A tu per tu con Ruben Rigillo, attore di televisione, cinema e teatro, che avrete avuto modo di applaudire nello spettacolo, “Il processo di Kafka”, in scena al Teatro Ciak di Roma.
Un’intervista che spazia sulla sua carriera, sui progetti futuri, sull’amore che nutre per la musica, per la sua famiglia. Ringraziamo Ruben della disponibilità e ci auguriamo di poterlo ritrovare presto.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Ruben Rigillo. Come stai?
Sto davvero bene, grazie!
Dopo lo stop forzato, legato alla pandemia da Covid-19, lo spettacolo ha ripreso la sua corsa. Come hai affrontato il ritorno al tuo amato teatro?
Vivo il tutto con grande gioia e, allo stesso tempo, con timore. Le persone, benché i teatri abbiano nuovamente la giusta capienza, hanno ancora paura e, quindi, le sale risultano ancora, a tratti, semivuote. Collaboriamo, ad ogni modo, alla rinascita, augurandoci che possa andare sempre meglio. Non dobbiamo temere la gioia altrui, dobbiamo soltanto restare uniti, cooperare.
In scena al Teatro Ciak di Roma e, al contempo, alle prese con le prove di un nuovo spettacolo teatrale. Cosa puoi dirci a riguardo?
“Il processo di Kafka”, al Teatro Ciak di Roma, appunto, mi ha portato a calcare nuovamente le tavole del palcoscenico. Uno spettacolo forte, che raccoglie grandi consensi, per la regia di Anna Masullo, di cui sono il protagonista. “E non rimase nessuno”, invece, è lo spettacolo di cui sto affrontando le prove, che si rifà ai dieci piccoli indiani di Agata Christie. Con me, in questo nuovo spettacolo, mio padre, Mariano Rigillo.
Hai preso parte, recentemente, alla fiction di Rai 1, “Mina Settembre”. Avremo modo di vederti anche nella seconda serie?
Mi auguro di poterci essere, ma al momento non ho ancora notizie a riguardo. Ho interpretato un personaggio favolistico, ma al contempo realistico, con un vissuto forte, a tratti inaspettato. Un successo grande, che non si verificava da tempo.
Figlio d’arte, a guidare i tuoi passi nell’ambito dello spettacolo, tuo padre, Mariano Rigillo. Raccontaci dei tuoi inizi, di tutto ciò che è riuscito a trasmetterti?
Mio padre mi portava con sé, durante i suoi spettacoli, sin dai primi giorni di vita. Tutto ciò che ho appreso, è tutto ciò che ho visto da quando ho cominciato a vedere mio padre recitare. Ha sempre preteso il massimo da me, proprio perché ero suo figlio e non un allievo qualsiasi. Prima di appassionarmi al teatro, però, mi appassionai alla regia. Un giorno, durante le prove di “Osteria di campagna”, di Raffaele Viviani, mio padre mi chiese di leggere una parte, un ruolo che non era ancora stato assegnato. Probabilmente, voleva testare il terreno, capire se fossi pronto per salire sul palco. Mi ha sempre trasmesso tanto e, ancora oggi, continua a darmi consigli, ad impartirmi supporto.
Hai avuto modo di prendere parte a “Il Maresciallo Rocca”, anni fa, insieme a Gigi Proietti. Tempo dopo, lo hai ritrovato sul set de “Una pallottola nel cuore”. Cosa porti con te da quelle esperienze?
Con Gigi, prima de “Una pallottola nel cuore”, non ci eravamo mai persi di vista. Venne a vedermi a teatro, prima di ritrovarci su quell’ultimo set, e si complimentò dei passi che avevo compiuto nel mio percorso artistico. Era una persona umile, buona ed era anche molto generoso. Si preoccupava che gli altri stessero bene, affinché diventassero dei grandi, dei bravi attori. Non è un caso che avesse una scuola straordinaria da cui sono usciti dei veri talenti.
Nell’arco della tua carriera hai preso parte a serie importanti, di successo: “Il Maresciallo Rocca”, “Commesse”, “Compagni di scuola”, “Una pallottola nel cuore” e molte altre. Che ricordi hai di quel periodo, di quei set?
Ho dei bellissimi ricordi di ogni set a cui ho avuto modo di prendere parte. Devo tanto a Giorgio Capitani e a sua moglie, Simona Tartaglia, con cui ho avuto modo di girare “Il Maresciallo Rocca”. Prima di allora, avevo ricevuto dei secchi no. Se non avevi esperienze in televisione, era difficile poter essere scelto. Successivamente, Capitani mi diede modo di lavorare anche in “Commesse”, affrontando un ruolo particolare, forte. Al teatro, invece, mi legano tutti i lavori svolti con mio padre, affettivamente parlando. Non ultima, per importanza, proprio “Mina Settembre”, che mi ha dato modo di riscoprire la bellissima Napoli, la mia città.
Chi è Ruben Rigillo quando non è impegnato sul set?
Consiglio sempre a chi vuole intraprendere il mio stesso mestiere, di avere un piano b, un qualcosa su cui poter fare affidamento. Dal mio canto, mi diverto a suonare, ad esibirmi con il mio gruppo jazz. Mi definisco un musicista mancato. Mi è mancato studiare, impegnarmi a fondo, per poter diventare un vero e proprio musicista. Adoro leggere, specie al mattino e dipingere i soldatini di piombo, una passione che mi occupa al tavolo da lavoro. Non ultima, la famiglia, l’impegno più bello della mia vita. Adoro prendermi cura delle mie figlie, portarle a scuola, dare loro supporto in ogni cosa.
Un ruolo o semplicemente una regia che ti piacerebbe poter portare in scena?
Ho chiara l’idea di voler realizzare una mia regia, ma non ho ancora le idee precise su cosa portare in scena.
Come ti vedi tra dieci anni?
Considerando che tra meno di un mese avrò cinquant’anni, a sessanta non ho ancora idea di cosa farò, di cosa sarò. Mi auguro, ad ogni modo, di poter sapere le mie figlie felici, potendo intraprendere delle strade chiare, precise, giuste. Conta, per quanto mi riguarda, continuare ad avere una continuità nel mio lavoro.
Progetti futuri?
A breve, come vi dicevo, tornerò a teatro con questo spettacolo basato sul lavoro di Agata Christie. Mi auguro, poi, che i provini che sto realizzando possano andare in porto.