Alieni di M. Kerbaj
Alieni di M. Kerbaj

Mazen Kerbaj in Naples

Nell’ambito del Forum Universale delle Culture è partito a Napoli, presso il Ristorante della Piscina della Mostra d’Oltremare, un vernissage di Mazen Kerbaj, inaugurato il 3 0tt0bre c.a., e che terminerà il giorno 10 dello stesso mese.

Proviene da una famiglia di artisti, cinico e a tratti comico;  pittura e vignette, il musicista (tromba) Mazen nasce a Beirut nel 1975 e vive ancora lì, sotto la Storia che, talvolta, si veste di tritolo, di esplosivo, di sangue. Grazie a Medio Occidente e al Comune di Napoli, espone in questi giorni nella città di Partenope, mostrando, a chi ancora non lo sapesse, a chi ancora tenta di ignorarlo, che il Medio Oriente è un parente stretto dell’ Occidente in cui ci beiamo di vivere.

Assolutamente moderno e disincantato, Kerbaj utilizza ciò che lo circonda per palesare al mondo l’entità delle ferite inflitte al suo popolo, alla sua Terra, all’architettura di questi luoghi; edifici che si trasformano in alieni posizionati tra campi di grano, emettono laser e vengono incendiati, a causa forse della loro stessa natura. Oppure quel “Summer day dream” che ci spiega, senza parole, che su Beirut -talvolta- la pioggia è di colore rosso.

Tra le opere (datate dal 2012 in poi) spicca una raccolta di disegni eseguiti su supporti occasionali (menu di pizzerie, per esempio) ma anche una serie di minuscoli quadri, eseguiti sulle pagine di un agenda a testimoniare come è trascorso quell’anno, con bianchi e neri assoluti, intervellati da giornate di accesi rossi, arancioni e blu (One year): pieni di parole, ricchi di pensieri, scomposizioni della realtà il giorno prima e silhouettes di uomini barbuti il giorno seguente, fino alla pagina in cui si “festeggia” il Natale grazie ad un Santa Claus che lancia un solo regalo eppure lo riceveranno -ahimè- in sessanta. La polemica di Kerbaj non stanca, perchè sa attirare l’occhio del visitatore attraverso un quotidiano, innocente e omologato solo in apparenza, poichè il  compagno che non viene più a giocare potrebbe essere stato  (e spesso è così) vittima di un bombardamento (Ciao Albert, 2007), oppure come accade in “Un infanzia felice” (2002).

In un angolo quasi nascosto, suggeriamo al visitatore, a maggior ragione se di fede cattolica, di soffermarsi dinnanzi a La Pietà disegnata da Mazen Kerbaj: si ride amaro, ma si riflette molto. Un percorso museale ben organizzato, da visionare  -per avere qualche spunto di riflessione in più- insieme  ai propri figli. Ai figli di questo mondo, invece, dedichiamo Freedom and democracy (2008), per sorridere, per pensare, per unire mondi e culture che -solo per nostra volontà- sono lontane.

ph: Angela Garofalo