“Le ho provate tutte! Storie di diete e insuccessi” è il libro scritto da Patrizia Caldonazzo, edito da Undici Edizioni e con la prefazione di una penna di tutto rispetto quale quella di Catena Fiorello.
L’autrice si racconta non nelle vesti di una donna perdente, bensì di una persona determinata, consapevole e capace di mettersi in discussione, il tutto condito con l’ironia e la capacità di sdrammatizzare che la contraddistinguono tanto nello scrivere quanto nella vita, sebbene la tematica affrontata sia delicata e vada ben oltre il problema di qualche chilo di troppo.
Attraverso un resoconto delle proprie esperienze e degli innumerevoli tentativi messi in atto, Patrizia racconta di come ogni insuccesso conduca a una vera e propria ossessione per il proprio aspetto fisico ma incita a non mollare se, dopo tanti sforzi, si desidera ancora migliorarsi e non si è smesso di crederci.
Patrizia, tu scrivi “Che noia, che fatica, quando non si è determinate e forti abbastanza, quanto ti rendi conto che per essere in forma devi cambiare totalmente il tuo stile di vita. Per una donna come me – alla quale è sempre piaciuto mangiare – dover rinunciare alla libertà del gusto è una condanna a morte”.
Quanto è stato difficile guardarti dentro e capire che il disagio per il tuo fisico stava rovinando la tua stessa esistenza?
Comincio con il dire che cambiare le proprie abitudini alimentari non è già di per sé semplice perché io sono abituata ad avere un rapporto con il cibo morboso e godereccio, per me andare a tavola è una cerimonia e fonte di felicità, pertanto dovermi reprimere in tal senso mi cambia l’umore, con un conseguente disagio emotivo. Inoltre ritengo che ogni parametro vari a seconda dell’entourage in cui una persona vive e lavora: io opero nel mondo televisivo, cinematografico dove l’apparenza regna sovrana e, perciò, mi devo confrontare quotidianamente con chi dà molta importanza all’aspetto esteriore e alla cura del dettaglio. È qui che il paragone allora diventa pesante.
Pensi che il sentirsi dentro ad una gabbia che ci fa vergognare di noi stessi tanto da desiderare di diventare invisibili sia sintomatico di una scarsa autostima di base o che sia esso stesso la causa di una conseguente bassa considerazione di sé?
Ho fatto sempre un lavoro molto profondo su me stessa tramite l’analisi per cercare di migliorare. A livello caratteriale e di personalità nutro una grossa stima nei miei confronti, il mio conflitto è circoscritto al fisico, ambito verso il quale mi ritrovo alquanto severa. Amo il confronto e il raffronto con gli altri, mi immedesimo nei loro problemi con empatia e questo è il motivo per cui ho deciso di scrivere questo libro, proprio nel momento in cui ho capito che potevo essere di aiuto a persone che, magari, hanno bisogno di consigli tramite le mie numerose esperienze e i mezzi che, a differenza di altri, ho potuto avere.
Tra le pagine del tuo libro sfati il mito che le persone in sovrappeso siano allegre, alla stessa stregua del concetto che dietro una bellezza perfetta ci sia un’esistenza altrettanto perfetta. Scrivere questo libro ha significato per te trovare un giusto punto di equilibrio?
Anche in questo caso ritengo che la differenza la faccia il contesto in cui ci si trova a vivere. Mi spiego meglio, e con tutta l’umiltà del caso: in certi ambienti non trovi persone in sovrappeso, tutti sono attenti alla cura del proprio fisico e noti che quell’eccezione che, invece, presenta dei chili in più, ne soffre e capisci che la sua risata non è autentica.
Nel tentativo di ritrovare la perfetta forma fisica anche con rimedi drastici non ti ha mai sfiorato la paura di danneggiare irreversibilmente la salute?
Sì, soprattutto negli ultimi anni. Quando si è giovani ci si sente eterni, le malattie e la morte le senti lontane, poi con il tempo fai il conto con delle perdite e assumi una consapevolezza diversa della vita e della precarietà dello stato di salute. Prima ero più superficiale e incosciente, oggi sono più attenta.
La parte razionale, purtroppo, però, è sempre stata vinta dalla parte emotiva e istintiva. Io invidio molto le donne che si amano, che hanno disciplina. Su tante altre cose sono fortissima, ma sul cibo mi perdo.
Ora sono in effetti più attenta a praticare dell’attività fisica, ma sostanzialmente perché mi devo curare.
Non deve essere facile neppure per i famigliari e gli affetti più cari… ti hanno aiutata?
Il mio libro è dedicato a mio marito, a mio figlio e a mia madre che mi hanno supportata e sopportata in tutti questi anni. Avere a fianco una persona come me che, ogni due per tre, si imbatte in una dieta nuova con conseguenti cambiamenti di umore, di atteggiamento e di abitudini dentro casa non è semplice, mentre è facile per la sottoscritta scorgere nelle loro parole di amore delle espressioni nemiche seppure – lo so – siano dette per il mio bene.
Credi che un percorso di psicoterapia possa aiutare a eliminare la dipendenza dal cibo e condurre a una rieducazione alimentare?
Assolutamente no nel mio caso, credo che aiuti nell’approccio verso la vita e verso alcune situazioni e nella conoscenza di se stessi, ma su di me non è riuscito a risolvere il problema.
I canoni di bellezza dettati dalla moda e dalla pubblicità, è noto, di certo non aiutano. Che cosa possiamo fare per gli adolescenti di oggi?
Ci vogliono molto amore e molta pazienza quando ci si rivolge agli adolescenti, bisogna parlarci senza fretta, con tono amichevole e non di rimprovero ed è necessario avere l’intelligenza di trattare argomenti che li interessino per poi condurli su ciò che vogliamo, senza però dimenticarci della loro dimensione nella quale dobbiamo calarci.
Una tematica che ti è altrettanto cara è quella del bullismo: ritieni che un aspetto fisico in sovrappeso o in evidente sottopeso faciliti l’instaurarsi di atti di questo genere?
Sì, purtroppo sì, soprattutto nella società in cui viviamo dove l’apparire è alla base. Oggi le ragazzine si assomigliano tutte, chi è in sovrappeso e fuori dal coro viene ridicolizzato dagli altri.
Qual è il messaggio che vuoi lanciare ai tuoi lettori?
Io voglio aiutare tutte le persone a cercare di non fare gli stessi errori che ho fatto io, anche rischiando la salute. Questo è un libro che avrei voluto sempre trovare negli scaffali dei libri e non è mai successo: ho desiderato scriverlo per poter suggerire agli altri e consigliare loro di non imbattersi in esperienze troppo grosse e pericolose.