Uscito a novembre scorso, “Verità fai-da-te Il pensiero critico argine alla disinformazione” (Melino Nerella Edizioni) è il nuovo libro del giornalista e scrittore Aldo Mantineo.
La questione della disinformazione non è, certo, nuova, ma oggi facciamo i conti con un mondo nel quale ciascuno prova a costruire verità a proprio uso e consumo.
Il libro di Aldo Mantineo è disponibile di seguito:
Siamo disarmati? Siamo soccombenti a prescindere? Dobbiamo fare buon viso a cattiva sorte? Ne parliamo con l’autore per la nostra rubrica “Libri e Scrittori“:
Aldo Mantineo, benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo. Oggi come non mai si parla tantissimo di disinformazione e di fake news. Ma è davvero un tema così vasto e penetrante o piuttosto si tratta di uno dei fenomeni sui quali ciclicamente vengono accesi i riflettori per poi puntarli sulla nuova emergenza di turno che la cronaca proporrà?
Quello della disinformazione è un tema trasversale alla quotidianità di ciascuno di noi. Uno dei più grandi errori – ma anche dei più grandi “favori” – che potremmo fare a tutto vantaggio di chi utilizza la leva della disinformazione sarebbe proprio quello di ritenere che si tratti di “affare” che riguardi solo giornalisti e professionisti della comunicazione. Certamente quello di chi “lavora” nel campo sempre più vasto dell’informazione è uno dei terreni in prima linea ma la battaglia contro la disinformazione e tutto ciò che genera (anche grazie a tecnologie e tecniche sempre più sofisticate) non ammette dichiarazioni di neutralità. Il diritto ad avere un’informazione corretta, equilibrata, verificata, trasparente, naturalmente non sempre (e per forza) in linea con il nostro pensiero, richiede uno sforzo collettivo, un vero e proprio gioco di squadra.
Questo a maggior ragione adesso che il vecchio modo di fare e fruire dei contenuti di informazione – almeno così come lo avevamo conosciuto sino a una ventina di anni fa – è profondamente cambiato. Siamo passati da un sistema più chiuso e verticistico nel quale era essenziale la mediazione giornalistica ad uno decisamente più aperto e orizzontale (ma, attenzione, ciò da solo non è sinonimo di maggiore trasparenza…) nel quale tutti siamo co-produttori e co-fruitori di contenuti di informazione. Un cambio di passo e di prospettiva che ha avuto come poderoso alleato da una parte la sempre più rapida e massiccia diffusione dei social network capaci di favorire la tessitura di reti di rapporti che hanno anche cancellato l’esistenza di limitazioni territoriali e geografiche, dall’altra lo sviluppo impetuoso di apparati tecnologici sempre più performanti in grado di tenerci immersi in una condizione di connessione perenne ventiquattro ore su ventiquattro, 365 giorni all’anno. In Italia, giusto per fare un esempio, il 97,3 per cento della popolazione possiede uno smartphone (dati Digital Report, febbraio 2022), apparecchi sempre più performanti e di prezzo abbordabile! È uno degli effetti di quella rivoluzione industriale low cost nella quale siamo pienamente immersi e che ha radicalmente cambiato il paradigma della nostra quotidianità quanto a “consumo” di informazione (ma non solo…).
Sempre più frequentemente si prova a liquidare come fake news tutto ciò che non collimi col proprio modo di vedere e pensare. Volendo estremizzare allora tutto potrebbe essere definito fake news, Aldo Mantineo, tutto potrebbe essere prodotto della disinformazione…
Anche qui è necessario fare chiarezza per evitare di rischiare qualcosa. In particolare dobbiamo evitare di considerare tutto ciò sul quale non concordiamo come prodotto di disinformazione perché altrimenti se tutto fosse fake news nulla… sarebbe fake news. In soldoni: per contrastare o confutare una tesi sulla quale non conveniamo non appiccichiamole sopra la comoda etichetta di notizia falsa perché facendo così azzereremmo il confronto, anestetizzeremmo il dibattito, appiattiremmo ogni pur importante differenza. Una cosa è non alimentare la disinformazione (in maniera intenzionale o anche in modo non volontario condividendo in buona fede un contenuto errato, in questo caso parleremmo di misinformation) interrompendo la catena della diffusione di fake news, ben altro è non accettare l’altrui modo di veder al quale contrapponiamo, argomentandolo a dovere, un nostro punto di vista. Ecco, il nodo sta tutto qui: fake news sono tutte quelle notizie e informazioni che non superano la barriera di una verifica accurata. Fuori da questo perimetro si rimane nella legittima – oltre che costituzionalmente tutelata – libertà di manifestazione del pensiero. È per questo motivo che più che definire correttamente cosa sia una notizia falsa mi sembra sia piuttosto necessario puntare l’attenzione sul come riuscire a riconoscere e intercettare una notizia falsa. E in questo compito il web – e in particolare le piattaforme social, spesso (ma non sempre a ragione) sul banco degli imputati quando si parla di disinformazione -, può essere un prezioso alleato nel faticoso e impegnativo processo di ricerca di una verità. Di decaloghi per navigare in maniera accorta senza finire come pesci nella rete della disinformazione on line se ne trovano in quantità e tutti sono legati da un unico filo: occorre procedere utilizzando sempre buon senso, non finiamo di porsi domande, non fermiamoci alla prima -pur comoda e suggestiva che possa essere – soluzione proposta. E, non di meno, prendendoci il giusto tempo per verificare un’informazione.
A proposito di tempo Aldo Mantineo. La tendenza attuale sembra essere completamente diversa, si preferisce fare più in fretta possibile, è una corsa a chi condivide o retwittare prima degli altri, una caccia all’ultimo like disponibile…
Io a questo proposito parlo di un “Fattore T” – dove ovviamente T sta per tempo – e vi annetto grande importanza. La verifica di una notizia è operazione tanto necessaria – anzi, indispensabile – quanto complessa (oltre a richiedere di padroneggiare a dovere i ferri del mestiere). Lo sa bene chiunque abbia esperienza di redazione, un luogo nel quale l’orizzonte temporale dell’azione non è quello di uno studioso che può dedicare il tempo giusto a provare, riprovare, sperimentare, confrontare i risultati via via ottenuti bensì è quello di un’edizione di tg o di radiogiornale che deve andare in onda o dell’edizione di un giornale da “chiudere” per avviare le pagine in stampa. Ecco che quando si parla di “Fattore-T”, non sembra ozioso rifarsi ai greci che utilizzavano due concetti: Kronos per indicare il tempo nella dimensione dello scorrere delle ore, e Kairos per riferirsi al tempo opportuno, alla buona occasione, al momento propizio.
Ecco, una buona verifica si muove certamente sulla lunghezza d’onda del tempo inteso come Kronos ma non v’è dubbio che quello che lo qualifica in maniera più adeguata è intenderlo come Kairos, miscelando nello scorrere del tempo quella necessaria accuratezza che è parte stessa dell’operazione di verifica. Ma una notizia più che verificata tout court ha necessità di essere verificata in maniera accurata. E così l’accuratezza diventa essa stessa elemento qualificante di quella complessa operazione nella quale chiunque – ma a maggior ragione un professionista dell’informazione – deve miscelare impegno, passione, preparazione, competenza, conoscenza, scrupolo, curiosità, rigore, deontologia, formazione. E tutto ciò ha bisogno del giusto tempo, alla luce di tutte le contingenze delle quali si è detto, con buona pace di chi ritiene che condividere un contenuto in maniera praticamente compulsiva, a prescindere da ogni analisi possibile, sia pratica che dia visibilità.