Castel dell’Ovo ospita la tematica dell’integrazione dei migrantes nella zona di Napoli e della Campania dal 31 ottobre fino al 13 novembre c.a. con una mostra fotografica ad opera di Eduardo Castaldo, il quale espone i suoi scatti disponendoli per tematiche: i Gesti, le Alleanze e i racconti del quotidiano.
Foto della gallery a cura di Angela Garofalo.
Curata e realizzata da Yalla (Servizio Regionale di Mediazione Culturale), gestito da Cidis Onlus in partenariato con Gesco attraverso la Cooperativa sociale Dedalus, la mostra può vantare un alto numero di visite soprattutto tra i turisti che fanno tappa a Napoli in questo periodo; sotto gli occhi di chi fa questo percorso -che è principalmente uno chemin de vie- si dipanano storie ricche e composite che spaziano dai sorrisi dei bambini che imparano la lingua della loro famiglia, essendo ormai italiani di cittadinanza e -per una certa parte- di cultura fino ad arrivare a chi, invece, arrivato da adulto, si impegna ad apprendere l’idioma del paese che lo ospita.
Colorate, le immagini proposte da Eduardo Castaldo parlano di Cina attraverso oggetti di uso comune, che sono presenti nelle nostre case e nelle nostre vite in maniera ormai scontata; raccontano di un’ immigrazione che vince perché apre negozi con regolare licenza rispettando le normative del paese, ristoranti, punti vendita all’ingrosso e al dettaglio. Ma accanto a queste foto al visitatore viene chiesta una riflessione su quelli che non ce l’hanno fatta, che sono ai semafori in inverno e sulle nostre spiagge d’estate; a quelli che hanno rispetto dei nostri vecchi, che imparano a conoscerli ed amarli mentre lavorano la terra con loro oppure mentre se ne prendono cura, amorevolmente, mentre i congiunti vivono la loro frenetica esistenza, impegnati a rincorrere la Vita.
Raccontano dei mille mestieri che fanno e dei momenti di preghiera, e anche quelli colorati, variopinti, variegati anche dal punto di vista confessionale, poiché non c’è e non può esserci un mercato della Fede e i migrantes non possono essere considerati solo numeri per aumentare l’ingresso alla sala, al tempio o alla moschea.
L’immagine più significativa in materia di integrazione, con tutti i diversi significati che vogliamo dare al termine, è -a parere di chi scrive- quella in cui la convivialità viene declinata secondo molte etnìe mentre i convitati si cibano di pizza; l’integrazione passa, talvolta, anche per la tavola.