Jacopo Manfren è un artista e fotografo italiano. Nasce a Milano nel 1980 e, dopo una laurea in Storia dell’Arte, inizia la sua carriera nella fotografia di moda, dimostrando uno spiccato interesse per i grandi stilisti italiani e per il glamour dei film in bianco e nero.
I suoi primi lavori vengono pubblicati con successo da importanti riviste italiane e internazionali tra cui Russian Harper’s Bazaar, Maxim, Vogue, Elle e questo lo spinge a intraprendere un percorso di sperimentazione verso ulteriori forme d’arte, quali la regia cinematografica, il design di moda e la pittura.
Benvenuto Jacopo Manfren, quanto la tua passione per i film ha influenzato il tuo stile fotografico prima e la tua espressione artistica dopo?
Il cinema è da sempre una passione e ha avuto una forte influenza sin da ragazzino, attraverso poi l’università, dove ho approfondito i miei studi sulla storia, lo stile e gli esponenti più importanti, iniziando a mettere le basi per la mia cultura personale. Inconsciamente ha modellato anche la mia produzione fotografica e artistica: tutti mi dicono che i soggetti dei miei quadri sembrano scene immobili di film, a volte vagamente inquietanti, per come guardano attraverso la tela o per le atmosfere un po’ retro che ricordano set di vecchie pellicole. E hanno ragione!
Chi è l’artista oggi?
Viviamo in un mondo in continua evoluzione: i social media controllano gran parte della nostra vita e fanno girare tutto intorno a essi, anche il talento stesso, al giorno d’oggi meno importante di una buona campagna di marketing. Quindi l’artista, se non è un ingenuo, non è solo creatore ma anche promotore di sé stesso. Guardiamoci intorno: chiunque si definisce “artista” e ha qualcosa da “vendere” perché i social media non filtrano la qualità, anzi allargano indistintamente questa possibilità a tutti, il che è positivo e negativo allo stesso tempo. Spetta a ciascuno di noi trovare qualcosa di “più” interessante da dire che esca dalla massa!
Riesci a definire il tuo stile? Ci sono temi o tratti ricorrenti che ti ispirano e fanno emergere la tua anima?
Le mie influenze vengono certamente dal periodo di fine 1800 con la pittura dei Preraffaelliti fino a tutta la prima metà del 1900 europeo: dal Simbolismo, alla Metafisica e al Surrealismo. Credo che anche cinematograficamente ancora oggi sia il mio periodo preferito: la produzione di Hollywood iniziava l’epoca dei film noir, con le sue femmes fatales, personaggi allo sbando, interni poco illuminati e ombre in ogni angolo. Anche l’arredamento, l’architettura e la moda di quel periodo, un misto tra Mid Cenury di Palm Springs e Modernismo di New York, possono essere riconosciuti; mi piace ricercare pezzi autentici di quel periodo e trasportarli nell’opera.
Ci racconti che cosa è per te il colore descrivendo una tua opera a cui sei particolarmente affezionato?
Sono molto affezionato ai colori che ruotano intorno al ruggine, al beige, ai bordeaux, ai toni della pelle e le sue varie gradazioni. Come nella mia fotografia, i miei soggetti sono spesso donne dai capelli rossi, da cui la mia predilezione per quella tonalità di colori rosso e arancione.
Uno dei quadri a cui sono maggiormente affezionato si intitola “A nice round of cards” (Un giro di carte fortunato): la scena descrive una donna dai capelli ramati (forse cieca?), si può intuire che è notte tardi dalle luci soffuse e dalle ombre innaturali che scivolano attorno; le carte sul tavolo, la figura nel quadro alle sue spalle e i tulipani davanti a lei aggiungono dettagli. Il raccontare una storia che si svolge all’interno del quadro è tipico del mio stile: non c’è una risposta ma un’interpretazione che l’osservatore può dare a suo piacimento su quello che sta succedendo.
Perché prediligi la carta alla tela?
Anche se uso tela, il più delle volte utilizzo carta a grande formato perché questo supporto si avvicina al mio amore per il cinema e per un certo tipo di arte più commerciale a cui sono stato abituato da tutta la vita: dalle pagine delle riviste, alle locandine dei film, alle copertine dei libri. A volte vedo i miei quadri proprio come locandine di un vecchio film con i titoli a caratteri stampati e davanti all’ingresso di qualche vecchio cinema.
Secondo te in Italia si fa abbastanza per la valorizzazione dell’arte e delle discipline culturali?
Secondo me no ed è un peccato perché l’intero mondo artistico è nato da noi… ma io sono sempre stato un “lupo solitario” e non ho mai fatto affidamento su aiuti esterni, siamo noi stessi a doverci rimboccare le maniche e fare in modo che il nostro lavoro venga visto e valorizzato.