Simone Neviani. Foto di Natalia Cartney
Simone Neviani. Foto di Natalia Cartney

A tu per tu con Simone Neviani

Che cosa significa essere oggigiorno un attore? Ne parliamo con Simone Neviani, che sembra sicuro di se: “Significa che essere soltanto un attore non basta!”.

Simone Neviani. Foto di Natalia Cartney
Simone Neviani. Foto di Natalia Cartney

E’ un bravo attore di teatro, cinema e televisione, il giovane Simone Neviani che qualche anno fa ha deciso di studiare seriamente recitazione in Australia e successivamente in America. Ora, dopo aver rivestito anche il ruolo di regista teatrale, sogna di dirigere un cortometraggio tutto suo.

Simone Neviani benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, perché hai deciso di diventare un attore?

Lo decisi quando essenzialmente le occasioni mi capitarono e presi la decisione di iniziare a studiare recitazione a Sydney, per poi anche spostarmi in America a proseguirne gli studi. Esattamente due anni fa ho avuto la mia prima sceneggiatura teatrale in lingua inglese.

Che cosa significa esserlo oggigiorno e, sopratutto, che cosa significa essere un artista?

Oggigiorno significa che essere soltanto un attore non basta. Devi sapere molto di più oltre al recitare. È anche per questo motivo che scrivo, faccio regia teatrale e produco.

Oggi sono veramente tante le persone che tentano si improvvisarsi artisti, e questo è reso possibile anche dall’utilizzo massiccio del Social. Quale è il tuo pensiero al riguardo?

I Social Media – secondo il mio parere personale – aiutano molto a connettersi con gli altri o farsi conoscere da un pubblico più vasto. Purtroppo però vedo più gente che lavora per i loro numeri che hanno sui Social piuttosto che per le loro vere e proprie capacita e livello di studi, conoscenze, esperienze e tutto il resto che va oltre al semplice numero di followers che si hanno o se si è di bella presenza. Soprattutto in Italia, il format diventa sempre meno artistico e sempre più superficiale, di cosiddetto “intrattenimento”.

Simone Neviani in scena. Foto di Natalia Cartney
Simone Neviani in scena. Foto di Natalia Cartney

Credi che il pubblico, in generale, non solo quello dei Social, sia veramente ancora sovrano e che possa decretare lui il successo o meno di un artista?

Alla fine la parola va sempre al pubblico. Ci sarà molta gente alla quale non piacerai, come ce ne sarà altrettanta alla quale piacerai. Poi sta a noi concentrare le nostre risorse ed energie in ciò di cui ci appaga.

A proposito, da spettatore, ti è mai capitato di criticare aspramente uno spettacolo, un film o una serie TV?

Mi è capitato innumerevoli volte. A volte critico a livello tecnico professionale, mentre altre volte non voglio neppure guardarlo perché non rientra nei miei interessi.

Ma tu che ricordi hai del tuo debutto nel mondo della recitazione? Quale è stata la prima cosa che hai pensato quando hai sentito il primo ciak?

A parte qualche video musicale ed alcune piccole parti in TV, che tra l’altro ricordo maggiormente, fu la mia prima esperienza teatrale. Sentivo un bollore nel corpo che partiva dai piedi e proseguiva fino al collo, che poi svaniva dopo qualche attimo. Intenso e breve.

Dalla televisione sei poi passato al Cinema e al Teatro, senza nemmeno farti mancare i videoclip musicali. Quali sono le esperienze in questi settori che ricordi con maggior simpatia e affetto?

La prima e vera esperienza che mi capitò fu con la ABC per un piccolo episodio comico, però poi mi spostai sul Teatro, considerando che la maggior parti dei miei studi sono su base teatrale. Tuttavia le ricordo tutte le mie esperienze, dalla più piccola alla più grande e le ricordo ognuna per ciò che mi hanno lasciato singolarmente, sia che fossero positive o negative. E bene o male entrambe le ricordo con simpatia. Cerco di non trattenere rancori o negatività dentro di me e traggo crescita soprattutto dalle esperienze negative, dove appunto affronto maggiori difficoltà.

Da attore sei poi anche diventato regista, a cosa è stata dovuta questa scelta? Quali sono gli aspetti di tale ruolo che ti hanno maggiormente affascinato?

La proposta mi è stata fatta l’anno scorso. Avevo fatto l’audizione per uno spettacolo teatrale e mi avevano preso per una parte principale. Successivamente lo scrittore non poteva essere fisicamente presente per dirigere lo spettacolo, dal momento che si era dovuto spostare altrove per altri impegni lavorativi, e mi chiese, data la mia creatività e visione, se me la sentissi di fare anche la regia oltre che recitare.

Rimanendo in “argomento regia”, come si può diventare registi della propria vita? E tu quanto sei riuscito ad esserlo?

Io l’ho fatto un paio di volte, sempre in ambito teatrale. Me l’hanno recentemente riproposto per il prossimo anno, sempre per il Teatro. E non ti nascondo che mi piacerebbe personalmente provare anche a dirigere un cortometraggio prossimamente.

Su Laura Gorini

Bresciana doc, classe 1982. Nutre fin da piccina un grande amore per la lettura, la letteratura, i libri e la scrittura.

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