorno che inevitabilmente ti cambiano, ti forgiano; e c’è chi mette in atto le stesse dinamiche senza progredire o maturare.
Credi sia vera la credenza popolare che gli uomini maturino più tardi rispetto alle donne?
No. Difficilmente mi ritrovo a dare etichette e se lo faccio mi bacchetto da sola. Come dicevo, il grado di maturità dipende dal proprio vissuto e dalla capacità o volontà di elaborarlo per compiere un passo avanti.
Perché, secondo te, si tende sovente a generalizzare e catalogare le persone in base al loro sesso di appartenenza?
Forse si tende a catalogare o a generalizzare perché trovare risposte facili rassicura l’animo umano sempre alla ricerca di spiegazioni. Sicuramente gli uomini e le donne sono diversi, a volte in positivo, altre in negativo. Per fortuna, aggiungerei; siamo fatti per completarci. Ma ciò non significa necessariamente che l’accezione negativa debba appartenere all’uno o all’altro sesso. Esistono solo le persone. E l’intelligenza, la bontà, la stupidità o la generosità, potremmo proseguire all’infinito… Non hanno sesso.
E’ forse anche questo un ennesimo cliché?
Non credo quindi ai cliché o agli stereotipi. E’ facile caderne vittima, questo sì. Ed è per tale motivo che non dobbiamo mai smettere di farci domande e di coltivare l’empatia. La capacità di sapersi calare nei panni degli altri.
Tu, in linea generale, credi ai cliché?
E’ importantissimo non rimanere schiavi dei cliché, a livello umano innanzitutto e in un secondo momento se si sente il desiderio di scrivere. Come si fa a raccontare una storia libera da stereotipi o pregiudizi se non ci si sforza di aprire la mente, il ragionamento o di provare empatia?
Come riesci a vincerli nella tua quotidianità?
Per quanto mi riguarda sì. Scrivere Il punto di non ritorno è stato liberatorio, terapeutico e autentico. Nella scrittura, come in altri ambiti, è fondamentale essere se stessi. E’ l’unica garanzia che ti permette di trasmettere emozioni.
Quanto è importante per uno scrittore, quindi anche per te, non esserne schiavi?
La libertà assoluta, a mio avviso, non esiste. Premettendo che la nostra libertà finisce nel momento in cui si va a ledere quella degli altri, credo che libertà significhi fare le scelte che più corrispondono alla nostra natura e al nostro modo di pensare. Ascoltare la voce interiore, senza condizionamenti. La libertà è una delle conquiste più dure da raggiungere.
Infine, quale è la tua concezione di libertà? Che cosa significa essere veramente liberi?
Essere veramente liberi significa riuscire a condividere se stessi con gli altri senza mai annullare la propria volontà, desideri, inclinazioni personali.